Berlinguer a Cagliari: oggi icona, ieri quasi intruso
Nella mostra della Passeggiata coperta anche il verbale della sua elezione a vicesegretario regionale del PciPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Sarà il fascino tenace del personaggio, la qualità dell’allestimento o l’interesse dei documenti – a cominciare dagli appunti manoscritti: poche righe e schemini smilzi che preparavano le grandi svolte nella storia del Pci, ad esempio quella che dichiarava esaurita la spinta propulsiva della rivoluzione d’ottobre. Oppure sarà l’esposizione di quel bello scatto del comizio del 1984 al Bastione di Saint Remy, che stranamente il formato gigantografico non rende retorico o celebrativo ma realistico, vivo, e se lo guardi a lungo ti pare che un tempo il mondo fosse davvero in bianco e nero.
I motivi saranno questi o altri, a cominciare dall’affluenza del pubblico, ma con “I luoghi e le parole di Enrico Berlinguer” il leader comunista è tornato a Cagliari come un’icona. E a chi lo incrociò nel proprio cammino di elettore o di cittadino, o comunque prima d’oggi ne aveva sentito parlare o ne aveva letto qualcosa in un libro o magari aveva visto su YouTube una delle sue apparizioni televisive piene di passione composta o i suoi funerali così maestosamente umani, sembra naturale e quasi inevitabile questa accoglienza calorosa per il segretario sassarese del Pci e per la mostra che la fondazione e l’associazione “Enrico Berlinguer” propongono fino al 31 maggio alla passeggiata coperta proprio del Bastione.
Eppure Cagliari e la Sardegna non hanno sempre accolto Berlinguer con il sorriso e a braccia aperte.
Per accuratezza di memoria o anche solo per curiosità politica può valere la pena di rievocare il suo arrivo da Roma nel 1957, quando assunse la vicesegreteria regionale del partito. L’occasione la dà proprio uno dei documenti esposti alla passeggiata coperta: il verbale del comitato regionale del Pci che il 15 dicembre di quell’anno lo elesse braccio destro del nuovo segretario Renzo Laconi. A conclusione di questo articolo, a beneficio di chi è interessato a un politico e a una politica di quasi settant’anni fa, è riportata la trascrizione integrale di quel testo, in modo da renderlo compiutamente leggibile, visto che il verbale è scritto fronte-retro su fogli protocollo (a mano, in un bel corsivo blu vergato con una stilografica) e quindi anche per i visitatori della mostra solo una parte dell’originale risulta leggibile.
Il documento è interessante perché dimostra quanto nel tempo si sia continuato a fraintendere il Pci del centralismo democratico, e quanto l’idea del partito monolitico e insofferente al dibattito interno sia almeno in parte da consegnare al folklore. Ogni appassionato di aneddotica della sinistra sa a memoria le stilettate che Pajetta infliggeva ad Amendola, rinfacciandogli di essere il figlio del ministro delle Colonie, o proprio a Berlinguer, elogiandolo sarcasticamente per essersi “iscritto giovanissimo alla direzione del Pci”. Da questo verbale però si capisce che la lotta politica dentro il partito comunista non si sviluppò solo nel riserbo dei vertici nazionali: ci fu una dialettica vivace anche dentro gli organismi territoriali, e ce ne fu una altrettanto intensa fra la periferia e il centro.
