La strada è tracciata da tempo: le auto elettriche sono il futuro indiscusso della mobilità mondiale. Tutte le case automobilistiche ormai ne sono convinte e da anni investono una buona fetta del proprio budget per la ricerca di motorizzazioni elettriche sempre più performanti e facili da ricaricare. 

Eppure in Italia la rivoluzione è partita a rilento. La quota di vetture green acquistate nel nostro Paese si ferma infatti al 4% contro il 15% del resto d’Europa. Lo scetticismo dei nostri connazionali si bassa essenzialmente sulla difficoltà di trovare punti di ricarica vicini alla propria abitazione, i lunghi tempi di ricarica e, soprattutto, il costo ben più alto rispetto alle stesse vetture a motorizzazione termica.

Ecco perché bisogna ammetterlo: in questi primi anni di mobilità elettrica di massa la scelta di una vettura amica dell’ambiente è soprattutto ideologica. La si acquista o lo si è fatto per avviare una rivoluzione che fra pochi anni sarà la normalità per le strade mondo. Sebbene sia oggettivamente una scelta solo per le tasche più capienti. 

Medaglia a due facce

I numeri attendibili stanno pian piano emergendo: quelli della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima)confermano per esempio che «le auto elettriche immatricolate oggi in Europa, nel loro intero ciclo di vita, emettono in media il 69% in meno di CO2 in atmosfera rispetto ad una vettura a gasolio». Sebbene rimanga il nodo «della produzione e lo smaltimento delle loro batterie rappresenta ancora oggi un serio problema ambientale che la comunità internazionale deve risolvere in fretta».

I dati della Sima arrivano direttamente dall’European Environmental Bureau (EEB, rete di oltre 170 organizzazioni ambientali europee) ed evidenziano come «una auto elettrica emetta in atmosfera in media 75 grammi di CO2 equivalente per km nel suo intero ciclo di vita, che va dalla produzione del veicolo in tutte le sue fasi all’utilizzo su strada, fino ad arrivare allo smaltimento finale», spiega Sima. «Una analoga vettura alimentata con motore diesel, invece, emette fino a 250 g di CO2 equivalente per km nell’intero ciclo di vita».

Un altro studio dello IEA (International energy agency) afferma che le auto elettriche permettono di ridurre nell'ordine del 50% le emissioni di gas serra rispetto alle auto con motori a benzina o diesel. Tutte le ricerche condotte sul tema, tuttavia, evidenziano come il punto debole dei veicoli elettrici, in termini di impatti ambientali, sia rappresentato dalla produzione delle batterie, per le quali il consumo di energia, minerali e metalli vale fino al 40%/50% delle emissioni di gas serra emesse nell’intero ciclo di vita di una auto elettrica – afferma Sima - Per estrarre una tonnellata di litio, ad esempio, sono necessari circa 500.000 litri d'acqua e una serie di passaggi che determinano un grande consumo di CO2: si stima che, per ogni chilo di idrossido di litio, vengano emessi dai 5 ai 16 chili di anidride carbonica. C’è poi la fase dello smaltimento: alla fine del loro ciclo di vita, le batterie al litio devono seguire una procedura precisa per evitare danni all’uomo e all’ambiente.

In Italia il traffico veicolare contribuisce alle emissioni inquinanti nella misura del 23% (di cui il 60% circa attribuibile alle autovetture), alle emissioni di ossidi di azoto per circa il 50% e alle emissioni di particolato per circa il 13% - aggiunge la Società Italiana di Medicina Ambientale – E’ importante quindi intervenire sul fronte della mobilità non solo per rendere sempre meno inquinante il parco veicolare, ma anche per tutelare la salute dei cittadini, considerato che l’Italia è il primo paese in Europa per morti attribuibili all’inquinamento atmosferico, con circa 80mila decessi prematuri all’anno.

In officina

Il prezzo per aiutare l’ambiente però si paga, e molto salato, dal meccanico.  Federcarrozzieri, l’associazione delle autocarrozzerie italiane, spiega infatti che i costi di riparazione delle auto elettriche sono in media più elevati tra il +18% e il +30% rispetto alle auto a motore termico. 

«Le auto elettriche, appena entrano in una carrozzeria, devono essere messe in sicurezza, e per fare questo occorre vi sia almeno un addetto abilitato con patentino Pes-Pav», spiega Federcarrozzieri. «Procedura che inevitabilmente comporta spese maggiori per gli operatori e quindi per gli automobilisti. Poi c'è l'elettronica particolare che caratterizza tali vetture e che determina attività più lunghe (e costose) per smontaggio, rimontaggio, sostituzione, programmazione, ricalibrazione, ecc. Basti pesare che per alcune auto elettriche di nuova generazione si registra un 60% di elettronica in più rispetto alle vetture tradizionali».

«La carrozzerie devono quindi evolversi e aggiornarsi continuamente per far fronte al cambiamento del mercato, ricorrendo a personale sempre più specializzato e a strumentazione sempre più complessa, con un incremento non indifferente dei costi a loro carico che determina, di conseguenza, un aumento esponenziale dei costi di riparazione delle autovetture», spiega il presidente di Federcarrozzieri, Davide Galli. «Chiediamo al Governo di intervenire per tutelare la categoria degli autocarrozzieri, anche attraverso interventi mirati tesi a combattere illegalità, abusivismo, e attività improvvisate che, specie sulle auto elettriche, eseguono lavori “low cost” non a regola d’arte che mettono a rischio la sicurezza stradale e l’incolumità degli automobilisti».

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