Una bomba poetica ai tempi della rivoluzione: è il 1969 - nel pieno delle lotte studentesche deflagrate in tutta Europa dalla scintilla del maggio francese - quando Fabrizio De Andrè, già cantore del pensiero anarchico, dedica un intero anno allo studio dei vangeli apocrifi, i testi non ufficiali che raccontano la vita di Gesù di Nazareth, e alla scrittura di uno dei primi concept album della musica italiana. "La Buona Novella", uno dei dischi più significativi del cantautore genovese, esce nel novembre del 1970 esattamente cinquant'anni fa. E forse, se si dovesse scegliere un solo album che spieghi a chi non ne ha mai ascoltato uno, la poetica di De Andrè, sarebbe proprio questo: la critica al potere costituito, il racconto degli ultimi, una tessitura musicale che guarda sempre avanti.

Come succederà più avanti per "Non al denaro, nè all'amore, né al cielo" o "Creuza de ma".

"Quando scrissi La Buona novella - racconterà durante un concerto - si era in piena lotta studentesca e le persone meno attente considerarono quel disco come anacronistico in quel periodo. Non avevano capito che La Buona Novella voleva essere un'allegoria, un paragone tra le istanze migliori e più sensate della rivolta del '68 e quelle, spiritualmente più elevate ma dal punto di vista etico-sociale molto simili, che un signore - 1969 anni prima - aveva messo in atto contro gli abusi del potere e i soprusi dell'autorità in nome di una fratellanza universali. Quel signore si chiamava Gesù di Nazareth e secondo me è stato il più grande rivoluzionario di tutti i tempi".

Fu il produttore Roberto Danè a proporre a Fabrizio De Andrè un intero disco a tema religioso e in particolare un concept basato sui vangeli apocrifi. "I vangeli apocrifi - scrive Danè nelle note del disco - vengono datati, in genere, tra il I e il IV secolo d.c. Convenzionalmente portano il nome di apostoli o testimoni della vita di Cristo: Pietro, Nicodemo, Filippo, Giacomo, Tommaso, i quali parlano in prima persona o sono citati dal redattore del testo come fonte del racconto. Gli apocrifi sembrano colmare il vuoto dei quattro canonici sull'infanzia di Maria, la storia di Giuseppe, l'infanzia di Gesù e la storia di Erode e Pilato. Ma la differenza più affascinante è l'attenzione che gli autori mettono anche sulla natura comunque umana dei loro protagonisti". Un senso quello del racconto di De Andrè racchiuso nel verso che chiude l'album "Non voglio pensarti figlio di Dio ma figlio dell'uomo, fratello anche mio".

Dal punto di vista musicale, il disco è contraddistinto dagli arrangiamenti di Giampaolo Reverberi, a tratti classicheggianti ma con rimandi alle atmosfere del prog rock, e dal primo incontro con quella che sarà la Pfm: Franco Mussidda, Franz Di Cioccio, Giorgio Piazza e Flavio Premoli, riuniti nella band I Quelli, conobbero proprio durante la registrazione della Buona Novella, Mauro Pagani. Tra i musicisti che hanno collaborato all'album anche Angelo Branduardi.

"Ave alle donne come te Maria, femmine un giorno per un nuovo amore, povero o ricco, umile o Messia, femmine un giorno e poi madri per sempre": è la preghiera poetica, umana e laica della "Buona Novella" che, con "L'Infanzia di Maria" e "Il sogno di Maria", si apre proprio con la vicenda della bambina di Nazareth andata sposa a un anziano Giuseppe. Nella seconda parte, che nel vinile coincide con il cambio di facciata, la narrazione cambia ritmo, anche musicale, e diventa tragica. "Via della Croce", che racconta il cammino verso il Golgota ("Il potere vestito di umana sembianza, ormai ti considera morto abbastanza"), "Le tre madri" dove una dolente Maria dialoga con le madri dei ladroni ("Per me sei figlio, vita morente, ti portò cieco questo mio ventre, come nel grembo e adesso in croce, ti chiama amore questa mia voce") e la canzone forse più nota dell'album, quel "Testamento di Tito" che rovescia i dieci comandamenti e infine sposa quello di Gesù: "Io nel vedere quest'uomo che muore, madre, io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre ho imparato l'amore".

Sono innumerevoli le opere artistiche ispirate alla Buona Novella. Per i 50 anni del disco, con il consenso della Fondazione de Andrè, l'artista milanese Paolo Castaldi ha appena pubblicato un libro a fumetti con i testi originali dell'album. Per "Il testamento di Tito" i dieci comandamenti rovesciati sono abbinati a volti e nomi del presente: uno su tutti Ani Guibahi Laurent, morto assiderato a 14 anni nel vano carrello di un Boeing nell'impossibile fuga a Parigi. Cinquant'anni dopo un messaggio forte e chiaro. Perché la poesia è profetica.
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