Bellissima e corteggiata da tutti. Poi la miseria, l’emarginazione infine il riscatto. Bellanna Enna è quasi una figura leggendaria delle cronache oristanesi della metà del secolo scorso. Con il suo fascino, visse una esistenza di alti e bassi e decide di far merce del proprio corpo. Una storia carica di suggestioni, rispolverata dal coro Polifonico Etnico Eleonora d’Arborea di Oristano che proprio con un canto dedicato a Bellanna ha trionfato recentemente al concorso corale nazionale “Nuoro Patria dei Cori – A Manu Tenta” nella sezione dei cori misti. Il brano, musicato dal maestro Antonello Manca su testo di Giorgio Stefano Ricci, si ispira a una storia vera, e narra il travagliato percorso umano di Bellanna.

La storia

Da sempre generazioni di oristanesi hanno sentito raccontare le vicende di questa donna. Racconti e aneddoti che negli ultimi tempi sono tornati in voga grazie anche alla pagina Facebook Antica Oristano, in cui tra vecchie foto e viaggi nella storia si cerca di tenere viva la memoria del passato più o meno recente. Il fondatore della pagina Carlo Casula, tecnico informatico con la passione per la storia e la sua città, durante i mesi difficili del lockdown si è buttato a capofitto in un lavoro di studio e ricerca che lo ha portato anche ad approfondire e a conoscere meglio il personaggio di Bellanna. “Era una bellissima donna, chi l’ha conosciuta di persona dice che oltre che essere una donna affascinante, avesse una buona cultura generale” racconta. Fidanzata con un noto avvocato, tanti uomini della Oristano bene si invaghivano di lei. E iniziarono i problemi. “Venne denunciata per concubinato. Al processo per pubblico concubinato, incalzata perché confessasse, disse col mio corpo faccio ciò che voglio”. Il processo si concluse con una condanna a due anni di reclusione. Ed è allora che inizia la parabola discendente di Bellanna. Discriminata e additata pubblicamente, cadde in depressione, finì a vivere da sola in un vecchio fortino sul Ponte sul Tirso nella strada che va a Torregrande. Abbandonata e povera, le tenevano compagnia solo i suoi amati cani, gatti e alcune galline mentre in tantissimi si prendevano gioco di lei, insultandola e maltrattandola. Fu un periodo di estrema difficoltà e totale isolamento dal resto del mondo. Poi la svolta. Un proprietario terriero di Solanas si impietosì e le diede accoglienza in una casa all'ingresso del paese. Grazie poi all’interessamento di un medico, Bellanna venne accolta nel vecchio ospedale San Martino dove il personale si prese cura di lei. Iniziò una lenta ripresa e diede ancora una volta prova della sua bontà d’animo: per sdebitarsi decise di accudire altri pazienti o di sbrigare altre commissioni e varie faccende. “Da bambino, sentivo i racconti che degli anziani e Bellanna ha sempre abitato nelle mie fantasie. La coglievo nelle parole degli adulti, quelle colpevoli, quelle pietose, quelle pruriginose. Per molte donne del Dopoguerra era il rischio che avevano corso, il destino evitato per chissà quale caso fortuito – osserva Carlo casula - Questa Donna andrebbe ricordata per tutte le angherie subite a causa di leggi ingiuste e di una cattiveria sociale diffusa”.

Il coro polifonico etnico Eleonora d'Arborea (foto concessa)
Il coro polifonico etnico Eleonora d'Arborea (foto concessa)
Il coro polifonico etnico Eleonora d'Arborea (foto concessa)

Forse a un personaggio così particolare solo l’arte poteva riuscire a restituire dignità e rispetto. Il coro polifonico etnico Eleonora d’Arborea, presieduto da Rimedia Sanna, con la musica è riuscito a consacrare per sempre una figura di donna, tormentata e suggestiva, e quanto mai attuale.

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