Ci sono tante donne che hanno fatto la storia dello sport - al pari, o più - degli uomini. Federica Pellegrini nel nuoto, Valentina Vezzali nella scherma, Francesca Schiavone o Flavia Pennetta nel tennis, Tania Cagnotto nei tuffi.

Esempi di tenacia, ambizione e competitività. C’è però una disciplina dove, per le atlete, imporsi non è semplice come in altre, perché da sempre rappresenta una "roccaforte maschilista". Parliamo del calcio.

In occasione dell'8 marzo, Festa della Donna, Unionesarda.it ha fatto una chiacchierata con Carolina Morace, attuale allenatore dell'Ac Milan femminile, considerata la calciatrice italiana più forte di tutti i tempi assieme a Elisabetta Vignotto.

La 55enne veneziana ora siede sulla panchina del club rossonero in Serie A e combatte per lo scudetto con Fiorentina e Juventus.

In passato ha anche vestito la maglia della Torres, con cui ha vinto un campionato italiano, nonché la classifica capocannonieri con ben 33 reti. Una vera e propria leggenda.

Carolina Morace e Giovanni Trapattoni (Ansa)
Carolina Morace e Giovanni Trapattoni (Ansa)
Carolina Morace e Giovanni Trapattoni (Ansa)

Carolina, è la Festa della Donna. Cosa rappresenta per lei?

"Nel 2019 la vedo come una festa sorpassata. Sono un po' banale se dico che la donna deve essere rispettata ogni giorno, ma la realtà è questa. Non mi entusiasma particolarmente...".

La Serie A femminile va in diretta tv. Un bel traguardo: si può fare di più per migliorare il movimento?

"Se escludiamo la questione strutture, che ormai è risaputa, credo sia importante investire su calciatrici di qualità. Se l'obiettivo è vincere la Champions ci vogliono acquisti importanti, magari qualcuno dall'estero che possa alzare il livello. In passato ho giocato con straniere e devo dire che mi hanno sempre stimolato a far meglio. Possono fare da traino nei confronti delle altre. Anche il nostro movimento è in crescita comunque".

Che ricordo ha dell’esperienza alla Torres?

"Un'esperienza bellissima, anche perché ho vinto scudetto e classifica cannonieri. Ricordo ancora quando il mio acquisto è stato annunciato alla radio. Eravamo un grande gruppo".

Carolina Morace con la maglia della Nazionale (foto Wikipedia)
Carolina Morace con la maglia della Nazionale (foto Wikipedia)
Carolina Morace con la maglia della Nazionale (foto Wikipedia)

Come mai a Sassari è rimasta solo un anno?

"Non è stata una scelta mia, ma della dirigenza che pensava più a interessi personali che al bene del club".

È dispiaciuta del fallimento della società?

"Certo, ma purtroppo la struttura non era solida. Oggi su questo tema squadre come Milan, Roma, Juventus fanno scuola. Intendo dire che non ci si inventa dirigenti, ci vogliono organizzazione e pianificazione. Forse lì mancava qualcosa anche se hanno, e abbiamo, vinto tantissimo".

Ci racconta un aneddoto legato all’esperienza sarda?

"Ne ricordo due in particolare. Il primo è legato alla preparazione delle mie compagne. Quando sono arrivata ho incontrato un gruppo di ragazzine e io ero fra le più esperte. Mi aspettavo di trovarle meno in forma e invece correvano tutte tantissimo".

E il secondo?

"Il secondo è legato più a un qualcosa di extracalcistico: durante una festa di compleanno le sarde hanno provato a farmi ubriacare, pensando che bevessi poco. Ma anche noi veneti non scherziamo e non ci sono riuscite...".

Filippo Migheli

(Unioneonline)

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