«Pronti per la prossima crisi?». Lo chiede l’Ocse (l’organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo) nel suo ultimo rapporto choc che, all’indomani della pandemia, delinea scenari più o meno apocalittici se non si investirà pesantemente nella sanità. Partendo da quello che dovrebbe aver insegnato il Covid-19.

Dunque – avvisano gli analisti – bisogna puntare sulla «resilienza» del sistema sanitario, per scongiurare il rischio di arrivare impreparati e senza armi efficaci alla prossima crisi, come riporta Quotidiano Sanità.

L’Ocse parte dai decessi: i dati ufficiali parlano di almeno 6,8 milioni di morti, ma l'eccesso di mortalità suggerisce che potrebbero essere morte ben 18 milioni di persone nel mondo a causa della pandemia. E alle croci si accompagnano altri elementi preoccupanti – come la diminuzione dell’aspettativa di vita in molti Paesi e il calo del Prodotto interno lordo – dati che fanno da cornice nera a nuove emergenze che presumibilmente arriveranno a sconvolgere le nostre società: non soltanto un altro virus, ma anche la resistenza antimicrobica; conflitti armati; cambiamento climatico; crisi finanziarie; minacce biologiche, chimiche, informatiche e nucleari; disastri ambientali e disordini sociali.


A tutto questo si sommano fattori di stress cronici, come l'invecchiamento, la denatalità e il cambiamento demografico, che renderanno più pesante l'impatto delle crisi.
Dunque, secondo l’Ocse, «costruire la resilienza dei nostri sistemi sanitari non è mai stato così urgente».

Bisogna cominciare dai sistemi sanitari, che devono rafforzarsi, traendo lezione da quello che è successo con il Covid, e «farlo ora è fondamentale per affrontare le minacce di domani», anche se in diverse zone del pianeta si sta ancora combattendo per uscire completamente dall’incubo cominciato nel 2020: «L'eredità della pandemia potrebbe durare per decenni».

Secondo l’Ocse sono tre le principali vulnerabilità: i sistemi sanitari erano impreparati (la spesa per la prevenzione rappresentava solo il 2,7% della spesa sanitaria totale nei paesi Ocse nel 2019), e più di un terzo (35%) della popolazione di età superiore ai 16 anni aveva malattie croniche di lunga data o problemi di salute prima della pandemia.
Una percentuale che saliva al 43% tra le persone con redditi più bassi: nel primo anno della pandemia il rischio relativo di morte per Covid-19 è raddoppiato per coloro che vivevano nelle aree socialmente più svantaggiate e per le minoranze etniche.

Ancora, i sistemi sanitari erano già a corto di personale. E in seguito, la pandemia ha reso gli operatori sovraccarichi ed esausti, dunque, è cresciuto notevolmente l’esodo anticipato dal lavoro. Inoltre, nel 2020 sono state effettuate 11 milioni di prestazioni in meno rispetto al 2019, provocando un enorme arretrato assistenziale che richiede una disponibilità ancor maggiore di personale. 
I sistemi sanitari hanno sofferto di investimenti insufficienti. È necessario un investimento annuo mirato di almeno l'1,4% del Pil nei paesi Ocse, rispetto a quanto si spendeva nel 2019, con un intervallo tra i paesi compreso tra lo 0,6% e il 2,5%, a seconda di quanto ognuno sta già spendendo per la salute. E l'investimento principale, circa la metà, dovrebbe riguardare il personale sanitario. Una cifra che in valori assoluti per l’Italia vorrebbe dire un’iniezione di liquidità nel sistema sanitario pari a circa 25 miliardi l’anno.
Questi investimenti daranno anche impulso all'economia in generale, perché un sistema sanitario più forte aiuta a ridurre il rigore delle misure di contenimento e mitigazione.
L’Ocse nel suo rapporto propone anche sei raccomandazioni politiche. Promuovere la salute (anche mentale) della popolazione: un forte sistema di cure primarie garantisce una copertura sanitaria universale e aiuta a migliorare la salute prima di una crisi.
Promuovere la permanenza e il reclutamento della forza lavoro. La carenza di personale rappresenta una delle maggiori minacce per i sistemi sanitari. In Austria, Canada, Italia, Lettonia, Portogallo, Spagna, Regno Unito e Stati Uniti, la carenza di personale sanitario è stata un grave problema diffuso in ospedali e case di cura.

Promuovere la raccolta e l'utilizzo dei dati: anche se non si sa quale forma assumerà la prossima crisi, i dati saranno fondamentali per affrontarla. Investire nelle infrastrutture digitali migliorerà anche le prestazioni.

Promuovere la cooperazione internazionale: a una crisi si risponde meglio insieme che da soli, il processo decisionale internazionale è stato messo in discussione all'inizio della pandemia e la velocità della risposta è stata compromessa.
Promuovere la resilienza della catena di approvvigionamento: quasi tutti i paesi Ocse hanno segnalato difficoltà nell'ottenere dispositivi di protezione individuale (92%), materiali di prova (83%) e ventilatori (68%). Avere un numero limitato di fornitori per i prodotti essenziali è una grande vulnerabilità.
Infine, promuovere la governance e la fiducia: senza, le risposte dell'intera società sono meno efficaci. La fiducia nelle istituzioni è fondamentale, la cattiva informazione e la disinformazione possono minare pesantemente le risposte della società.

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