Aumentano le professioniste, ma vengono pagate 25mila euro in meno dei colleghi
Negli ultimi 14 anni le donne specializzate sono cresciute del 49%, ma il divario di retribuzioni non si accorciaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Stesso mestiere, diversa retribuzione. Le donne lavoratrici in Italia aumentano in numero ma non come trattamento economico e a 25 anni dall’inizio del terzo millennio devono pagare ancora uno scotto “sessista” tanto pesante quanto anacronistico, incassando ogni anno in media 25mila euro in meno dei colleghi.
I numeri
«Nei primi nove mesi del 2024 la componente femminile è cresciuta di quasi 50mila unità, portando il dato complessivo a quota 530mila rispetto alle 480mila registrate alla fine del 2023. Si consolida così un trend di crescita che dal 2009 al 2023 ha visto aumentare le donne di circa 157.500 unità (+49%), mentre gli uomini nello stesso periodo sono saliti di 53.500 unità (+6,5%)».
Questi sono tra i tanti dati che emergono dall’indagine dell’Osservatorio delle libere professioni nello studio “Le donne nella libera professione in Italia” che delinea numeri, tendenze e caratteristiche delle quote rosa nelle professioni. La dinamicità delle quote rosa nelle professioni, tuttavia, non trova ancora riscontro a livello reddituale. Se il reddito medio dei professionisti iscritti alle Casse raggiunge poco più di 44mila euro, per gli uomini è pari a circa 54mila euro, mentre quello delle donne si ferma a circa 29mila euro. Il divario reddituale incide, in particolare, sui commercialisti, dove i maschi raggiungono redditi di quasi 95mila euro, mentre le femmine si fermano poco sopra i 51mila euro; un'evidenza analoga si nota tra gli avvocati (con gli uomini a quota 56mila euro e le donne a 26mila euro) e gli ingegneri dove il divario reddituale si aggira intorno ai 26mila euro.
Dipendenti pubbliche penalizzate
Ma non è tutto, il gender pay gap è ancor più accentuato se si guarda poi ai redditi tra professionisti e lavoratori dipendenti. Il report dell’Osservatorio annota che «mentre un uomo può aspirare a redditi più elevati nella libera professione, per le donne il settore pubblico rappresenta una strada verso compensi mediamente più alti. Infatti, i professionisti iscritti alle Casse percepiscono in media il 30% in più dei dipendenti pubblici mentre le libere professioniste iscritte alla Casse hanno un reddito del 10% inferiore rispetto alle dipendenti del settore pubblico».
Tra le zavorre a una corriera di successo c’è (purtroppo) anche la gravidanza. Attraverso la somministrazione nel 2024 di un questionario web based rivolto agli iscritti alla Gestione Professionisti di Ebipro (Ente Bilaterale Nazionale per gli Studi Professionali), l’indagine ha raccolto circa 1.300 risposte da professionisti datori di lavoro. Dall’analisi dei dati dell’indagine condotta emerge che le libere professioniste percepiscono la maternità come un ostacolo significativo per il proprio sviluppo professionale e, spesso, non usufruiscono di misure di sostegno (74%). Il dato più rilevante è infatti rappresentato dalla mancanza di conoscenza delle misure di sostegno, che riguarda quasi la metà delle intervistate. Un altro aspetto critico che emerge è che quattro donne su cinque giudicano inadeguate le misure attualmente adottate.
La proposta
In un mondo che ha fatto tantissime conquiste sul tema non si può accettare oltre questa discriminazione. «Questi elementi», sottolinea Marco Natali, presidente di Confprofessioni, «suggeriscono la necessità di interventi correttivi nelle politiche di informazione in atto, oltre a politiche più incisive per supportare la parità di genere, sia attraverso il miglioramento delle condizioni economiche, sia attraverso strumenti di conciliazione vita-lavoro». Secondo Raffaele Loprete, delegato della Giunta di Confprofessioni ai “Giovani, pari opportunità e politiche gender gap” «La strada verso l’equilibrio di genere nelle libere professioni è ancora lunga. La nostra Confederazione sta lavorando per individuare un percorso che presenteremo alle istituzioni politiche e che, attraverso adeguate misure di sostegno, possa valorizzare il ruolo della componente femminile e ridurre i divari di genere e reddituali, che ancora pesano sulla realtà professionale in Italia».