Entrare nella testa (e nei testi) di Roger Waters è come addentrarsi in un labirinto pieno di personaggi folli e provare a interpretarli. I più possono afferrarne il senso, forse. Ecco perché a 50 anni dall'uscita di The dark side of the moon – il primo marzo del 1973 - gli articoli commemorativi continuano a fornire interpretazioni differenti sul significato delle 10 tracce dell'album e dei dialoghi che seguono gran parte dei brani. Lo stesso Waters in ogni intervista aggiunge o toglie qualcosa, al contrario di ciò che solitamente hanno fatto David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright.

Certo è che la metafora del lato buio, non solo quello della luna, ha molteplici riferimenti a tutti i temi etici, filosofici e religiosi che hanno stimolato pensatori di ogni epoca: ad esempio la morte o il tempo che trascorre inesorabile mentre l'uomo corre consapevole verso l'autodistruzione di se stesso e dell'umanità e per questa ragione vive un costante conflitto interiore. Ma anche le guerre, il rapporto con il denaro, anch'esso conflittuale e corruttivo, l'alienazione mentale e la follia.

Un tema, quest'ultimo, sul quale la band rifletteva da quando Syd Barret, geniale ma schiavo dell'Lsd, fu allontanato perché era diventato totalmente insano di mente. “Sono stato pazzo per un sacco d'anni, cazzo, anni interi, sono stato oltre il limite per un sacco di tempo, mi sono fatto il culo per le band..." si sente in Speak to me, la prima traccia dell'album, un collage di suoni e voci mixati in un crescendo di rumori di sottofondo e urla che creano quel clima psichedelico che introduce a Breathe, seconda traccia dell'album. “Respira, respira nell'aria...più a lungo vivi più in alto sali. Ma solo se cavalchi la marea. Ed in equilibrio sull'onda più grande. Corri verso una precoce tomba” si legge nel testo, un monito sulla brevità della vita e sull'importanza di respirarla a pieni polmoni, con la consapevolezza che può finire in un'istante. Un tema che ricorre anche nella traccia successiva, “On the run” - “Cogli l'attimo, domani non ci sarai più, così sono io...”

Siccome nell'album c'è un filo conduttore chiarissimo, “Time”, quarta traccia, è la naturale prosecuzione della precedente: “...Ogni giorno diventa più corto, sembra di non riuscire mai a trovare il tempo...” sino al finale in cui Waters mostra un momento di crisi: “Piani che finiscono in nulla o in mezza pagina di appunti scarabocchiati.Tener duro in quieta disperazione è lo stile inglese. Il tempo è andato, la canzone è terminata. Pensavo di avere qualcos'altro da dire”.

Il tema del denaro è affrontato nel dialogo con qualcuno che caratterizza “Money”, il brano più celebre (su Spotify è stato riprodotto oltre 407 milioni di volte). Nella parte del testo che segue gli iconici assoli di sassofono e chitarra si legge: “Soldi, sono un crimine. Dividili equamente ma non prendere una fetta della mia torta. Soldi, così dicono
Sono la radice di ogni male oggi. Ma se chiedi un aumento non sorprenderti che non te ne diano neanche un po'...” Anche alla fine di questo pezzo c'è un dialogo apparentemente slegato da tutto il testo. Un dialogo che precede “Us and them”, il pezzo più lungo dell'album, che evoca l'inutilità della guerra, ma non solo: “Noi, e loro. E dopotutto siamo solo uomini normali. Io e te. Dio solo sa che non è quello che vorremmo fare. "Avanti!" gridò dalle retrovie. E le prime linee morivano”.

La complessità aumenta quando i Pink Floyd affrontano il tema della follia in “Brain damage”: “Il pazzo è nella mia testa. Il pazzo è nell'atrio
I pazzi sono nell'atrio di casa mia. Tu alzi il bisturi, fai la modifica. Rimetti tutto a posto finché non sono guarito” canta Waters tra risate e dialoghi.

Infine “Eclipse”, uno dei brani più enigmatici e per questo interpretati e reinterpretati, il cui dialogo finale contraddice il titolo dell'album: “A dire il vero non c'è un lato oscuro della luna. In realtà è tutta scura”.

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