È il caso, appunto, dell’approdo di Berlinguer alle gerarchie regionali del Pci. Nel suo “Enrico Berlinguer” (Feltrinelli, 2014) Chiara Valentini scatta questa istantanea del partito comunista isolano del 1957, diviso fra i sostenitori di Velio Spano e quelli di Renzo Laconi e piuttosto recalcitrante ad accogliere il 35enne dirigente sassarese che, dopo aver guidato la Fgci e la scuola di partito delle Frattocchie, arrivava a Cagliari per farsi le ossa in un ruolo regionale: “Ormai da parecchio tempo fra Spano e Laconi è lotta aperta. Spano è un uomo della generazione di Secchia, un rivoluzionario professionale alla vecchia maniera, popolarissimo fra i minatori di Carbonia e di Guspini come fra i pastori del nuorese e i contadini del Campidano. Laconi è un rinnovatore, un uomo che cerca alleanze diverse per il partito”. È un equilibrio che il voto sposta a favore di Laconi: “Facendosi forte del suo carisma e del suo vecchio prestigio, Velio Spano è riuscito a rimanere in sella anche dopo la bufera dell’VIII congresso. Ma alle elezioni regionali del 1957, il Pci di colpo ha avuto un duro arretramento, cadendo dal 22 per cento al 17 per cento. La colpa probabilmente, più ancora dei metodi di Spano, è del fatto che per le elezioni era calato nell’isola Achille Lauro, a rastrellare i voti per il partito monarchico scissionista con i suoi sistemi più classici: distribuzione di pacchi di pasta, di scarpe, di banconote tagliate a metà, che venivano consegnate per intero solo dopo i risultati elettorali. ‘Le perdite del Pci furono tali da far presumere che una parte dei voti comunisti fossero passati ai monarchici’, ha scritto lo storico Simone Sechi”.
Tutta colpa del voto di scambio laurino e delle deficienze organizzative o propagandistiche del Pci sardo? Forse non va trascurato che prima del 1957 c’era stato il ’56, con l’invasione russa dell’Ungheria: quell’episodio di brutalità sovietica, che Togliatti aveva deglutito senza battere ciglio, aveva disgustato anche molti italiani di sinistra e spinto dirigenti come Antonio Giolitti e intellettuali come Italo Calvino ed Elio Vittorini a prendere le distanze dal partito. È impensabile che quei fatti sanguinosi abbiano allontanato anche molti o almeno alcuni elettori comunisti sardi alle regionali dell’anno dopo? D’altra parte quelle elezioni, oltre ai 21mila voti persi dal Pci, videro un guadagno di oltre 9mila preferenze per il Psi, che si era guardato bene dall’appoggiare l’intervento sovietico. E anzi il segretario Pietro Nenni aveva scritto sull’Avanti!: “Faremo tutta l'opera nostra in aiuto del popolo ungherese perché possa attuare il socialismo nella democrazia, nella libertà, nell'indipendenza”.
Ma è chiaro che Togliatti non può sconfessare la propria linea e attribuirle la flessione elettorale sarda: quella sconfitta alle regionali diventa invece l’occasione per quel rinnovamento dei vertici locali che da tempo la segreteria nazionale programmava. Scrive Giuseppe Fiori nel suo “Vita di Enrico Berlinguer” (Laterza, 1989): “Il responsabile dell’organizzazione, Amendola, ha una sua spiegazione: il Pci sardo soffre evidentemente dell’impronta che gli ha impresso Velio Spano, un operaista chiuso a una politica di alleanze. Ovunque i dirigenti designati da Secchia sono messi a riposo: tanto più – concludono a Botteghe Oscure – il ricambio è necessario nell’isola. Dirigono il Pci sardo da pochi mesi un operaio compagno di carcere di Gramsci a Turi, Giovanni Lay, e un intellettuale, Girolamo Sotgiu. Un congresso li ha nominati a termine con il mandato di esaminare lo stato dell’organizzazione sarda e aprire la strada a mutamenti. Ora è l’esito delle elezioni regionali ad affrettare la fine di questa segreteria di transizione: la quale del resto, per la successione, già aveva consultato i compagni raccogliendone il consenso a una candidatura forte, Renzo Laconi, quarantun anni, insegnante di filosofia; parlamentare fin dalla Costituente, interprete originale di momenti nodali della storia sarda, scrittore elegante, oratore efficace, un dirigente che in questi anni s’è differenziato da Spano radicalmente. A fine estate una delegazione composta da Giovanni Lay, Girolamo Sotgiu, Luigi Pirastu, Umberto Cardia e Renzo Laconi incontra a Botteghe Oscure Togliatti e Amendola per discutere il nuovo assetto del gruppo dirigente”.
