Giornalista, partigiano, scrittore, pedagogista, per alcuni poeta. Soprattutto maestro elementare e scrittore di favole, filastrocche e racconti indimenticabili per l'infanzia.

CHI ERA Gianni Rodari nasceva, ormai cento anni fa, il 23 ottobre del 1920, in un piccolo comune nel Verbano piemontese. Ma chi era davvero questo signore distinto, dal naso affilato e i modi garbati? Diciottenne divenne maestro elementare, nel 1943 fu arruolato nell'esercito della Repubblica Sociale Italiana ma, sconvolto dalla violenza della guerra e del regime fascista, disertò unendosi ai partigiani. Dopo una breve parentesi universitaria, fu redattore in molti giornali, tra cui L'Unità, divenne fondatore di periodici ed associazioni, curò rubriche, scrisse per la radio e la televisione, le sue poesie divennero canzoni. Per un po', fu persino seminarista e studiò violino. Scrisse moltissime storie per bambini, ma anche celebri saggi di pedagogia per genitori ed educatori, tra tutti, famosissimo, la "Grammatica della fantasia" (1973) diventando precursore di una didattica della felicità, in cui la scuola diventasse un piacere e non un semplice obbligo da assolvere malvolentieri. Difficile, dunque, imprigionarlo in una sola definizione, difficile riconoscere nell'elegante signore, in un impeccabile abito blu, il padre di "Giovannino perdigiorno", e di "Alice cascherina". Eppure in lui convissero, nell'arco di una troppo breve esistenza, conclusasi a 59 anni, nel 1980 a Roma, un'anima giocosa, ironica e visionaria e una forte passione politica e civile che lo portarono a diventare scrittore per l'infanzia e partigiano.

LA STORIA Nato ad Omegna, sulle rive del lago d'Orta, in una casa di gente semplice, di fornai, inizia a comporre poesie, ma lui le definì sempre "filastrocche", all'età di otto anni, recitandole prima ai compagni di scuola e scrivendole, poi, sul giornaletto del paese. Sospeso tra l'acqua del lago, il cielo blu intenso di quella parte di Piemonte, i profumi della bottega paterna all'alba e le corse coi compagni a caccia di rane, Giovanni, ma per tutti è Gianni, affina fin da piccolissimo le armi di una fantasia fervida, capace di colorare a tinte brillanti il mondo degli adulti, passando, spesso, dalla realtà alle molte dimensioni parallele che popolerà di meravigliosi personaggi. Cresciuto da una balia affettuosa e un po' ruvida, come tutte le donne del popolo di un tempo, conosce prestissimo, a nove anni, il sapore amaro del lutto: il padre muore in pochi giorni di polmonite dopo avere passato la notte sotto una pioggia fredda e battente per cercare di salvare un gattino imprigionato su un tetto.

IL SUO MONDO E così anche il dolore entra nel mondo fantastico delle sue favole, rappresentato da un bambino di cristallo, Giacomo, che non può, neppure volendolo, nascondere le proprie emozioni e finisce per essere l'unico ad opporsi alla dittatura . Ma nell'universo di Rodari c'è tutto il mondo: la guerra combattuta a suon di "Scannoni" che riescono a disfarla prima che scoppi, nel "Paese con l'S davanti", i vigili che, per punire un Giovannino irrispettoso che strappa le rose da un giardino pubblico, chiede di ricevere due schiaffi, anziché mettere una multa, nel "Paese senza punta", in cui tutti sono così tanto dolci e cortesi che persino le matite non ne hanno una. E poi c'è il Bel Paese del boom economico che va in vacanza al mare ad agosto, "Sulla spiaggia di Ostia", dove un distinto signore, per evitare la calca del lido, si libra in aria con un magico ombrellone volante, oppure "Sulla giostra di Cesenatico", sulla quale nonno e nipote partono, a bordo di una vecchia jeep rossa, per un giro del mondo tra stelle e pianeti, e ancora a Piombino, dove per un giorno solo, piovvero dal cielo confetti colorati e saporiti. E poi: a Bologna, palazzi di gelato e a Busto Arstizio palazzi di vetro da rompere per sfogare la rabbia e imparare ad essere delicati e a Barletta, dove tre fortunati fratellini trovarono una gustosissima strada di cioccolato. L'Italia, il Mondo, fatto di bambini di mille colori, le cui lacrime hanno pesi differenti, quello dei capricci e quello della fame, e ancora l'Universo di stelle e pianeti lontanissimi, ne "Il pianeta degli alberi di Natale".

E poi, la diversità raccontata attraverso le avventure di bambini strani, che cadono in posti strani, che perdono parti del corpo mentre camminano per strada. E ancora, l'incontro con la letteratura dei Grandi, con un Naso che si stacca dal viso del padrone per fuggire navigando su un fazzoletto, o la storia di Gonario, un bimbo sardo che di lavoro fa lo spaventapasseri, e sperimenta la solitudine dell'infanzia e la solidarietà degli altri bambini.

LA MAGIA DELL'INFANZIA Nelle sue opere questo straordinario autore, nonostante rifiutasse con pudore e decisione la definizione di "poeta", fu capace di trasferire la magia dell'infanzia senza mai cadere nello sguardo stucchevole e fasullo che a volte accompagna le opere per ragazzi. Amatissimo e tradotto in tutto il mondo, in Italia fu edito da Einaudi (prima ancora da Feltrinelli) che gli tributò un posto, nella collana "Gli Struzzi", tra i grandi della letteratura mondiale. Le sue opere, negli anni, hanno meritato diversi riconoscimenti e nel 1970, ricevette il prestigioso premio "Hans Christian Andersen", considerato il Nobel della letteratura per l'infanzia.

Moltissimi edifici, biblioteche, scuole e parchi dedicati all'infanzia portano il suo nome, ma il suo rapporto con le istituzioni non fu sempre facile: nel 1951 venne scomunicato dal Vaticano in occasione del suo saggio di pedagogia, "Il manuale del pioniere". E in tanti gli rimproveravano la sua militanza nel Partito Comunista, considerata come inconciliabile con il suo ruolo di pedagogista.

L'EREDITA' Eppure, la distanza data dal trascorrere degli anni, sembra rendere giustizia alla sua onestà intellettuale e al suo autentico amore per i bambini e il mondo dell'infanzia in generale. Per esserne certi è sufficiente partecipare alle letture pubbliche delle sue favole che spesso fanno da sfondo a tante iniziative culturali che riguardano l'universo dei più piccoli e che continuano ad affascinare anche generazioni di "diversamente giovani". Trattando i bambini finalmente da persone piccole ma non per questo incapaci di comprendere la complessità della vita, Rodari lascia loro un'eredità spirituale importante: «È difficile fare le cose difficili: parlare al sordo, mostrare la rosa al cieco. Bambini, imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi».
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