Era il 1996 quando in Parlamento veniva presentato un primo disegno di legge contro le aggressioni omofobe. Un primo esperimento, andato a vuoto, di introdurre in Italia maggiori tutele per migliaia di persone vittime ogni anno di minacce e discriminazioni. Erano gli anni Novanta, si rideva a crepapelle al cinema per Christian De Sica che in Vacanze di Natale dichiarava orgogliosamente tra mille faccette e strane movenze di essere “frocio per la rumba”, si guardavano con sospetto le persone transessuali nelle università, negli uffici, se riuscivano ad essere assunte.

Venticinque anni dopo in Italia si discute sul disegno di legge Zan, che riguarda le “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.

Fuori dai Palazzi del potere le cose non sono cambiate molto: sono 20mila all’anno, e cinquanta ogni giorno, le richieste di aiuto inviate a GayHelpLine, il contact center nazionale antiomofobia e antitransfobia per persone gay, lesbiche, bisex e trans gestito dal Gay Center. A subire ritorsioni, in famiglia o al lavoro, per aver dichiarato di essere omosessuali o di sentire di appartenere a un genere diverso da quello anagrafico, a ricevere insulti e minacce per strada o sul web, a essere pestati per le strade, sono prevalentemente giovani dai 13 ai 27 anni (il 60%). Quei ragazzi che attendono con fiducia e speranza che lo Stato sia con più forza dalla loro parte.

IN EUROPA – Dal 1996 si contano 14 tentativi di introdurre anche nel nostro Paese una legge contro l’omotransfobia che lo allineerebbe a gran parte degli Stati europei. Svezia, Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Belgio, Croazia, Malta, Irlanda, Ungheria e Finlandia, non solo da anni puniscono le discriminazioni sull’orientamento sessuale, ma parlano chiaramente anche di “identità di genere”. Una definizione che ha diviso il mondo politico e cattolico italiano e che tutela in modo più specifico le persone transessuali: fa riferimento alla “identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un periodo di transizione”. Una definizione contenuta nella convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne ratificata dal Parlamento italiano nel 2013. Non proprio una novità dunque per il nostro ordinamento.

IL TESTO - L’espressione “identità di genere” è chiaramente inserita nel primo dei dieci articoli del ddl Zan, che sostanzialmente estende la legge Mancino aggiungendo alle già previste discriminazioni per razza, etnia e religione anche quelle per sesso, genere, orientamento sessuale, appunto identità di genere e disabilità.

All’articolo 7 si istituisce inoltre la “Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia", da celebrare il 17 maggio con iniziative nelle scuole. Nell’articolo 4 la cosiddetta clausola “salva-idee”: richiamandosi ai dettami della Costituzione si precisa che "sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti".

L’ITER - Il testo, approvato alla Camera nel novembre 2020, si trova attualmente in Commissione Giustizia al Senato. Martedì prossimo sarà in Aula, e i partiti si preparano alla discussione generale accapigliandosi come è stato in questi mesi di stallo: il Pd è arroccato nella posizione originale, difendendo il testo frutto già di mille mediazioni passato a Montecitorio. Il centrodestra si oppone a vari livelli: la più estrema è Fratelli d’Italia (per Giorgia Meloni è una “legge liberticida e discriminante”) mentre si dice disposta a mediare la Lega che non transige però sull’eliminazione dell’identità di genere. Forza Italia va in ordine sparso, con Silvio Berlusconi che teme per la libertà di opinione e diversi senatori che invece si dichiarano favorevoli (come Barbara Masini e Gabriella Giammanco). Italia Viva, nel mezzo, dopo aver contribuito a far passare la legge alla Camera ora prova a scomporla con il testo Scalfarotto nel nome del compromesso politico con la Lega: “Tanto così com’è non passa”, è l’idea.

Su tutto questo si staglia minacciosa l’arma dello scrutinio segreto, previsto in Parlamento per i “casi di coscienza” e che potrebbe far aumentare a dismisura i franchi tiratori.

Angelica D’Errico

L’INTERVISTA A ZAN

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