La “sinistra che gioca a nascondino”, le “acrobazie dei renziani” e le “sceneggiate dei leghisti”. Nichi Vendola, 62 anni, per dieci presidente della Regione Puglia e per sei presidente di Sinistra Ecologia e Libertà, guarda da una finestra il dibattito politico sul ddl Zan e i diritti delle persone omosessuali. Una battaglia che è iniziata in Parlamento proprio con lui 25 anni fa quando, primo deputato dichiaratamente gay, presentava un disegno di legge (finito nel tritacarte) contro le aggressioni omofobiche.

Il coinvolgimento nei fatti dell’Ilva brucia ancora e ha segnato il suo allontanamento dalla scena politica. Ma proprio la recente condanna a tre anni e mezzo in primo grado lo ha spinto a uscire dall’isolamento in cui si era trincerato ormai da anni, dedicandosi quasi esclusivamente alla sua famiglia, al marito Ed e al figlio Tobia, “un folletto allegro e curioso” che oggi ha cinque anni. Quasi, perché nel frattempo ha raccolto poesie scritte nel corso di decenni di attività politica nel libro “Patrie” (ed. Il Saggiatore): in versi le battaglie di una vita, il dolore delle sconfitte e le speranze per il futuro.

"La passione politica, quella genuina, non va in esilio, scorre sempre bollente nelle tue vene”, racconta a Unionesarda.it.

Cominciamo dal ddl Zan. Nel 1996 lei da deputato di Rifondazione comunista è stato il primo a presentare un disegno di legge contro le aggressioni omofobiche. Si respira un’aria diversa in Italia rispetto a 25 anni fa? E’ ottimista sull’esito della legge attualmente in discussione?

"Tante cose sono cambiate in questo quarto di secolo. In tutte le democrazie del mondo i diritti della comunità Lgbt sono entrati nelle agende politiche, sono divenuti norme di civiltà, hanno penetrato il senso comune e hanno sancito una straordinaria evoluzione dei costumi sociali. Tuttavia non si tratta di un processo indolore, il radicalismo di destra e l'integralismo religioso hanno contrastato in modo virulento la frontiera dei diritti civili, da Trump a Bolsonaro a Orban fino ai sovranisti italiani: l'omofobia, in forma occulta ma spesso anche in forma palese, è stata un pezzo forte del discorso pubblico dei nostalgici del ‘Dio, patria e famiglia’, e dai loro accampamenti sono partite campagne di odio contro ogni forma di diversità. Sul Ddl Zan non sono né ottimista né pessimista, sono semplicemente indignato dalle sceneggiate dei leghisti e dalle acrobazie dei renziani”.

Pensa che la sinistra si stia battendo con credibilità in favore di questo ddl? 
“La sinistra troppo spesso sembra spaventata di essere la sinistra e gioca a nascondino. E a volte appare irriconoscibile, incapace di dare coraggio e suscitare speranza. Questa volta, sul Ddl Zan, è sembrata meno propensa a occultare le proprie ragioni e ad ammainare le proprie bandiere: non si tratta di stoffe colorate o simboli, si tratta di proteggere le vite e i sentimenti di chi è vittima dei crimini d'odio a causa del proprio modo di essere e di presentarsi al mondo, cioè a causa della propria identità di genere o del proprio orientamento sessuale".

Allo stato attuale sembra che senza una mediazione la legge non passerà tout court. Quale aspetto del ddl secondo lei può essere oggetto di un compromesso? 
"Il testo presentato al Senato non è un punto di partenza ma il traguardo di un lunghissimo ed estenuante lavoro di mediazione. La Lega ha fatto sistematico ostruzionismo al progetto Zan e oggi cerca solo pretesti per sabotarlo. Non si può firmare il Manifesto dei valori di tutti i fascisti e sovranisti d'Europa, con la legittimazione della caccia al gay che va in scena in Ungheria e in Polonia, e poi presentarsi al Parlamento italiano come mediatori, così davvero la politica è un circo di belve e di clown”.

