La mafia non c'è. La droga sì.

E la droga porta alla mafia, anzi alla camorra, visto che i trafficanti sardi si riforniscono dalle organizzazioni criminali campane.

Con "il rischio di emulazione" o, peggio, di "asservimento".

Se c'è un possibilità di infiltrazione mafiosa in Sardegna è principalmente legata al "diffusissimo consumo di cocaina, hascisc e marijuana".

La procuratrice della Repubblica Maria Alessandra Pelagatti ribadisce quanto dichiarato con parole chiare al convegno sull'evoluzione delle mafie organizzato dalla Questura di Cagliari: "L'Isola è un punto di snodo e di destinazione degli stupefacenti".

Ed è proprio a causa della droga che a Cagliari ci sono quartieri "dove la presenza molto forte di organizzazioni criminali condiziona la vita creando anche problemi di accessibilità".

La situazione è grave in diverse zone del capoluogo, da Santa Teresa (Pirri) a Sant'Elia, da San Michele a Is Mirrionis, specie in via Premuda e via Seruci: in troppe case popolari si prepara e si vende la droga. Tutto il giorno.

L'attività è fiorente nonostante le proteste della parte sana del rione e le continue operazioni della Polizia con arresti e sequestri.

Sarà un caso ma non più tardi di due mesi fa nessuno dei nuovi assegnatari si è voluto trasferire negli appartamenti di edilizia popolare in via Seruci.

La situazione è grave e richiede un intervento immediato, anche perché trasformare la casa in un market dello spaccio è causa di decadenza: chi vende droga perde il diritto all'appartamento.

È una questione di ordine pubblico, certo, ma non solo: il problema dovrà essere affrontato a diversi livelli.

Il ripristino della legalità comincia dal rispetto delle regole, anche quelle che portano alle sanzioni amministrative.

Le parole della procuratrice colpiscono ma non sorprendono: il fenomeno è sotto gli occhi di tutti da molto tempo.

E se per il traffico di droga a Cagliari c'è un rischio di asservimento alla camorra, in tutta la Sardegna i metodi mafiosi sono evidenti negli attentati che minano la libera concorrenza.

"In Sardegna c'è stata una mafia elettorale, quella di Maria Ausilia Piroddi negli anni Novanta a Barisardo", dice Pelagatti, "non c'è invece la mafia delle famiglie che trova lavoro e dirime i conflitti".

C'è, però, un metodo che altera la libera concorrenza: è "l'intimidazione come strumento per condizionare l'esito delle gare e, in altri casi, le stesse scelte di politica locale degli amministratori".

Dal nord al sud dell'Isola gli attentati sono tanti e si perdono nelle cronache locali, quasi sempre incendi nei cantieri per distruggere i mezzi indispensabili al lavoro delle aziende.

Senza camion, betoniere, escavatori, compattatori, la società non potrà partecipare agli appalti. "Si brucia, si distrugge, si fa saltare in aria per impedire a un'azienda di partecipare a una gara pubblica".

Basta scorrere le cronache degli ultimi mesi per trovare conferma: il 29 novembre sono stati danneggiati due grossi mezzi della No. Va. Service di Senorbì; il 18 novembre un trattore con benna ed escavatore è stato distrutto a Loiri Porto San Paolo; il 6 novembre a Tortolì il fuoco ha incenerito il trattore di un autotrasportatore; il 29 ottobre a Oristano ancora un attentato incendiario ai danni di una concessionaria di mezzi agricoli; il 25 settembre a Cagliari è andata a fuoco la serranda di un negozio alla vigilia dell'inaugurazione; il 22 settembre in un caseificio di Santadi sono stati bruciati tutti i mezzi di trasporto; il 7 settembre le fiamme sono divampate nello stabilimento di Macchiareddu di una ditta che ha lavorato alla costruzione della Sardegna Arena; il 30 agosto è esploso un ordigno davanti all'ingresso di un b&b di Villasimius; a Berchida, in luglio, si sono registrati incendi in successione contro le auto dei dipendenti di una ditta che vende granite in spiaggia.

E si potrebbe continuare a ritroso, all'infinito. Perché ovunque nell'Isola la concorrenza si batte a suon di attentati incendiari che mirano a distruggere insieme ai mezzi l'attività delle aziende. Metodi mafiosi.

E poi c'è una mafia economica che si è spinta soprattutto sulle località costiere della Sardegna.

"Registriamo evidenze investigative e processuali su infiltrazioni mafiose con investimenti in iniziative immobiliari, soprattutto nel settore alberghiero. Non solo al nord dell'Isola": la procuratrice Pelagatti non lo dice espressamente ma il suo riferimento è senz'altro al processo in corso per riciclaggio.

Secondo l'ipotesi accusatoria i soldi della camorra sono stati investiti nella costruzione di un albergo nel territorio di Villasimius.

Maria Francesca Chiappe

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