A 65 anni, da maestro di calcio qual è, ha accettato una sfida nobile: poteva starsene tranquillo, nella sua Treviso, in attesa di una chiamata, invece ha accettato di allenare in Sardegna, in Prima categoria, a Barisardo. Il protagonista di questa bellissima storia è Alberto Cavasin, allenatore di tante squadre di Serie A e B. In estate pareva dovesse prendere la panchina della Nazionale del Congo: gli è bastato un week end in Ogliastra per accettare l’Isola e questa sorta di ritorno alle origini. Lui, che nel 2000, dopo aver salvato il Lecce in Serie A, ha vinto la Panchina d’Oro, per la prossima stagione ambisce a rientrare nel giro dei professionisti.

La scelta. “A Barisardo sto vivendo un’esperienza che meriterebbe di essere raccontata in un libro”, ha detto in un’intervista a L’Unione Sarda. Originario di Treviso, in carriera ha allenato, tra le altre, Ravenna, Cesena, Lecce, Fiorentina, Brescia, Messina, Frosinone e Samp. Vanta 513 match tra i professionisti. «Un mio amico agente mi ha messo in contatto con il presidente Roberto Ibba. Non sono venuto in Ogliastra per rimettermi in gioco», dice, «ma perché sento di poter vivere una seconda giovinezza sportiva”, ha argomentato Cavasin che in Ogliastra si avvale della collaborazione tecnica di Alberto Possamai, trevigiano come lui. «Abbiamo vinto anche a Oliena contro la Corrasi, con la Baunese è arrivato un pari. Tutti i successi sono stati combattuti: gli avversari non stanno a guardare e ci affrontano con l’obiettivo di batterci».

Il calciatore. Delle sue sfide di quando era giocatore ne ricorda alcune contro il Cagliari. In ogni caso, nell’Isola trascorreva le vacanze con la famiglia, ad Arbatax: «Di Cagliari ricordo i duelli, nel vecchio stadio Sant’Elia, da avversario, quando giocavo, con Gigi Piras, che ho incontrato di recente con grande piacere, e con Gianni Roccotelli, attaccante velocissimo e primo interprete in Italia della Rabona. Quando dovevo affrontarlo non dormivo la notte».

Le prospettive. Cavasin ha allenato e salvato in A per due volte il Lecce, partecipato alla rinascita della Fiorentina: si è fermato dopo un’esperienza in Inghilterra e le incertezze causate dal Covid. «Non era il calcio che conosco io, ho ritenuto più opportuno stare fermo». Ci tiene ricordare anche gli albori della sua carriera di allenatore: «Nella Primavera del Padova ho visto crescere campioni come Alex Del Piero e, nelle mie diverse avventure lavorative, ho incrociato calciatori come Gigi Di Biagio, Marco Del Vecchio ed Ernesto Chevanton. Ma non mi guardo alle spalle: mi piace questa nuova dimensione, senz’altro più genuina». I metodi, però, restano per quanto possibile quelli del professionismo, ovviamente fatti i dovuti raffronti dovuti a mezzi e possibilità: «Programmiamo cinque sedute di allenamento a settimana ma, se serve, come è capitato qualche giorno fa, accompagno i giocatori anche dall’osteopata». Barisardo è una parentesi: «Spero di trovare una panchina in una categoria professionistica, sono pronto». Ma in Ogliastra, a prescindere da come andrà a finire, ha già vinto il suo campionato.

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