Monica Vinci, la donna che a Silì ha ucciso la figlia Chiara Carta, 13 anni, a coltellate, non deve essere trasferita in carcere. A chiederlo è Maria Grazia Caligaris, dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme: «Le sue condizioni – spiega in una nota – suggeriscono piuttosto un ricovero in un ospedale o in una residenza sanitaria. Chiuderla in una cella, nella casa circondariale di Uta, appare incomprensibile».

Caligaris sottolinea che nella sezione femminile dell’istituto Ettore Scalas «non risulta presente un servizio assistenza attrezzato per accogliere una donna in condizioni di non totale autosufficienza e ad alto rischio vita».

«In assenza di una struttura adeguata – prosegue – si corre il rischio di acuire le problematiche di una persona che ancora non è riuscita neppure ad aprire bocca e con una condizione fisica non proprio ideale. L’unico SAI (Servizio Assistenza Integrata) della Sardegna è vero che si trova a Cagliari-Uta ma si trova nella parte maschile della Casa Circondariale. Ciò sembra far prevedere che la donna dovrà essere collocata in un’altra area. Sarebbe la prima volta di una paziente-detenuta, peraltro in attesa di giudizio, in quella sezione maschile».

«Sono certa che il gip valuterà tutti gli aspetti del problema per quanto ci riguarda – conclude Caligaris a nome di SDR – formuliamo l’auspicio di una visione umanitaria e pratica per una dramma che ha colpito l’intera comunità di Silì e della Sardegna».

(Unioneonline/s.s.)

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