Quel confronto fra dirigenti nazionali e regionali Fiori lo ricostruisce in base alla testimonianza di uno dei presenti, Umberto Cardia, e va meno liscio di quel che si potrebbe immaginare. I sardi sanno che Togliatti vuole un cambio al vertice regionale e si aspettano l’annuncio che arriverà Laconi. È stimato, sardo e guida il gruppo comunista alla Camera (non è tecnicamente il presidente del gruppo, visto che quel ruolo all’epoca spettava al leader del partito, ma chiaramente il segretario del Pci ha molte cose a cui pensare e quindi Laconi in quel periodo è il capogruppo comunista di fatto). Togliatti però sorprende i sardi tirando fuori dal cilindro il nome di Berlinguer. Che sardo lo è ma poco più che di nascita, almeno ai loro occhi. Quanto al resto, ha guidato la Fgci fino al marzo del 1956, poi per qualche mese ha diretto la scuola del partito, le Frattocchie, e ora da qualche tempo è in stand by e intanto si è sposato con Letizia Laurenti. L’idea di ritrovarselo come capo non entusiasma i laconiani né i fedelissimi di Spano. Dire di no a Togliatti non è facile, così i sardi riescono a cavarsela con un mezzo sì. Scrive Fiori: “Berlinguer è fuori dal loro orizzonte: gli pare una figura rattrappita, un po’ grigia. La riserva di Togliatti è spiazzata infine da una posizione che il seguito della discussione mostra univoca e convinta. Berlinguer potrà tornare alla vita attiva di partito come vice di Laconi…”.
Anche Chiara Valentini si rifà alle testimonianza di Cardia e la ricostruzione offerta nel suo “Enrico Berlinguer” è molto simile a quella tracciata da Fiori. Si parte dalla delusione elettorale sarda, che echeggia in un Bottegone ancora sotto scacco per i fatti di Ungheria: “Togliatti, preoccupatissimo per le elezioni politiche che dovranno svolgersi l’anno successivo, le prime dopo il terremoto che ha sconvolto l’universo comunista, è semplicemente furibondo. In pieno comitato centrale indica come responsabile di quel che è successo in Sardegna Velio Spano. Subito dopo convoca alle Botteghe Oscure alcuni comunisti sardi in fama di essere rinnovatori. Secondo uno di loro, Umberto Cardia, l’idea del segretario in quel momento non era di sostituire Spano con Laconi, ma di mandare un uomo nuovo, Enrico Berlinguer. ‘Chiesi di parlare e spiegai che i sardi avrebbero accettato solo Renzo Laconi come successore. In un certo senso forzammo la mano a Togliatti’, dice Umberto Cardia. La soluzione scelta è salomonica. Il responsabile della segreteria regionale sarà Laconi. Ma siccome, per il suo lavoro parlamentare, deve passare buona parte della settimana a Roma, sarà nominato assieme a lui un viceresponsabile con pieni poteri, Enrico Berlinguer”.
Il vicesegretario in pectore prende la designazione più con disciplina che con entusiasmo, a sentire i suoi biografi. Per Chiara Valentini “la nuova vita familiare è l’unica cosa che rende gradevoli a Berlinguer i mesi di Cagliari. Anche se si applica con grande scrupolo alla preparazione della conferenza regionale che deve dare un’ossatura nuova al partito, il lavoro non lo interessa più di tanto”, ma si applica con professionalità militante e “quando, ogni venerdì sera, Renzo Laconi torna dal continente, trova che il lavoro sta andando a grandi passi”. E Giuseppe Fiori: “Diligente, ma non trascinato da grande passione per le questioni di cui è costretto a occuparsi, vive la trasferta cagliaritana come una rentrée che capisce di transizione a un incarico di maggior prestigio”.
In effetti la promozione arriverà piuttosto rapidamente e sarà notevolissima: entrerà in segreteria, spiega Fiori, e cioè “il vertice ristretto che comprende Togliatti, Longo, Amendola, Gian Carlo Pajetta, Ingrao e l’emiliano Enrico Bonazzi”. Per rispetto dell’impegno assunto in Sardegna, però, anche da dirigente nazionale continuerà regolarmente a tornare sull’Isola per partecipare alle riunioni del comitato regionale fino alla scadenza del mandato.
Ma tutto questo avverrà poi.
