Il suo nome, Favorito, racconta il rapporto privilegiato che lo legava al sovrano. Il cavallo esposto nell’Armeria reale di Torino è senz’altro il destriero più amato da Carlo Alberto, entrato nella storia perché il re affrontò la disastrosa battaglia di Novara nella prima guerra d’indipendenza in sella a quell’esemplare con il manto color isabella, un misto di giallo e marrone. Favorito racconta anche una storia nascosta che riporta in Sardegna dove gli era stato donato da un nobile originario di Bitti, Vito Tola Musio, proprietario di terre e di cavalli di sangue inglese con il caratteristico manto isabella, che nella lingua locale viene identificato col “colore mutzu”. Quasi un marchio d’origine per la rarità di quella pelle biondo-dorata.

Nonostante sia passato molto tempo Favorito rivela tante sorprese e affascina i visitatori che si affacciano nella grande sala dell’Armeria reale, bella e imponente, dove 15 cavalli dominano la scena. La galleria Beaumont, affrescata nella prima metà del Settecento, viene aperta al pubblico da Carlo Alberto nel 1837. Sono esposte armi e armature, l’edificio è a fianco al Palazzo reale, residenza dei Savoia fino al 1864 quando la capitale d’Italia viene trasferita a Firenze. Strada facendo, sotto i dipinti di Claudio Francesco Beaumont, trovano posto i cavalli di casa Savoia che sembrano imbalsamati ma non lo sono. Si tratta, in realtà, di riproduzioni in legno modellate con tanta precisione, rivestite dalla pelle vera dei singoli esemplari. Favorito non fa eccezione: viene scolpito dalle mani abili di Giovanni Tamone dopo la sua morte, avvenuta nel 1866. In ben oltre trent’anni di vita questo cavallo passa dai pascoli bradi della Barbagia di Bitti alle scuderie reali di Torino e all’esilio in Portogallo dove Carlo Alberto se lo porta dopo la sconfitta di Novara. Una parabola inimmaginabile.

Carlo Alberto
Carlo Alberto
Carlo Alberto

«Carlo Alberto di Savoia, in occasione di una sua visita in Sardegna, nel 1829, lo ebbe in regalo da un nobile di Bitti, don Vito Tola», annota Bebbo Ardu, dal 1987 al 2005 presidente dell’Istituto d’incremento ippico della Sardegna, nel suo libro “Storie di uomini e storie di cavalli”, edito da Carlo Delfino. «Il suo manto era color isabella. Secondo la leggenda – spiega – questo nome deriva dal colore dei capelli biondo crema della regina Isabella di Spagna». Il nome del manto alimenta più ipotesi come quella che richiama la camicia di Isabella che, abbandonata dal marito di cui era ancora innamorata, decide per protesta di non lavarsi né di cambiarsi d’abito. La camicia bianca prende così il colore ocra.

«Mio bisnonno aveva una grande passione e importava gli stalloni dalla Spagna. Con quel cavallo era andato a rendere onore al re in visita a Tanca Regia. Carlo Alberto se ne innamorò a prima vista e lui glielo regalò», ricorda Sebastiano Tola. «In famiglia si raccontava che il cavallo fece una grande impressione perché mio bisnonno lo fece impennare più volte in segno di saluto al sovrano», aggiunge Josetta Buffoni, altra nipote di Vito Tola Musio.

Quell’animale agile ed elegante, coraggioso e affidabile, conquista Carlo Alberto che dal 1831 lo vuole come suo cavallo personale. Il feeling è imbattibile anche durante i moti del 1848. Dopo la sconfitta di Novara, Carlo Alberto lascia il trono e sceglie il Portogallo per l’esilio. La prima guerra d’indipendenza contro l’Austria rappresenta una nuova svolta anche per Favorito che finisce a Oporto. Dopo l’abdicazione al seguito del sovrano non c’è la moglie, Maria Teresa d’Asburgo Lorena, ma il suo cavallo. Favorito diventa una presenza irrinunciabile, gli dà conforto fino alla morte, avvenuta nel luglio del 1849. A quel punto il cavallo del re defunto torna a Torino, dove trova ospitalità nelle scuderie della reggia di Venaria. Favorito viene accudito per molto tempo: muore nel 1866. L’anno dopo compare nella sala dell’Armeria reale, degna consacrazione del ruolo speciale che Carlo Alberto e la storia gli avevano riservato. Da allora è lì, muto testimone di guerre e percorsi storici, assieme a tanti oggetti. Sulla groppa porta ancora la sella di Carlo Alberto, la stessa usata nella battaglia di Novara.

Il cavallo Favorito esposto nell'Armeria reale di Torino (foto G. O.)
Il cavallo Favorito esposto nell'Armeria reale di Torino (foto G. O.)
Il cavallo Favorito esposto nell'Armeria reale di Torino (foto G. O.)

Gli eredi di Vito Tola Musio diventano custodi della storia del cavallo partito da Bitti e approdato con tutti gli omaggi nella corte sabauda. Col tempo vengono fuori altri riscontri che dimostrano le origini di Favorito. C’è la testimonianza di Arturo Filippi, avvocato bittese a Torino e cugino di Tola Musio. A questa si aggiunge la ricerca di Guido Amoretti, generale dell’Esercito morto nel 2008, appassionato di storia italiana e di archeologia. Lui da torinese resta affascinato anzitutto dalla storia di Pietro Micca, eroe del 1706, protagonista della resistenza contro l’assedio francese. Ha il fiuto del ricercatore e nel 1961 riesce a trovare la rete dei cunicoli, estesa per 14 chilometri sotto la cittadella, teatro dell’assedio e del gesto eroico di Micca. Dopo la scoperta nasce il museo per merito di Amoretti che ha familiarità anche con gli eredi Tola, trapiantati in Piemonte. Scopre la storia di Favorito e va a frugare nelle carte impolverate che portano molto indietro, ai tempi di Carlo Alberto e alla sua visita in Sardegna. Il cavallo protagonista di tante battaglie arriva da lì, dai pascoli di “Traineddu” che dominano il centro abitato di Bitti.​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​

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