Colpo di scena durante l’accertamento tecnico non ripetibile disposto dalla pm Milena Aucone a bordo dello yacht Gravia, sotto sequestro nel porticciolo olbiese di Portisco.

Si tratta dell’imbarcazione sulla quale, l’8 agosto scorso, è stato trovato il corpo privo di vita del giovane di Bacoli Giovanni Marchionni.

Stando a indiscrezioni, dopo circa trenta minuti di funzionamento di tutti gli impianti dello yacht, dal parco batterie dell’imbarcazione è iniziato a uscire monossido di carbonio.

Sempre stando a indiscrezioni, le emissioni sarebbero avvenute in quantità superiori alle soglie massime tollerate dalla legge. 

Erano presenti sulla imbarcazione i consulenti della Procura di Tempio e quelli delle parti (per l’armatrice, non indagata, Anna Di Luggo, e per i familiari della vittima).

Rispetto alla settimana scorsa le verifiche tecniche sono avvenute con tutti gli impianti dello yacht in funzione e soprattutto con le batterie collegate alla rete elettrica del porticciolo. 

Con i consulenti c’erano anche gli avvocati Giampaolo Murrighile e Sebastiano Giaquinto, per l’armatrice, Gabriele Satta e Maurizio Capozzo, legali dei Marchionni.

Il decesso del ragazzo di 21 anni ancora non trova una spiegazione. Il dato di oggi non può essere considerato la soluzione del caso, ma è un elemento importante. 

L’avvocato Gabriele Satta, legale dei familiari della giovane vittima, ha commentato: «Abbiamo un importante indizio, ora attendiamo la comparazione con l’esito degli esami tossicologici in corso». Le indagini proseguono con un nuovo rilevante fatto. 

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