Ora siamo in una fase precedente, quando quei nuovi equilibri del Pci sardo elaborati a Botteghe Oscure a fine estate del ’57, con il compromesso fra Togliatti e i dirigenti locali, devono ancora essere sanciti formalmente. Accadrà di lì a tre mesi, il 15 dicembre, terzo e ultimo giorno della conferenza regionale sarda del Pci. Al Teatro Massimo di Cagliari alle 10,30 prende la parola proprio Togliatti. L’Unità del 16 dicembre darà il massimo rilievo a quel discorso, dando l’apertura della prima pagina al resoconto dell’inviato speciale Maurizio Ferrara, che di lì a pochi anni diventerà direttore del quotidiano comunista. L’Unione Sarda invece seguirà l’evento molto meno approfonditamente, dedicandogli sì un pezzo in prima pagina ma ben più stringato. Per contrappasso il giorno dopo, il 17, sarà il giornale cagliaritano ad analizzare con chiarezza il senso di quella conferenza regionale quanto a conseguenze gerarchiche dentro il Pci, mentre l’Unità quel giorno sarà conto dei nuovi organigrammi sardi con un pezzetto ultrasintetico.
Perciò il 16 dicembre l’Unione spiega ai suoi lettori che al Massimo Togliatti ha pronunciato “un discorso politico” piuttosto polemico con gli imperialisti guidati dagli americani e con la Democrazia Cristiana. Sull’Unità invece troviamo un resoconto molto ampio, che oltre al grande risalto in prima pagina si prende quasi integralmente tre delle nove colonne di pagina 8. La struttura del discorso di Togliatti è quella classica dell’oratoria dei dirigenti comunisti: concentrica, parte dalle questioni internazionali per poi affrontare quelle italiane e planare in conclusione su quelle locali. E proprio questa parte finale del discorso togliattiano contiene una bocciatura solenne del gruppo dirigente sardo uscente. Scrive Ferrara: “Dopo aver sottolineato positivamente il carattere vivace, di discussione e di critica, avuto dalla V Conferenza sarda, Togliatti ha riaffermato la giustezza di quelle critiche e di quelle discussioni che nascono dal desiderio di rafforzare e migliorare il Iavoro ed il partito. Tali sono le critiche che il partito ha mosso in Sardegna alla sua stessa attività esaminando le cause della flessione avutasi nelle ultimo elezioni regionali. Tra queste cause ve ne sono di oggettive e di soggettive, di cattiva condotta dell’azione, di scarsa elaborazione politica delle condizioni della lotta. Oggi, dunque - ha detto Togliatti - compiti difficili e nuovi si pongono davanti al partito in Sardegna. Compito fondamentale del Partito è quello di legarsi a nuove masse, specie quelle giovanili, alle quali occorre parlare il loro linguaggio, il linguaggio di oggi”. Se non fosse chiara la critica all’operaismo vecchia scuola di Spano e dei dirigenti che a lui fanno riferimento, ecco la bordata finale: “La lotta per l’autonomia - ha aggiunto Togliatti - è anche una lotta che il Partito conduce come avanguardia della classe operaia. Questo vuol dire che la classe operaia, per essere realmente alla testa del movimento della autonomia, deve organizzarsi sempre più saldamente e, soprattutto, non deve mai isolarsi dagli altri gruppi sociali che costituiscono la società sarda”.
Nel pomeriggio arriva il momento di tradurre in nomi, cognomi e ruoli la nuova linea indicata dal segretario fra gli applausi del Massimo. Si riunisce il nuovo comitato regionale emerso dalla conferenza organizzativa: ne fanno parte Enrico Berlinguer, Mario Birardi, Umberto Cardia, Pietro Cocco, Armando Congiu, Salvatore Ghirra, Renzo Laconi, Giovanni Lay, Luigi Marras, Pietrino Melis, Ignazio Pirastu detto Nuccio, Luigi Pirastu, Luigi Polano, Girolamo Sotgiu, Alfredo Torrente. Alla riunione, ovviamente, partecipano anche Togliatti e Giorgio Amendola. È quest’ultimo, come responsabile organizzativo del Pci, a proporre al comitato regionale la composizione della nuova squadra: Laconi segretario al posto di Lay, che oltre a cedere la leadership deve anche lasciare il posto nella segreteria per andare a guidare il sindacato. Oltre a Laconi, nell’organismo ristretto dovranno entrare Berlinguer, Sotgiu, Luigi Pirastu e Cardia. A completare la proposta è Laconi, che prende la parola dopo Amendola e designa Berlinguer come vice, anche se usa una perifrasi: “Ricordato che la carica di deputato che ricopre assorbe molta parte della sua attività, chiede che il compagno Berlinguer continui a mantenere la sua funzione di collegamento per dare continuità al lavoro della segreteria”.
