Il Napoli è campione d’Italia ed è la festa del Sud. In altri tempi si sarebbe potuto parlare di rivalsa epocale, nell’eterno tiramolla con il Nord, patrigno avaro. Ai tempi d’oggi è un po’ troppo: bastano le bandiere azzurre al vento da via Caracciolo a via Toledo a Spaccanapoli fino a notte fonda, sintesi di una fede che unisce milioni di persone in tutto il mondo.

A Fuorigrotta, dove la festa è andata in onda in collegamento diretto da Udine, il terzo scudetto è stato atteso con tutta la scaramanzia possibile. In cinquantamila hanno preso d’assalto le tribune del Maradona, dove sono stati sistemati dei maxischermi, per partecipare a un traguardo inatteso alla vigilia, ma che il popolo azzurro sente come suo. Va detto: il pareggio con la Salernitana domenica e la vittoria della Lazio mercoledì, avevano strozzato in gola l’urlo di un’intera città. Ci ha pensato Lovric, con il gol dell’Udinese, a far vedere le streghe a milioni di cuori partenopei prima che Osimhen rimettesse le cose a posto, segnando l’1-1 e rimettendoci la mascherina nell’esultanza.

Napoli è diventata ancor di più un teatro a cielo aperto: chi ha la fortuna di essere in queste ore nei Quartieri Spagnoli o al Vomero o alla Sanità racconta di un tripudio di bandiere azzurre e di inni alla gioia di vivere. Predominante resta la figura del Dio del Calcio: è sembrato quasi che Maradona abbia spinto assieme al suo popolo la squadra di Spalletti verso un obiettivo inseguito per 33 anni. 

In effetti, l’ultima e la penultima volta c’era anche lui, con quella maglia numero dieci che poi fu ereditata da un grande sardo, Gianfranco Zola. I nomi mitici di Garella e di Giuliani, di De Napoli o di Fusi, di Careca, Giordano e Carnevale forse saranno solo stampati nelle figurine Panini dell’epoca. Ma restano pilastri di una storia che, dall’epoca del presidentissimo Corrado Ferlaino ad oggi, quando la presidenza De Laurentiis sta per raggiungere i vent’anni, hanno reso fantastico un ambiente magico, non solo per il lieto fine. Il Napoli ha meritato lo scudetto: anzi, lo ha stravinto. Da mesi, nelle pasticcerie e nei bar, sono in vendita la torta e lo spritz Osimhen. E le maglie di Kvaratskhelia con lo scudetto cucito al petto già a gennaio sono gli aspetti più discreti di una splendida favola vera: i fuochi d’artificio che hanno vestito a festa il Vesuvio altro non sono che una storia che si ripete. Una storia meridionale finalmente vincente.

© Riproduzione riservata