Non era un’opera qualsiasi, ma la statua imponente del Cristo Redentore, giunta a Nuoro col treno della Compagnia ferroviaria reale dopo lo sbarco dal piroscafo “Tirso”, partito da Napoli e approdato a Cagliari. Doveva essere ancora caricata su sei carri trainati dai buoi che, smontata, l’avrebbero trasportata in cima al monte Ortobene quando Grazia Deledda decise di fare la sua parte e dare una mano alla raccolta dei fondi in atto. Era il luglio del 1901, un mese prima dell’inaugurazione del 29 agosto, e lei, scrittrice avviata verso il successo, adottò l’idea di una lotteria messa a punto dalle donne di Nuoro per raccogliere quella porzione di soldi che mancava nella pur straordinaria generosità del tempo. Prese carta e penna e scrisse una lettera-appello rivolta alle donne di Cagliari, la spedì al direttore dell’Unione Sarda che la pubblicò il 18 luglio.

«La colossale statua, poderosa opera dello scultore Ierace, è già arrivata a Nuoro. Come si sa, l’opera viene a costare non poche migliaia di lire e già quasi tutta la somma è stata raccolta fra la povera ma premurosa popolazione sarda. Ora mancano solo varie centinaia di lire (credo 1800) per completare la somma, e si è pensato, da un Comitato di signore nuoresi, riunitesi a tale scopo, di raccogliere oggetti per una lotteria da tenersi probabilmente sull’Ortobene il giorno dell’inaugurazione», premetteva la scrittrice definendo il monumento al Redentore «augurio di bene e di tempi migliori per il circondario di Nuoro e per la Sardegna tutta». E proseguiva: «Io sono qui a Nuoro per qualche giorno e non faccio parte del Comitato: tuttavia, per mezzo di questo cortese giornale, mi rivolgo alle gentili signore e signorine di Cagliari e di tutta la Sardegna perché vogliano anche esse prendere parte all’opera generosa delle signore nuoresi. Inviare ciascuna un oggettino dimenticato in un angolo della loro casa, un libro, un pezzo di stoffa, un lavoretto, un ventaglio di carta, ecco ciò che io domando alle mie gentili conterranee. Gli oggetti possono essere inviati per mezzo di un pacco postale, o meglio come campioni senza valore (se non oltrepassano i 400 grammi) al mio indirizzo qui a Nuoro».

L'articolo di Grazia Deledda pubblicato da L'Unione Sarda il 18 luglio 1901
L'articolo di Grazia Deledda pubblicato da L'Unione Sarda il 18 luglio 1901
L'articolo di Grazia Deledda pubblicato da L'Unione Sarda il 18 luglio 1901

Ogni donazione, faceva sapere la scrittrice, sarebbe stata premiata con la pubblicazione dei nomi di «signore e signorine» sui giornali sardi. La lettera, datata 16 luglio, si concludeva così: «Sicura della tradizionale bontà di gentilezza delle signore sarde, io ringrazio sin da ora, a nome di tutta Nuoro, certa che tutte le anime gentili prenderanno parte a questa opera di alta bellezza». Poi la firma: Grazia Deledda Madesani.

Qualche settimana dopo l’autrice, premio Nobel nel 1926, mandò nuove istruzioni all’Unione Sarda, pubblicate il 26 luglio 1901, «per avvertire le signore e signorine di Cagliari che volendo offrire gentilmente oggetti per la lotteria potranno consegnarli nel negozio Cau e fratelli (via Manno 1). I signori Cau s’offrono cortesemente d’imballare e spedire tutti gli oggetti che verranno loro consegnati assieme a varii graziosi doni da loro generosamente offerti».

La scrittrice Grazia Deledda  (foto archivio L'Unione Sarda)
La scrittrice Grazia Deledda  (foto archivio L'Unione Sarda)
La scrittrice Grazia Deledda (foto archivio L'Unione Sarda)

I romanzi di successo sarebbero arrivati negli anni successivi, a iniziare da Elias Portolu nel 1903 e da Cenere nel 1904. Il richiamo del monte Ortobene, luogo del cuore della scrittrice che lì aveva passato spesso le sue vacanze, tornerà nelle sue opere fino al libro postumo, Cosima.

La lotteria naturalmente andò a buon fine anche perché il sogno dei nuoresi di portare sulla cresta del loro Monte la gigantesca statua di 20 quintali era sostenuta da tutta la Chiesa sarda, in primis il vescovo di Nuoro Salvatorangelo Demartis e un comitato di 40 persone istituito dopo la scelta, fatta in Vaticano, dell’Ortobene tra le vette d’Italia da consacrare al Cristo Redentore in avvio del nuovo secolo. L’impegno divenne per tutti entusiasmante al punto da volere un’opera d’arte maestosa di cui essere orgogliosi, non una semplice statua. Le offerte arrivarono da tutte le diocesi sarde. I contadini nuoresi misero a disposizione i carri con i buoi per il trasporto finale. Sessanta operai liberarono il tracciato in mezzo al bosco per consentire il passaggio della carovana che si arrampicava con i pezzi in bronzo da ricomporre sulla vetta.

La statua in vetta al monte Ortobene  (foto archivio L'Unione Sarda)
La statua in vetta al monte Ortobene  (foto archivio L'Unione Sarda)
La statua in vetta al monte Ortobene (foto archivio L'Unione Sarda)

Da allora il Redentore, alto sette metri, domina Nuoro e spazia su un orizzonte tanto ampio da comprendere valli e profili montuosi tra il Gennargentu, il Supramonte, il Corrasi, Monte Gonare, il Montalbo. Diventa il simbolo di una città, della sua storia di fede e del desiderio di pace, secondo lo spirito raccomandato da papa Leone XIII che in occasione del Giubileo del 1900 volle l’omaggio al Redentore con venti monumenti in tutta Italia. All’inizio erano 19 le cime prescelte per ospitare sculture, cappelle e croci, stesso numero dei secoli della cristianità. Poi il Papa aggiunse il monte Capreo, vicino alla sua città natale di Carpineto Romano.

All’inaugurazione del 1901, ai piedi del Redentore di Nuoro, c’erano diecimila persone giunte da tutta la Sardegna. Mancava solo l’autore dell’opera che conquistò subito tutti per la straordinaria bellezza. Vincenzo Jerace, scultore calabrese con bottega a Napoli, molto apprezzato, aveva perduto la moglie Luisa. A lei è dedicata una lapide ai piedi della scalinata che conduce al Redentore. L’epigrafe è stata scritta nel 1902 da Grazia Deledda.​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

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