Si tratta sostanzialmente della linea concordata nell’incontro a Botteghe Oscure tra vertici nazionali e regionali. Ed è anche, beninteso, la linea che quel comitato regionale alla fine approverà all’unanimità. Ma come risulta dal verbale, quel “sì” pieno alla proposta Amendola arriverà dopo un dibattito non rituale, e anzi con più di una perplessità espressa nettamente, quasi a voler ridiscutere quell’assetto che pure per Togliatti, fautore di una segreteria regionale immediatamente affidata a Berlinguer, nell’incontro estivo aveva già rappresentato un compromesso al ribasso.
A far inarcare il sopracciglio ad alcuni dirigenti sardi sono tre elementi: la vicesegreteria di Berlinguer, appunto, ma anche l’inclusione nella segreteria regionale di Cardia, che già guida la federazione di Cagliari, e l’esclusione di Lay dall’organismo ristretto. I partecipanti alla riunione sono 17, cioè i componenti del comitato regionale più Togliatti e Amendola. Se escludiamo dal computo gli interventi di questi due dirigenti nazionali, il verbale ne registra altri 18. Prendono la parola tutti i 15 sardi tranne Congiu, e in particolare Laconi, Lay, Berlinguer e Luigi Pirastu parlano due volte. Anche derubricando a una manifestazione di garbo e senso dell’opportunità le resistenze di Berlinguer ad accettare l’investitura a vicesegretario (il verbale recita: “Si dichiara contrario alla proposta di Laconi perché non vede la necessità di modificare la struttura della segreteria”), su 18 interventi dei dirigenti sardi se ne contano ben sei in aperto dissenso su uno o più aspetti della proposta Amendola-Laconi. In particolare: Lay non vorrebbe uscire dalla segreteria perché i militanti e l’opinione pubblica lo leggerebbero come un’aperta sconfessione del suo operato, e Melis almeno in parte concorda con lui; Cocco e Torrente non apprezzano l’idea di Berlinguer vicesegretario; Torrente, Birardi, Melis e Marras si dicono più o meno apertamente contrari all’inserimento di Cardia in segreteria. Infine è significativo che nel dibattito Laconi sottolinei che Berlinguer “si è già guadagnato la simpatia dei compagni nonostante ci fossero state resistenze per farlo tornare in Sardegna”. Dato che è il secondo e conclusivo intervento del segretario in pectore, che sta solennizzando la proposta di Berlinguer come numero due del partito in Sardegna, quel riferimento alle “resistenze” sarebbe fuori luogo se l’opposizione a suo tempo non fosse stata nota, aperta ed evidente a tutti i dirigenti.
