«Quando avvengono tragedie come quella di Acerra, in cui una bimba di 9 mesi è morta dopo l'aggressione del pitbull di famiglia, ci si chiede sempre come sia potuto accadere. Quasi che si tratti solo di fatalità. Così, purtroppo, quasi sempre non è. I fattori che entrano in gioco sono parecchi e quasi sempre alla base degli incidenti di sono problematiche di gestione dovute a mancanza di consapevolezza. Un deficit di conoscenza che riguarda sia le caratteristiche del cane che si è scelto di adottare o acquistare, sia il modo corretto di gestirlo».

Andrea Sarria, presidente dell’Ordine del medici veterinari alla guida da tempo del Nord Sardegna,  interviene sul caso della piccola Giulia, uccisa dal pitbull di famiglia, mentre dormiva accanto al padre, come raccontato dal genitore che si era addormentato senza rendersi conto del pericolo. Solo dopo il suo risveglio l’uomo si è accorto dell’aggressione brutale. Inutile la corsa all’ospedale, la bimba era già morta.

«Oggi, martedì 18 febbraio, ci sarà l’autopsia sul corpo della bimba», spiega Sarria, «a cui parteciperà un equipe multidisciplinare di cui faranno parte dei colleghi veterinari forensi del posto a riconoscimento della professionalità e competenza della medicina veterinaria».

La Federazione nazionale degli ordini dei veterinari italiani (Fnovi) ha lanciato un appello per definire a livello istituzionale regole e strategie che favoriscano una maggiore assunzione di responsabilità da parte di chi decide di allargare la famiglia ad uno o più cani. Che non sono tutti uguali e questa considerazione dovrebbe essere il punto di partenza di ogni ragionamento. «Bisogna tenere conto delle loro caratteristiche etologiche»,  sottolinea Fnovi, «e delle potenziali implicazioni per la sicurezza delle persone».

L'appello è accompagnato dalla disponibilità a fare parte dei tavoli di lavoro chiamati a ragionare sulle strategie di prevenzione degli incidenti. L'aggressività canina, fanno notare i veterinari, può avere diverse cause, come per esempio una base genetica. Questo rimanda al tipo di cane: ci sono razze selezionate nei secoli per la caccia, per la guardia dei luoghi, per la custodia degli animali e il combattimento. «È inevitabile che esemplari che derivino da queste razze, direttamente o come incroci, abbiano nel dna i geni dei loro antenati, anche se diversamente da loro vivono magari in un appartamento. E ci sono poi i fattori ambientali, come le modalità con cui un cucciolo viene svezzato e poi cresciuto, l'ambiente in cui cresce e diventa adulto, gli stili di vita di chi lo adotta, la presenza di stati d'ansia o di paura e l'insorgenza di malattie». 

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