Un cognome pesante, ma spalle sufficentemente larghe per supportarlo.

Potrebbe essere questo l’idendikit giusto di Federico Chiesa, esterno d’attacco della Fiorentina, figlio del "grande Enrico” che ha incantato la Serie A negli anni Novanta, e primi Duemila, con le maglie di Sampdoria, Parma, Fiorentina, Lazio e Siena.

Un papà dal passato ingombrante, che avrebbe potuto schiacciare chiunque, ma non Federico che fin da piccolo ha imparato quali siano i segreti del successo: lavoro, sudore e umiltà.

Tante le chiacchiere attorno a lui quando muoveva i primi passi nel mondo del pallone “Ah, ma è figlio di...”, “Con un cognome del genere è tutto più facile”, “Chissà come mai ha fatto strada”.

Il numero 25 viola però col tempo li ha zittiti tutti e ora, all’età di 20 anni, si ritrova ad essere uno dei talenti più evidenti del nostro campionato. 70 presenze e 10 gol totali con la maglia della Fiorentina, 10 gettoni e 3 reti con l’Under 21, 2 con la Nazionale maggiore con cui, fra l’altro, ha esordito poco più di un mese fa nell’amichevole contro l’Argentina disputata a Manchester.

Insomma un curriculum di tutto rispetto, per un ragazzo che ha sempre dovuto faticare il doppio per farsi largo, come quando in Giovanissimi e Allievi sedeva in panchina perché “troppo minuto”. Ora però il bambino s’è fatto uomo e ha tutta l’intenzione di non fermarsi.

Federico, la Fiorentina sta vivendo un momento esaltante sul campo: dove volete arrivare?

"Si, fortunatamente stiamo vivendo un ottimo momento e stiamo ottenendo grandi risultati, ma non dobbiamo accontentarci, abbiamo l’obbligo di affrontare queste ultime due gare come fossero finali per continuare a credere in un sogno come la qualificazione all’Europa League".

La tragica scomparsa di Astori, paradossalmente, pare avervi compattato. Avete già detto molto su di lui, ma: qual era la sua caratteristica principale nello spogliatoio?

"Su Davide qualsiasi cosa dicessi sarebbe riduttiva. Lui era un vero capitano, sempre pronto ad incoraggiare e aiutare tutti, sapeva dare l’esempio e guidarci nei momenti difficili come in quelli belli. La sua mancanza si sente tantissimo ma noi dobbiamo dare sempre il massimo anche per lui".

A livello personale si ritiene soddisfatto di quanto fatto finora?

"Io sono contento di quanto fatto fino ad ora ma penso che nella carriera di un calciatore sia necessario lavorare duro ogni giorno per migliorarsi costantemente e dare sempre di più".

Domenica arriva il Cagliari, un squadra in grossa difficoltà: come reputa i rossoblù?

"Sinceramente sono sorpreso che il Cagliari si trovi in questa posizione di classifica, la squadra ha numerosi calciatori di valore e credevo potesse fare un campionato tranquillo, ma a volte il calcio è strano e riserva delle sorprese, in positivo e in negativo".

Pensa si possa salvare oppure Chievo, Spal, Sassuolo e Udinese sono superiori?

"Io credo che il Cagliari si possa ancora salvare, naturalmente facendo tre punti all’ultima giornata con l’Atalanta (ride). In questo caso farebbe un favore anche a noi visto che siamo diretti concorrenti dei bergamaschi per un posto in Europa League".

Ha qualche ricordo legato alla Sardegna?

"La Sardegna è una terra bellissima, i miei ricordi sono legati alle vacanze che ho fatto con la mia famiglia quando ero più piccolo. Ci sono dei posti fantastici ed un mare cristallino, è davvero una tra le regioni più belle d’Italia".

È uno dei giovani migliori del campionato: quali sono i talenti che la impressionano di più in Serie A?

"Grazie per il complimento innanzitutto. Giocando contro il Cagliari domenica non posso non pensare al mio amico Barella. Secondo me lui è un centrocampista fortissimo e penso possa realmente diventare un futuro top player".

Chi era il suo idolo da piccolo? A parte suo padre Enrico...

"Beh, penso che mio padre sia stato un grandissimo esempio. Oltre lui mi sono ispirato a Kakà, non tanto per il ruolo in campo, quanto per lo stile di vita personale: un fenomeno. Poi ovvio fosse anche un grandissimo giocatore...Loro due, come riferimenti, sono più che sufficienti".

In campionato alla fine l’ha spuntata la Juventus: ha vinto la squadra più forte?

"È difficile dirlo, il campionato italiano è molto difficile e spesso viene premiata la costanza di risultati, forse è proprio questo fattore che ha premiato i bianconeri quest’anno, seppure il Napoli abbia espresso un grande gioco".

La Nazionale è in fase di transizione. Lei preferirebbe un’Italia alla Guardiola o alla Mourinho? Per intenderci: spregiudicata o difensivista?

"Guardi, sinceramente io ci sono rimasto malissimo per l’eliminazione dal Mondiale, ancora prima da tifoso che da calciatore. In questo momento mi auguro solo che l’Italia possa tornare il prima possibile ai suoi fasti, ad occupare le posizioni che le competono, poi se lo farà con un gioco più spregiudicato o difensivo non importa".

Filippo Migheli

(Unioneonline)

CHIESA SU ASTORI: "UN VERO CAPITANO. MANCA A TUTTI":

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