È interessante però come sia la presenza di Cardia in segreteria a suscitare il maggior numero di passaggi contrari. Eppure Togliatti, quando prende la parola per arrivare a una sintesi della discussione, non spende una parola sul tema (ci penserà Amendola, e anche molto sbrigativamente) e non lo fa neppure per rafforzare l’ipotesi di Berlinguer vicesegretario, che evidentemente considera già blindata. Dedica invece una severa reprimenda a Lay, già criticato da più di uno dei corregionali intervenuti fino a quel momento: formalmente Togliatti nega che far traslocare il segretario regionale uscente dal partito al sindacato sia una punizione. Ma nella sostanza lascia capire che effettivamente lo è. Non solo: pur indicandoli retoricamente come inconsistenti, Togliatti indica anche i motivi di quella rimozione. Il segretario generale del Pci fa presente all’ormai ex segretario regionale che “la segreteria è una organizzazione di lavoro e non un luogo di premio o di castigo. La segreteria viene costituita secondo le esigenze di lavoro. Sarebbe assai strano pensare a una punizione del comp. Lay: per i voti perduti in Sardegna? O per i quadri? Le responsabilità non devono mai essere personalizzate”. È il ruggito del maschio alfa che ristabilisce le gerarchie e zittisce via le voci dissenzienti. Quando Lay riprende la parola, lo fa per accettare la decisione ormai collettiva sul nuovo gruppo dirigente sardo. Ma da un vecchio e disciplinato militante non ci si sarebbe potuto aspettare nulla di diverso, tanto più che già nel suo primo intervento, quello in cui lamentava i modi della sua esclusione, aveva assicurato che avrebbe comunque votato a favore dello schema Amendola e che lui non intendeva “creare difficoltà”.
La riunione in sostanza si chiude così. C’è una concessione di cortesia alla vecchia ala operaista, peraltro sollecitata da molti interventi in comitato regionale: verrà diffuso un comunicato che chiarisca il senso politico e non personale dell’avvicendamento Lay-Laconi. L’iniziativa però non avrà un grande effetto mediatico, visto che il giorno dopo l’Unità dedicherà alla vicenda un pezzetto a pagina 2 che, sotto il titolo “Laconi segretario regionale per la Sardegna”, dà conto giusto della composizione della nuova segreteria. Viceversa quel 17 dicembre 1957 l’Unione Sarda, sempre a pagina 2, sfodera una titolazione molto meno diplomatica: “Lay estromesso dalla segreteria del PCI”. Il sottotitolo è un po’ involuto eppure altrettanto esplicito: “Gli si addebitano deficienze amministrative che avrebbero portato all’insuccesso elettorale del partito. L’on. Laconi nuovo segretario”. Bisogna frugare nella seconda colonna dell’articoletto per apprendere, alla trentaduesima linea, che “inoltre sono stati eletti a far parte della segreteria Enrico Berlinguer (vice segretario), Umberto Cardia, Luigi Pirastu e Girolamo Sotgiu”.
Per il futuro segretario del Pci comincia il lavoro politico sul territorio sardo. Non durerà molto, ma comunque abbastanza per lasciare tracce importanti come la creazione della federazione gallurese del partito. Poi a maggio del 1958, circa cinque mesi dopo quel comitato regionale, ecco le elezioni politiche. Le vince la Dc, che prende molti voti alle destre dei monarchici e del Msi. Il Pci a rimane stabile, ma in Sardegna il recupero è impressionante: il partito passa dai circa 117mila voti delle regionali dell’anno prima a quasi 142mila. Il nuovo gruppo dirigente isolano ha passato il test a pieni voti, di lì a pochi mesi Berlinguer farà nuovamente i bagagli e tornerà a Roma, per collaborare con Luigi Longo nell’ufficio di segreteria del Pci. Da quel momento la sua ascesa non avrà interruzioni: nel ’60 il ritorno a pieno titolo in direzione, nel ’62 quello in segreteria, nel ’66 è segretario regionale del Lazio, nel ’68 è eletto trionfalmente alla Camera, nel ’69 viene preferito a Giorgio Napolitano come vice del segretario Luigi Longo, nel frattempo succeduto a Togliatti, e nel ’72 il segretario è lui. Lo resterà fino al comizio di Padova del 1984, quando un ictus chiude una storia umana e politica che continua a interpellarci e che continuiamo a esplorare.
Riunione del 15.12.1957
Presenti: Togliatti, Amendola, Laconi, Berlinguer, Cardia, Sotgiu, Pirastu L, Pirastu N, Lay, Cocco, Marras, Melis, Birardi, Ghirra, Polano, Torrente, Congiu.
O. d. g.: Nomina della segreteria e del segretario regionale.
Amendola: propone che venga nominata una segreteria composta di 5 compagni e precisamente dei compagni:
Laconi – Berlinguer – Sotgiu – Pirastu L – Cardia –
Propone che il comp. Laconi sia nominato segretario.
