Non sono stati i batacchi delle campane di San Carlino, la chiesa sulle Quattro Fontane di Roma che costeggia il ministero che fu della Guerra, a svegliare la domenica di Palazzo Baracchini, quartier generale della Difesa italiana. Quando il comando supremo della comunicazione stellata diffonde via chat il domenicale «schiaffo del Ministro della Difesa alla Sardegna», pubblicato ieri dall’Unione Sarda, la reazione militare anticipa persino l’Angelus Domini di Papa Francesco. Il comunicato è anonimo, ma il mittente è senza veli: Ministero della Difesa.

Preferivano il silenzio

Nei Palazzi di Roma non hanno gradito. La pubblicazione sul nostro giornale della lettera-decreto, perentoria e ordinatoria, a firma del numero uno delle Forze Armate, destinata a restare chiusa nei cassetti della Regione e delle prefetture isolane, ha rovinato la domenica romana del “tempo ordinario” dei vertici militari. Quella “comunicazione” a firma Guido Crosetto, ministro pro tempore della Difesa, era stata formulata in modo tale da non uscire dai protocolli riservati dei destinatari. La scelta era stata congegnata in ogni dettaglio: niente decreto per evitare troppa pubblicità ed espliciti richiami alle leggi dello Stato italiano in tema di impugnazione di atti amministrativi.

Lo schiaffo della Difesa

In realtà quella missiva vergata dai sigilli di Stato era un vero e proprio schiaffo alla Regione sarda e al Comitato Misto paritetico che aveva bocciato il programma delle esercitazioni in terra sarda programmate per il secondo semestre del 2023. Non una bocciatura ideologica o generica, ma, semmai, una presa d’atto di uno scenario ambientale, penale e costituzionale profondamente modificato. Considerazioni che il Ministro, in quella comunicazione del primo agosto, non solo ignora, ma che, con l’imperio del “potere costituito”, ribalta con la perenne scusa degli “interessi superiori dello Stato”. Poco importa se quel supremo interesse calpesta ambiente, salute umana, norme costituzionali e persino processi penali ormai avviati. Una sorta di “potere assoluto” declinato senza alcuna remora, roba da “padre padrone” in terra sarda.

Prima dell’Angelus

La reazione domenicale del Ministro della Difesa è di per sé la conferma del nervo scoperto. E come potrebbe essere diversamente visto che ben cinque Capi di Stato Maggiore della Difesa e dell’Esercito sono a processo non per un divieto di sosta, ma per disastro ambientale proprio nel poligono di Teulada. Non reclute, ma i numeri uno della Difesa italiana: i generali Giuseppe Valotto, Danilo Errico, Domenico Rossi, Sandro Santroni e Claudio Graziano, già capo del comitato militare dell’Unione Europea, e ora Presidente nientemeno di Fincantieri, industria bellica per eccellenza. Il comunicato del Ministero non solo conferma quanto pubblicato dal nostro giornale, ma ribadisce l’obiettivo di trasformare la Sardegna in una vera e propria base logistica per i giochi di guerra. Non ne fanno mistero già dal titolo della nota “stellata” che, con tanto di asterisco, inviano alle mail della nostra redazione prima dell’affaccio di Papa Francesco in Piazza San Pietro: «*Difesa: Sardegna, ruolo centrale per lo sviluppo del paese. Territorio chiave per gli investimenti del comparto Difesa*».

Paternali & prebende

La prolusione in salsa militare si dispiega tra omissioni, paternali di Stato e persino soldi da elargire alle popolazioni in cambio del “sacrificio”. Il manuale della comunicazione imposto ai graduati è un cliché che in Sardegna è nota da tempo. Scrive il ministero: «L’attuale quadro strategico non consente di ragionare in termini di riduzioni delle attività addestrative delle Forze Armate. La Difesa assicura e assicurerà, invece, ogni possibile contributo per lo sviluppo sostenibile della Regione Sardegna attraverso ulteriori investimenti volti a incrementare la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico, l’innovazione, anche in chiave duale, nonché programmi di sviluppo industriale e civile, quindi non solo militari, a testimonianza della centralità che la Sardegna ha nello sviluppo del Paese». Figuriamoci se non ci infilavano un po' di ricerca scientifica, un po' di sviluppo civile e persino la centralità dell’Isola. Per adesso, e da tempo, l’unica certezza è la centralità dell’Isola nei più nefasti e devastanti giochi di guerra, con terra e mare cosparsi di bombe e missili, molti dispersi, come testimoniano le ordinanze delle Capitanerie che precludono ampi tratti di specchio acqueo per il ritrovamento di bombe inesplose in mezzo al mare e sulla costa.

Comitato ignorato

Come nessun altro saprebbe fare, i vertici della comunicazione del Ministero, edulcorano i fatti. Davanti alla bocciatura netta del Comitato misto paritetico del programma delle esercitazioni arrivano a scrivere che l’organismo regionale «non ha condiviso». Nonostante la decisione del Comitato sardo per le servitù militari, di cui Crosetto & generali se ne fregano, il comunicato del ministero fa ardito sfoggio del più evanescente politichese: «la Difesa ha recepito la sensibilità espressa dal Co.Mi.Pa. rinnovando la massima disponibilità del comparto ad accogliere ogni convocazione dei discendenti tavoli tecnici tematici che gli organi Regionali vorranno promuovere, proseguendo in tale sinergico e proficuo percorso di sviluppo interministeriale ed interdisciplinare che permetta di preservare le capacità addestrative nazionali».

