I loro nomi li conosce tutto il mondo, eppure quasi nessuno ricorda chi fossero veramente. Strano destino (e stranamente comune) quello di Jane Roe ed Henry Wade, costretti a essere nemici per sempre, anche se non si sono mai incrociati e ormai nessuno dei due è più su questa terra. Sono i due protagonisti della storica sentenza “Roe contro Wade”, con cui quasi mezzo secolo fa la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dato copertura costituzionale al diritto di aborto; e che poi è stata clamorosamente sconfessata, nel giugno scorso, da un’altra decisione della stessa Corte.

Questo capovolgimento di fronte ha rinfocolato il dibattito sull’aborto negli Usa e riportato alla memoria comune appunto la causa da cui tutto era partito, e che nell’ottobre di 50 anni fa celebrava la sua ultima udienza; mentre il verdetto fu poi pronunciato nel gennaio 1973. Ma anche le ricostruzioni della vicenda giuridica lasciano perlopiù in ombra le due persone che hanno dato i propri nomi a quel caso, benché fossero entrambe delle figure interessanti, con vicissitudini assai particolari anche al di là della causa che li rese per sempre celebri.

Il magistrato

Henry Menasco Wade, per esempio, il procuratore distrettuale che difese lo Stato del Texas contro l’accusa di incostituzionalità delle sue norme sull’aborto, era già in parte assurto alla notorietà come comprimario del caso Kennedy. L’omicidio del presidente degli Stati Uniti a Dallas era avvenuto, tra l’altro, a pochi isolati di distanza dall’ufficio dello stesso Wade. Nato nel 1914 in Texas da una famiglia con undici figli, si era laureato in legge ed era entrato a 25 anni nell’Fbi, ai tempi del potentissimo John Edgar Hoover. Dopo la guerra, durante la quale aveva prestato servizio nella Marina, aveva rapidamente conquistato il ruolo di procuratore a Dallas.

Una conferenza stampa del procuratore Wade nei giorni successivi all'omicidio Kennedy (foto Library of Congress)
Una conferenza stampa del procuratore Wade nei giorni successivi all'omicidio Kennedy (foto Library of Congress)
Una conferenza stampa del procuratore Wade nei giorni successivi all'omicidio Kennedy (foto Library of Congress)

All’indomani dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy, Wade si stava già preparando a sostenere l’accusa contro Lee Harvey Oswald, l’uomo arrestato per aver sparato al presidente, quando Oswald fu ucciso da Jack Ruby. Wade divenne comunque famoso ottenendo nel successivo processo la condanna di Ruby per l’omicidio di Oswald. E quando, successivamente, dovette soccombere a “Jane Roe”, fu la sua prima sconfitta davanti alla Suprema Corte. Ma il clamore che la circondò non compromise la sua carriera, e continuò a essere sempre rieletto come procuratore finché nel 1987 non andò in pensione.

La madre

Invece quella di Jane Roe, la donna che reclamando il diritto di aborto per sé lo ottenne per tutte le donne americane, fu in realtà una celebrità sotto falso nome. Lei infatti si chiamava Norma Leah Nelson McCorvey; Jane Roe è lo pseudonimo che le fu dato per preservarne la privacy (chi non è digiuno di serie tv americane sa che i cadaveri ignoti, nelle indagini poliziesche, vengono chiamati di solito con un nome simile, John Doe o Jane Doe). Nata nel 1947 e cresciuta in Louisiana, profondo sud degli States, e poi in Texas, ebbe problemi con la giustizia ad appena dieci anni, quando scappò da casa dopo aver svuotato la cassa di un distributore di benzina. L’ambiente familiare non la aiutava: suo padre se ne andò quando lei aveva 13 anni e sua madre era alcolizzata. Norma Leah Nelson si sposò ad appena 16 anni con Woody McCorvey, di sette anni più grande di lei. Suo marito era un violento e il matrimonio finì molto presto, lasciandole però una figlia – Melissa – e il cognome di lui, che da allora continuò a identificarla.

Anche Norma ebbe gravi problemi di alcol e droga, ed entrò in conflitto con sua madre che alla fine adottò Melissa, a quanto pare contro la volontà della stessa Norma. Quest’ultima poi rimase nuovamente incinta e diede alla luce un’altra bambina, Jennifer, a sua volta data in adozione. Quando nel 1969 rimase incinta per la terza volta (di un uomo rimasto ignoto), su consiglio di alcuni amici provò a denunciare di essere stata stuprata per ottenere, secondo la legge del Texas, il permesso di abortire. Non ci riuscì, ma finì in contatto con due legali, Sarah Weddington e Linda Coffee, che si battevano per i diritti delle donne e in particolare per affermare il diritto all’aborto. La causa “Roe contro Wade” nacque lì, e cambiò la storia dei diritti civili in America.

La marcia delle donne del 2021 a Washington per la difesa del diritto di abortire (foto da Wikipedia)
La marcia delle donne del 2021 a Washington per la difesa del diritto di abortire (foto da Wikipedia)
La marcia delle donne del 2021 a Washington per la difesa del diritto di abortire (foto da Wikipedia)

La vera identità di Norma McCorvey venne svelata qualche tempo dopo il processo, e negli anni ’80 lei – che nel frattempo si era scoperta omosessuale – divenne un’attivista della lotta delle femministe. Ma proprio a una presentazione del suo libro “I am Roe”, nel 1994, conobbe un pastore evangelico che tempo dopo la convertì alla sua religione. McCorvey lasciò il suo lavoro in una clinica che praticava aborti e si impegnò nella campagna per rendere l’aborto illegale. In seguito si convertì ulteriormente, stavolta alla Chiesa cattolica.

La sorpresa

Norma non ha potuto commentare la recente svolta della Corte Suprema in materia di aborto, essendo morta nel 2017 a 70 anni per problemi di cuore. Ma i colpi di scena non sono finiti con la sua scomparsa. Nel 2020, un documentario ha mostrato un’intervista da lei rilasciata poco prima di morire, in cui definiva “tutta una recita” il suo attivismo anti-abortista: avrebbe assunto quelle posizioni solo perché era stata pagata (non si sa bene da chi). «È stato uno scambio equo», ha detto: «Io ho preso i loro soldi e loro mi hanno messo davanti a una telecamera e mi hanno detto cosa dire». Dopodiché, «se una giovane donna vuole abortire, non sono fatti miei».

A questo punto è forse impossibile ricostruire la verità delle opinioni di Norma-Jane Roe, e comunque non importa più. La discussione attorno all’aborto non può certo dipendere dalle mutevoli idee di colei che, senza volerlo, aprì la strada a una svolta clamorosa per tutta la società americana.

Resta comunque un altro dettaglio che in genere si dimentica, della vicenda “Roe contro Wade”. La storica sentenza che sancì la costituzionalità dell’aborto, in realtà non consentì di abortire alla donna che aveva avviato la causa. Potremmo dire che “Roe contro Wade” ha dato alla luce una bambina, che oggi ha 52 anni. Ma questa è un’altra storia. (1. Continua)

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