Spiega che il comp. Lay non viene proposto a far parte della segreteria perché dovrà essere destinato a dirigere il movimento sindacale in Sardegna.
Laconi: ricordato che la carica di deputato che ricopre assorbe molta parte della sua attività, chiede che il compagno Berlinguer continui a mantenere la sua funzione di collegamento per dare continuità al lavoro della segreteria.
Lay: dichiara che non è d’accordo per il modo come è stata presentata la sua esclusione dalla segreteria e per quello che questa esclusione fa apparire. Il provvedimento appare come una punizione che egli respinge e non accetta. Comunque non intende creare difficoltà e voterà per la segreteria come è stata proposta.
Berlinguer: si dichiara contrario alla proposta di Laconi perché non vede la necessità di modificare la struttura della segreteria.
Pirastu L: si dichiara, invece, d’accordo con Laconi perché è necessario assicurare la continuità del lavoro della segreteria e, pertanto, ritiene opportuno che il compagno Berlinguer sia investito della carica di vicesegretario regionale.
Cocco: è d’accordo che Laconi sia nominato segretario e gli altri quattro compagni proposti dal comp. Amendola membri della segreteria. Non ritiene, però, che sia opportuno nominare Berlinguer vicesegretario.
Marras: esprime il suo parere favorevole per la nomina di Laconi a segretario e di Berlinguer vicesegretario. Non è d’accordo sulla composizione della segreteria perché essa non risponde alle varie esigenze. A far parte di essa, infatti, viene proposto anche il comp. Cardia che è segretario federale. Per non creare squilibri nelle federazioni ritiene che la segreteria debba essere composta dai soli compagni Laconi, Berlinguer, Sotgiu e Pirastu. Il compagno Cardia, trovandosi a Cagliari, potrà essere invitato regolarmente alle riunioni della segreteria.
Sotgiu: accetta la proposta del compagno Amendola ed anche quella di Laconi per quanto riguarda la responsabilità del compagno Berlinguer. Lamenta che Lay ha posto in modo non giusto il suo problema. Questi deve accettare la proposta, considerandola al suo giusto valore. L’incarico al quale dovrà essere destinato è di tale importanza e di tale responsabilità da fargli comprendere che non si tratta certo di una punizione bensì di una manifestazione di immutabile fiducia nelle sue capacità.
Pirastu N: manifesta il suo pieno accordo per la proposta di Amendola. Precisa, quindi, che al comp. Berlinguer deve essere affidato ufficialmente l’incarico di vicesegretario regionale. Questo compagno, infatti, ha dimostrato serietà e grande impegno per cui si ha già guadagnato la stima e la simpatia di tutti. È anche d’accordo per la destinazione del compagno Lay il cui caso dovrà essere spiegato al partito e all’opinione pubblica non certo come una punizione ma come una ulteriore manifestazione di fiducia. L’incarico che gli dovrà essere affidato è, infatti, di estrema importanza.
Polano: d’accordo per una segreteria di 5 e per l’incarico a Berlinguer. Destinando il compagno Lay alla direzione del movimento sindacale, si farà cosa opportuna e utile a tutto il movimento e non si tratta certo di una punizione.
Birardi: si dichiara anch’egli d’accordo, come il comp. Marras, per una segreteria di 4 compagni con Laconi segretario e Berlinguer vice segretario. Ha delle serie perplessità per la inclusione del comp. Cardia. Se si tiene conto, infatti, della molteplicità degli incarichi che ricopre, non si può pensare ad un suo impegno serio nel lavoro di direzione e di elaborazione della politica del partito in Sardegna.
Non concorda sulle considerazioni fatte dal compagno Lay.
Melis: è favorevole alla proposta di nominare una segreteria a cinque nella quale al comp. Berlinguer venga affidato l’incarico di vicesegretario. Esprime qualche perplessità di carattere funzionale per quanto riguarda il compagno Cardia. È anche perplesso per l’esclusione del compagno Lay perché non vi è stata in precedenza alcuna discussione. Propone che su ciò venga pubblicato un preciso comunicato che spieghi in modo giusto la sua esclusione.