Tavoli low cost

Una disponibilità di Stato che non solo dichiara di recepire la “sensibilità”, ma si trasforma in un allegorico richiamo al “metodo Ikea”: un tavolo non si nega a nessuno. Se si dovessero contabilizzare i tavoli “aperti” in questi anni per “bonifiche” mai fatte, per disciplinari d’uso del poligono sempre coperti da segreto di Stato, o per aleatorie e propagandistiche cessioni di spiagge e ombrelloni, si potrebbe tranquillamente fare concorrenza alla fabbrica svedese dei mobili low-cost. C’è di peggio, però, nel comunicato di Stato. Aggiungono Crosetto e graduati: «E questo nel pieno rispetto delle norme e massimizzando le positive ricadute sullo splendido territorio della Regione Autonoma Sardegna». Suvvia, ci vuole proprio un bel coraggio a parlare di rispetto delle norme e persino di ricadute positive. È scritto negli atti del processo su Teulada che quel poligono è un oggettivo reato perenne, per un elementare richiamo alle norme vigenti: sia Teulada che Quirra e Capo Frasca ricadono integralmente in oasi naturali protette da leggi statali, europee e dal 2022 anche da una norma costituzionale che mette il valore ambientale davanti a tutto, compresi i giochi di guerra.

Smemorati a processo

Con il “verbo” domenicale della Difesa, i vertici militari, arrivano persino a decantare lo «splendido territorio della Sardegna» dimenticandosi, o tentando di farlo, che il processo del prossimo 25 gennaio al Tribunale di Cagliari si celebra con un capo d’imputazione esplicito e senza attenuanti: disastro ambientale provocato dall’esplosione di ben 860mila colpi, con 11.875 missili, pari a 556 tonnellate di materiale bellico. Altro che «territorio splendido», semmai un’oasi naturalistica impunemente devastata a colpi di bombe e missili che hanno demolito la costa, distrutto nuraghi, sparso di qua e di là letale torio radioattivo. Il comunicato del ministero è senza pudore: «la Difesa collabora quotidianamente con la Regione Sardegna al fine di individuare concrete soluzioni per la condotta di attività militari in un quadro di sviluppo armonico con la società civile, rispettosa dell'ambiente, della salute e della vita quotidiana di popolazioni a noi particolarmente care». Talmente “care” che i giudici hanno respinto le istanze di archiviazione per le possibili ricadute devastanti di quelle esercitazioni sulla salute umana.

Concessioni di Stato

La nota di Stato non poteva che concludersi con la “mirabolante concessione” della «sospensione delle esercitazioni dal primo al trenta settembre di ogni anno, nonché nel periodo delle festività pasquali e natalizie». Insomma, a Natale niente bombe. Come se stessero concedendo “roba loro”, i vertici della Difesa aggiungono ulteriori “gentili” concessioni: «l'apertura estiva a tutta la cittadinanza delle spiagge, situate in prossimità del poligono di Teulada e San Lorenzo, la cessione al Comune di Teulada della spiaggia del porto Tramatzu con le relative pertinenze». Peccato che in quella lettera-decreto non ci sia scritto niente su ambiente e bonifiche. E tra istituzioni, sino a prova contraria, non si dialoga con postume, inutili e tardive note stampe.

Trasparenza occasionale

La trasparenza del Ministero della Difesa sarebbe stata decisamente più credibile se il primo agosto scorso, con una semplice comunicazione su quell’ennesima imposizione di Stato, avesse annunciato: il Ministro Crosetto, ignorando le decisioni del Comitato sardo per le servitù militari, ha deciso di continuare a bombardare la Sardegna. Ed ora su quella decisione si scatena una vera e propria guerra istituzionale. Dopo la pubblicazione sul nostro giornale della missiva ministeriale è la componente sarda del Co.Mi.Pa a lanciare un attacco durissimo al Ministro. Le parole sono esplicite: «Si esprime una vibrata protesta per la decisione del Ministro della Difesa di ignorare le istanze sollevate nell’ambito del parere contrario espresso dall’organismo regionale».

Impugnate l’autorizzazione

Per quanto riguarda «l’assolvimento delle missioni assegnate sia nel contesto nazionale che in quello internazionale, la componente regionale ritiene che tale peso non possa oggi gravare quasi esclusivamente sulla Sardegna e sui Sardi». E ancora: «Esercitazioni a fuoco sono in contrasto con le direttive comunitarie sul rispetto dell’Ambiente in zona SIC (Sito di Interesse Comunitario)». Durissima anche la replica sulle “regalie” ministeriali: «I ristori e gli indennizzi che vengono erogati rappresentano il minimo dovuto ai territori ove ricadono i Poligoni sardi, per i quali non è dimostrabile che in mancanza della presenza militare, non avrebbero avuto altri e migliori sbocchi economici, come hanno dimostrato i recenti studi dell’Università di Cagliari». Infine, la dichiarazione di guerra: «La componente regionale del Co.Mi.Pa. auspica che la Presidenza della Regione impugni il provvedimento del Ministro della Difesa, innanzi al Tar». Insomma, la richiesta è forte e chiara: reagire e non soccombere al diktat di Stato.

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