Dagli stranieri l’8,8 per cento del Pil italiano: ne mancano 640mila o il Paese si blocca
Secondo i calcoli della Fondazione Leone Moressa, col loro lavoro producono 164,2 miliardi di euro ogni annoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Visti da destra, sono “la rovina dell’Italia perché ci hanno invasi”. Per chi invece li guarda da sinistra, sono invece una “risorsa”, e a dire la verità, sul punto concordano anche i demografi. In realtà sono prima di tutto persone, e questo troppo spesso si dimentica, che vengono in Italia spesso perché nei loro paesi d’origine non c’è da mangiare a sufficienza, o non si trova un modo per mettere insieme qualche soldo oppure sarebbero perseguiti per ragioni politiche. Oppure fuggono dalla guerra, che coinvolge tante persone nel mondo.
Parliamo ovviamente dei migranti, argomento da campagna elettorale permanente e, quindi, da polemica infinita. Tutti ne parlano, malissimo o bene, ma spesso chi lo fa non sa nemmeno quanti siano. E allora, ben venga lo studio della Fondazione Leone Moressa (Flm), che si occupa appunto di studi e ricerche sull’economia dell’immigrazione.
Dunque, quanti sono questi immigrati e quanto incidono sull’economia nazionale? Partiamo da quest’ultimo aspetto: i lavoratori extra Ue (2,37 milioni) sono gli artefici dell’8,8% del Prodotto interno lordo italiano (producono quindi 164,2 miliardi di euro l’anno), ma questa è solo una media. Se ci si sposta nei campi coltivati, dobbiamo ai migranti il 16,4% del Pil, che diventa il 15,1% nel settore dell’edilizia. E da qui al 2028, all’Italia che fa sempre meno figli saranno indispensabili 640mila occupati stranieri. Significa più di uno su cinque, il 21,3%. E chissà quanto producono quelli che sfuggono allo Stato, in quanto non hanno un permesso di soggiorno.
E così, una prima misura l’abbiamo presa. Ora ci sono le valutazioni della Flm, secondo la quale gli stranieri offrono un contributo demografico importante. Erano 5,1 milioni quelli residenti l’anno scorso in Italia, quindi l’8,7% della popolazione italiana. Sono giovani (in media hanno 35,7 anni e compensano un po’ l’alta età media degli italiani, che ne hanno 46,9) e registrano 10,4 nuovi nati ogni mille abitanti. Noi indigeni ne garantiamo 6,3. Nel 2013 si sono naturalizzati italiani 213mila stranieri, che diventano un milione e mezzo se si considerano gli ultimi dieci anni.
Per quanto riguarda il fabbisogno di manodopera, Unioncamere-Excelsior prevedono che, da qui al 2028, le imprese italiane avranno bisogno di tre milioni di nuovi occupati (quindi è esclusa dal calcolo la pubblica amministrazione), e di questi 640mila saranno forniti dall’immigrazione. E non sarà il Paese di Bengodi, considerato che la sostituzione di chi andrà in pensione “mangerà” l’80 per cento di questi posti di lavoro, mentre quelli davvero nuovi saranno il 20 per cento, cioè uno su cinque. Se poi si parla di Toscana o Trentino Alto Adige, i lavoratori immigrati saranno il 31 per cento, cioè quasi uno su tre.
Quando ce la fanno, gli extraeuropei che vivono in Italia fanno gli imprenditori: è immigrato uno su dieci, per un totale di 776mila. E negli ultimi dieci anni i nuovi italiani sono cresciuti del 27,3 per cento, mentre gli italiani sono diminuiti del 6,4%: gli anziani vanno in pensione e non c’è ricambio, soprattutto nei settori edilizia, commercio e ristorazione.
Così, viene da lontano una parte sempre più consistente di abitanti e lavoratori, che nel solo 2023 hanno inviato parte dei soldi guadagnati alle loro famiglie nei Paesi d’origine: in euro, sono 8,2 miliardi. Ma, se si cambia metodo di calcolo con le rimesse “informali”, ciascun immigrato ha inviato in patria 133 euro al mese, che nei Paesi più poveri sono un consistente aiuto. I lavoratori del Bangladesh arrivano addirittura a 558 euro al mese spediti alle famiglie, i pakistani a 393.
E quanto valgono, gli immigrati, per il fisco italiano? I contribuenti non nati qui sono 4,6 milioni, quindi l’11%, e nel 2023 hanno dichiarato redditi per 72,5 miliardi e versato 10,1 miliardi di Irpef. Poi, certo, loro guadagnano oltre ottomila euro l’anno meno di noi, a parità di posto di lavoro. Ma questo non ha impedito loro, nel 2023, di incrementare di 1,2 miliardi di euro il proprio gettito fiscale a vantaggio dell’Italia.
Questo dicono i dati, che non hanno mai ideologia, Poi, volendo curiosare meglio tra le cifre, si scopre che in Sardegna risiedono 1.578.146 persone: 50.211 sono stranieri residenti, pari al 3,2 per cento, e che sono per la gran parte donne (52,7 per cento). Tra queste, molte badanti. Gli immigrati che pagano le tasse (Irpef) in Sardegna sono poco più di 45mila e hanno un reddito medio di 13.750 euro, quindi inferiore di 6.410 euro l’anno rispetto agli italiani.
Nell’Isola, i nati all’estero che hanno aperto una propria impresa sono 11.669 , dunque il 6 per cento. Gli imprenditori di origine straniera sono aumentati del 12,7 per cento, quelli italiani diminuiscono dell’1,6.
Il dato sugli occupati stranieri in Sardegna ci dice che nel 2023 erano ventiseimila, e hanno contribuito al Pil per una quota pari al 3,2 per cento (1,2 miliardi di euro). Si stima che nell’Isola, da qui al 2028, saranno necessari 5.900 lavoratori immigrati, cioè il 7 per cento del totale della forza lavoro.
Fin qui, gli indiscutibili dati. Poi, per il dibattito sugli stranieri al solito inquinato dalla politica, via alle polemiche.