Lei ha scelto di avere un figlio tramite gestazione per altri. Rifarà quest’esperienza?
"Ovviamente il Ddl Zan non c'entra nulla con la gestazione per altri. Oggi ho un figlio di 5 anni, un folletto allegro e curioso, e sono felice della scelta che ho condiviso con l'uomo che ho sposato. Nella prossima vita mi dedicherò a costruire una famiglia con almeno 10 figli, penso sempre al titolo di quel bel libro di Elsa Morante ‘Il mondo salvato dai ragazzini’”.

In Italia più che in altri Stati è difficile affrontare una discussione in merito. Lei crede che in futuro sarà mai possibile superare il tabù e regolamentare la gpa?
“Quando io ero bambino ricordo le voci dei grandi che sussurravano, mentre con la mano indicavano un altro bambino, che quello era un figlio adottivo. Personalmente penso che per evitare i rischi della mercificazione della vita occorra regolamentare, indicare limiti e paletti. Ma accogliere la vita lo considero un fatto positivo e bello. Ed essere genitori non è una questione di sperma e ovuli ma di amore e di responsabilità”.

Parliamo di lei, perché ha deciso di sfilarsi dalla politica? Sta valutando di tornare di nuovo in campo?
"Sono stato coinvolto in una vicenda giudiziaria assai pesante e questa ingiustizia mi ha spezzato il cuore, anche perché conosco bene la correttezza con cui ho operato nel decennio in cui ho governato la Puglia. La reazione che ho avuto per anni è stata quella di chiudermi nel mio privato, di andare in esilio. Solo che la passione politica, quella genuina, non va in esilio, scorre sempre bollente nelle tue vene”.

Ha qualcosa da rimproverarsi sul suo operato?
“In tutta sincerità non riesco a rimproverarmi nulla che abbia attinenza col codice penale. Ho sicuramente fatto errori politici ma i reati non riesco neppure a immaginarli: io sono uno che ha dedicato diversi lustri della propria vita alla lotta contro le mafie e per questo lo Stato mi ha anche tutelato per circa 25 anni. Sono sempre stato fiero di essere accanto ad Antonino Caponnetto, a Rita Borsellino o a don Luigi Ciotti. E in più di 40 anni di vita pubblica ho sempre testimoniato una passione concreta per la legalità e la giustizia".

Pensa che la giustizia andrebbe riformata? E in che direzione?
"La giustizia andrebbe radicalmente riformata, ripulita dalle sue zone d'ombra e dai suoi arbitri, e restituita alla sua missione di servizio nei confronti dei cittadini”.

Con “Patrie” è tornato alla poesia. Una raccolta, l’ha definita lei stesso, piena di “dolore politico e di politico amore per una pluralità di patrie”. Qual è il filo rosso che lega i suoi ricordi ai sogni delle giovani generazioni? 

"’Patrie’ è un libro che racconta le tante vite che ho vissuto, lo fa con la poesia, con un poetare che nasce da diverse fonti della lirica novecentesca, ma con versi che pur riferendosi ad una certa tradizione di ‘poesia civile’ non concedono nulla alla propaganda o agli slogan della cronaca. Il mio libro è a modo suo un manifesto contro tutti i ‘suprematismi’ - cioè contro la supremazia di una nazione sulle altre, di un popolo, di una etnia, di una religione, contro la supremazia degli uomini sulle donne, degli adulti sui bambini, dei normodotati sui diversamente abili, dei cosiddetti normali sui cosiddetti diversi. È un libro contro la ‘banalità del male’ dei nazionalismi, dei fascismi, del razzismo in tutte le sue forme. Io spero in un patriottismo del genere umano, in un patriottismo del creato. e spero che le giovani generazioni, quelle condannate a pagare le conseguenze sociali, ambientali e persino sanitarie di un modello di società profondamente ingiusto, imparino a trasformare la propria energia e le proprie inquietudini in una consapevole ribellione contro la dittatura del presente".

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