Torrente: ricorda che egli si era opposto al trasferimento in Sardegna del compagno Berlinguer e precisa che ora si è convinto che questa misura è stata molto utile. Non ritiene indispensabile investirlo ufficialmente della carica di vice segretario. Non è del tutto convinto della inclusione nella segreteria del compagno Cardia in quanto segretario federale di Cagliari. Non è d’accordo sulla interpretazione che Lay ha voluto dare alla sua esclusione. Il partito, infatti, non punisce mai.
Ghirra: è favorevole alla proposta fatta sia per la segreteria a cinque per la nomina di Laconi a segretario e di Berlinguer vice segretario. Gli sembra, inoltre, giusto che Cardia faccia parte effettiva della segreteria per l’apporto vivo che egli può dare quale rappresentante di una organizzazione importante quale è la Federazione di Cagliari e per le sue stimate capacità politiche. Nel comunicato che sarà emanato dovrà essere considerato che l’incarico al quale verrà destinato il comp. Lay è la conseguenza della situazione esistente nelle organizzazioni di massa e della necessità del loro rafforzamento.
Cardia: è d’accordo sulle proposte riguardanti la composizione della segreteria e gli incarichi ai compagni Laconi e Berlinguer. Per quanto riguarda Lay si deve tenere conto del carattere delicato della questione. Il comp. Lay, infatti, gode di grande stima e affetto. Bisogna perciò rendere comprensiva ai compagni la sua esclusione. Il compagno Lay è destinato ad assumere un incarico di grande rilievo. Accetta la sua personale inclusione nella segreteria che ritiene utile per l’apporto della Federazione di Cagliari.
Pirastu L: accoglie tutte le proposte e, per quanto riguarda Cardia, ritiene indispensabile la sua inclusione e perché rappresenta la più grande organizzazione e per il contributo personale che egli può dare.
Togliatti: ha alcune osservazioni sul problema sollevato da Lay. Precisa che la segreteria è una organizzazione di lavoro e non un luogo di premio o di castigo. La segreteria viene costituita secondo le esigenze di lavoro. Sarebbe assai strano pensare a una punizione del comp. Lay: per i voti perduti in Sardegna? O per i quadri? Le responsabilità non devono mai essere personalizzate. Le responsabilità devono essere collettive. Oggi è necessario fare un serio sforzo per la ripresa organizzativa del movimento sindacale. Non a caso egli ha destinato una parte del suo discorso al Teatro Massimo a questo aspetto. A suo parere il compagno Lay ha la capacità di dirigere questo lavoro e in esso avrà una più grande responsabilità.
Laconi: sulla questione dell’incarico a Berlinguer precisa che questi si è già guadagnato la simpatia dei compagni nonostante ci fossero state resistenze per farlo tornare in Sardegna. In quanto a Cardia lo ritiene un elemento fondamentale nella nuova segreteria. Per quanto riguarda Lay non ha da aggiungere nulla in quanto condivide pienamente il pensiero del compagno Togliatti.
Amendola: ricorda che già nella conferenza di Oristano si fece un passo avanti per la composizione della segreteria, che ora è stata proposta di 5 elementi; il comp. Cardia sta bene. Esprime la fiducia che il partito nutre verso il comp. Lay.
Lay: dichiara di condividere tutte le cose che sono state dette. È d’accordo per il riconoscimento formale dell’incarico del comp. Berlinguer come pure per l’inclusione di Cardia e ciò perché, fra l’altro, la Federazione di Cagliari ha il maggiore peso.
Berlinguer: non intende tirarsi indietro, accetta l’incarico anche se non lo ritiene indispensabile.
Togliatti: pone ai voti la nomina della segreteria così composta:
Laconi
Berlinguer
Cardia
Sotgiu
Pirastu L.
La proposta viene approvata all’unanimità. Pure all’unanimità viene approvata la proposta di nominare il comp. Laconi segretario regionale e Berlinguer vice segretario regionale.
Viene quindi deciso che in proposito sarà pubblicato un comunicato. Nel comunicato riguardante il compagno Lay si spiegherà che egli verrà destinato al rafforzamento delle organizzazioni di massa.