Un colpo accidentale partito mentre i due amici si trovavano in campagna per una sfida a tiro al bersaglio. Questa la teoria alternativa che la difesa di Aldo Soro, 61 anni di Sestu, ha provato a dimostrare in aula durante il processo per l'omicidio di Antonio Piras, 35 anni, ucciso con una fucilata a bruciapelo in pieno petto.

All'origine del delitto, secondo l'accusa, ci sarebbe stato l'abuso di alcol. E dopo i testimoni del pm Gaetano Porcu, oggi il difensore Stefano Piras ha portato nell'aula della Corte d'Assise di Cagliari un solo testimone: un giovane, amico sia di Soro che di Piras, che con loro sarebbe andato varie volte a sparare con la presunta arma del delitto, un fucile a canne mozze (mai ritrovato).

Ma proprio durante l'esame il presidente della Corte, Giovanni Massidda, ha dovuto interrompere l'interrogatorio per avvisare il testimone che stava riferendo elementi che potevano portare ad una sua incriminazione per porto abusivo d'arma da fuoco, visto che aveva ammesso di essere andato a sparare. Da qui la nomina di un difensore e, dopo una breve interruzione, la fine dell'esame perché il testimone si è poi avvalso della facoltà di non rispondere.

Secondo l'accusa Soro e Piras, il 17 giugno 2019, dopo aver bevuto qualche birra nel pomeriggio in un bar di Sestu si erano spostati poi in campagna per proseguire. Qui sarebbe nata una discussione culminata con lo sparo. L'imputato si sarebbe liberato del fucile a canne mozze prima di essere arrestato dalla Polizia in un bar. È rimasto tutto il tempo in silenzio scortato dalla penitenziaria, mentre la famiglia della vittima che si è costituita parte civile con gli avvocati Aldo Niccolini e Giuseppe Cirronis ha chiesto di sentire un nuovo testimone che sarà convocato il 1° marzo.
© Riproduzione riservata