Aggressioni, tentativi di suicidio (purtroppo in alcuni casi riusciti), poco personale, accompagnamento di detenuti in Tribunale e negli ospedali con momenti di tensione e violenze: la situazione nei penitenziari sardi non migliora, anzi per i sindacati della Polizia Penitenziaria si tratta di un’emergenza senza fine. Le denunce, le richieste di interventi urgenti, gli appelli all’amministrazione e alla politica non si contano più. E non sembra davvero cambiare niente.

Uno degli ultimi eventi risale alla fine di maggio: una brutale aggressione a due agenti, nel carcere di Uta, finiti in ospedale picchiati da un detenuto. «Siamo davanti ad un macabro e scellerato ping-pong di aggressioni da Cagliari e Sassari», è l’affondo del segretario generale della Uil Pa Polizia Penitenziaria Michele Cireddu. «Vedere una divisa macchiata di sangue, i volti dei poliziotti completamente sfigurati, gonfi e pieni di lividi rappresenta l’emblema dello stato vergognoso in cui gli agenti sono costretti a lavorare». Il segretario generale regionale della Fns Cisl, Giovanni Villa, attacca: «Non basta il fatto che i detenuti mentalmente instabili non devono stare in carcere, considerato che non sono posti adatti in quanto non si possono garantire l’osservazione e le cure continuative da parte di specialisti: c’è da aggiungere che i poliziotti che cercano instancabilmente di garantire la sicurezza dopo aver subito un’aggressione si vedono costretti a più di ore in pronto soccorso. Tutto questo è assurdo», prosegue denunciando il calvario vissuto dagli agenti rimasti parecchie ore in ospedale in attesa di visite e cure. E il Sappe, attraverso il segretario generale Donato Capece, fa sapere: «Nelle carceri italiane, dal 2023 si sono registrati 1.760 casi di violenza e 8.164 atti di minaccia, ingiuria, oltraggio e resistenza. Nei primi cinque mesi del 2024, le aggressioni sono state 708, mentre gli atti di violenza e resistenza hanno raggiunto quota 3.362».

24 06 2022 uta carcere ministra giustizia marta cartabia - foto giuseppe ungari
24 06 2022 uta carcere ministra giustizia marta cartabia - foto giuseppe ungari
L'interno del carcere di Uta

Nel tracciare il quadro difficile in cui sono costretti a lavorare gli agenti della Polizia Penitenziaria, Cireddu (Uil) ricorda: «Ormai si verificano delle aggressioni con una frequenza sempre crescente e i danni fisici sono sempre più gravi. La situazione è insostenibile ed ha raggiunto un punto di non ritorno. Intanto l’unico intervento che è stato messo in atto è un decreto ministeriale con il quale il ministro della Giustizia ha creato dei gruppi di intervento in ogni istituto ed a livello regionale. Ma non sappiamo ancora con quali uomini, considerata la grave carenza organica. Un primo timidissimo segnale ma conoscendo i tempi burocratici dell’amministrazione ci vorranno mesi, nella migliore delle ipotesi, per vedere nascere questi gruppi di intervento». Le richieste sono chiare: «I poliziotti che lavorano nelle sezioni devono essere immediatamente dotati di strumenti, mezzi e protezioni per evitare di continuare a subire aggressioni, danni fisici gravi. Tra Sassari e Cagliari in pochi giorni sono finiti in ospedale decine di operatori e non si intravede nessun intervento concreto per porre fine a questo scempio». Cireddu ricorda anche quanto accaduto fuori dai penitenziari, durante i trasferimenti di detenuti negli ospedali: «Poliziotti aggrediti e anche il personale medico. Serve, lo chiediamo da tantissimo tempo, l’apertura del repartino riservato ai detenuti, per il bene di tutti: degli agenti e degli stessi detenuti».

Villa (Cisl) prosegue: «In questo modo non si può continuare. Il personale viene decimato da detenuti violenti e che sono certificati dall’area sanitaria del carcere come psichiatrici. I detenuti con questa patologia nelle carceri sarde pare risultino essere varie decine e come proposto dalla presidente del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari, è assolutamente necessario ampliare i posti nelle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, quindi costruirne altre nuove». Anche la Regione potrebbe e dovrebbe fare la sua parte: «Ha le sue responsabilità in quanto la sanità penitenziaria e ancor peggio della sanità pubblica, ad oggi infatti non è stato ancora nominato il coordinatore regionale della sanità penitenziaria, figura questa più volte sollecita. Si avviino immediatamente le aperture dei repartini detentivi ospedalieri e, lo ribadiamo più convintamente, si diano tutti i mezzi necessari a contrastare le aggressioni in sicurezza, finanche i taser e le famose bodycam per filmare l’atto dell’aggressione».

Il Sappe, con il segretario Luca Fais, chiede all’amministrazione Penitenziaria fatti concreti: «Attendiamo i dovuti provvedimenti che dovrebbero attuarsi in caso di aggressioni ovvero il trasferimento dei detenuti, che a Uta sono ancora presenti e quotidianamente sono autori di diversi atteggiamenti aggressivi». Capace aggiunge: «Il personale è ormai allo stremo ed ha perso ogni serenità lavorativa. L’amministrazione penitenziaria deve farsi carico del problema e attuare tutte le misure necessarie per consentire al personale dell’istituto cagliaritano di svolgere il proprio turno lavorativo in sicurezza».

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