«Certamente gli ungolati non avrebbero dovuto essere abbattuti, ma il discorso va molto oltre ai cinghiali». Anche l’Associazione Operatori Nautici NordEst Sardegna prende posizione sul caso caso scoppiato lo scorso 18 agosto quando sull’isola di Spargi, nell’arcipelago de La Maddalena, un cinghiale ha aggredito un bambino di 9 anni, episodio che ha poi portato all’abbattimento degli animali. 

«In realtà, ai cinghiali di Spargi i turisti —nonostante sia proibito— danno incoscientemente da mangiare ogni cosa, perfino i gelati», spiega Claudio Denzi, presidente dell’Associazione che al suo interno accoglie un un centinaio di operatori dislocati per lo più nella parte nord dell’Isola e che si caratterizzano per promuovere la nautica sostenibile.

«In un’isola come Spargi sbarcano circa 6 mila turisti al giorno, portando ombrelloni, borse, scarpe, cibo, sigarette e quant’altro. Un esercito di piedi che fresano tutto. Gente che non ha regole anche perché non vi è alcun controllo. Ed i più incoscienti danno da mangiare ai cinghiali per scattare un selfie», continua l’associazione in una nota. Aggiungendo: ««Se tutto ciò è permesso non è certo colpa dei cinghiali. L’aggressione avvenuta a quel bimbo incolpevole non è altro che la cronaca di un incidente annunciato» sostiene il presidente Denzi che, al pari delle associazioni animaliste, si è fin da subito schierato contro l’abbattimento dei cinghiali che vivono sull’isolotto».

Il problema, insomma, per l’associazione «è invece legato ad una forma di turismo che ormai non è più sostenibile, con mezzi inquinanti che arrivano a trasportare migliaia di persone: la sparizione di queste spiagge per causa umana è dunque solo una questione di tempo, come lo ha anche indicato il Consiglio Nazionale delle Ricerche in una relazione del 2017. Anche perché ogni persona sbarcata asporta, anche inconsapevolmente, una media di 93 grammi di sabbia».

«Per conservare le spiagge dell’arcipelago e contemporaneamente esercitare l’economia nautica – sottolinea Denzi – vi è solo un rimedio: rendere le spiagge raggiungibili solo a nuoto senza alcunché di altro se non il costume e godersi tutti quanti, per qualche minuto, un paradiso incontaminato, restando sul bagnasciuga per poi ritornare a bordo. In questo modo non si sottrae neanche un granello di sabbia, non si calpesta la vegetazione pioniera e non si interferisce con la fauna selvatica lasciando residui».

«Noi operatori del diporto – conclude Denzi – siamo disposti a questo sacrificio ma lo devono essere pariteticamente tutti gli altri operatori ed anche i privati cittadini. È naturalmente irricevibile il divieto di sbarco per qualche categoria a favore di altre. Ed è anche chiaro che se non vi sarà un controllo sarà anche inutile istituire delle regole. In generale, bisognerebbe cambiare paradigma: laddove esiste un Parco si dovrebbe fare economia sulla conservazione dell’ambiente e non sul suo sfruttamento».

(Unioneonline)

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