Quando la scrivania in legno di pino di Henry David Thoreau arrivò in Madison Avenue, alla Morgan Library & Museum di Manhattan per una mostra sulla vita dello scrittore, la curatrice Christine Nelson non poté resistere e aprì uno dei cassetti ricevendo una zaffata di odori, un sentore di legno che le fecero tornare alla mente i profumi del bosco e l’immagine dello scrittore, intento a scrivere a quel tavolo il suo “Walden, ovvero la vita nei boschi”. Racconta Nelson, una delle ricercatrici che cercano di identificare gli aromi della storica Morgan Library, racconta: «Quando ho messo la testa sulla scrivania e ho sentito l’odore di questo vecchio pino, sono stata sopraffatta dall’emozione e dal senso di connessione con il passato e con questo personaggio». «L’olfatto - avverte Lorraine Gibson, docente di chimica pura e applicata all’Università di Strathclyde - è il Santo Graal della scienza della conservazione». È un modo profondo ma più sfumato di pensare al passato.

Allora, che odore aveva il passato? E i grandi personaggi storici di che cosa “sapevano”? Erano odori o non piuttosto puzze? Quante volte, leggendo i romanzi della letteratura inglese dell’800 abbiamo creduto di sentire il tanfo della povertà venire dalle misere dimore o abbiamo avvertito il bouquet di essenze che inondava la stanza di Virginia Woolf? Senza dimenticare “Il profumo” di Patrick Süskind, romanzo in cui l’esistenza di Jean-Baptiste Grenouille ruota tutta intorno a una fragranza.  Ma se l’odore è così evocativo, come l’episodio della scrivania di Thoreau insegna, perché non provare a ricreare gli odori di una volta? Per questa ragione tre anni fa è nato il progetto, Odeuropa. Finanziato con 2,8 milioni di euro provenienti dal programma Horizon dell’Unione Europea, il progetto si è sviluppato in un consorzio con diverse sedi accademiche: in Germania, in Italia, in Francia, in Slovenia, all’UCL e all’Anglia Ruskin University (Cambridge) e ne fanno parte storici, esperti di intelligenza artificiale, chimici e profumieri. Tutti insieme, ciascuno per la sua parte, pronti a istruire un computer a “vedere” gli odori, trovando nella letteratura e nei dipinti storici riferimenti a odori come i profumi che combattono le malattie, il tabacco o il fetore dell’industrializzazione, e creando un data base del nostro patrimonio olfattivo degli ultimi 500 anni.

Dalla sua nascita il primo ostacolo è stato abbattere un pregiudizio. «È stata instaurata una gerarchia dei sensi negli studi storici e nella scienza, noi vorremmo che si diffondesse un approccio multisensoriale» ha spiegato al quotidiano inglese Guardian Cecilia Bembibre, docente alla University College London (UCL), dove di recente ha conseguito il dottorato di ricerca con una tesi intitolata Smell of Heritage (“L’odore del patrimonio culturale”). «C’è questa idea secondo cui l’olfatto sia un senso meno nobile e anche meno oggettivo, meno affidabile». Intanto «in Germania sono in corso le analisi di decine di migliaia di immagini collegate a un odore e in Italia si lavora su analisi testuali, da vecchie ricette mediche a manuali di cucina».

Una buona parte del lavoro consiste nell’analizzare digitalmente una sequenza di immagini contenenti informazioni relative agli odori (per esempio una foto di una persona che si tappa il naso), creando un algoritmo in grado di riconoscere immediatamente gesti simili anche in altre immagini. Gli odori più presenti come testimonianze del passato, sono il letame, il cuoio vecchio o una tabacchiera.

Ma per riprodurli è necessario disporre di tutte le informazioni chimiche e questo non sempre è possibile. Il profumo, finora riprodotto con fedeltà, è un potpourri di metà Settecento ma è stato fatto sulla base della descrizione che la scrittrice Virginia Woolf ne faceva nel suo romanzo “Orlando”. E lo stesso è accaduto con l’odore della biblioteca della cattedrale di St. Paul a Londra prima che venisse riarredata nel 2017. In questo caso, il gruppo di studio ha chiesto aiuto a una specialista profumiera che cercò di individuare i componenti di quell’odore semplicemente con le sue doti olfattive, e di un sensore in grado di registrare i composti chimici presenti nell’aria.

Un altro passo avanti lo si trova al museo d’arte di Ulm, in Germania, dove ad aprile è stato inaugurato un tour olfattivo chiamato “Segui il tuo naso”, a cui ha partecipato anche l’International Flavors & Fragrances, una società statunitense che produce fragranze. L’idea è quella di costruire un percorso accostando a otto opere d’arte del museo altrettanti aromi collegati: quello per esempio di materia organica in decomposizione (sulla base di un’opera di Dieter Roth) oppure di “inferno”, con intense note affumicate, associato a un dipinto di Gesù nel limbo, opera cinquecentesca di Martin Schaffner. Uno degli obiettivi di Odeuropa è di costruire un’enciclopedia di “odori storici”.

I sentimenti di sorpresa, gioia, repulsa che un odore del passato può evocare, a ben guardare portano dritto dritto ai versi di Catullo. Non avendo nulla da offrire per la cena all’amico Fabullo, il poeta lo avrebbe compensato con un dono, un’ampolla. Dentro un’essenza che appena annusata avrebbe suggerito all’ospite di pregare gli dei affinché lo “rendessero tutto naso”.

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