A raccontarla, la vicenda relativa alla inesistente continuità territoriale, avrebbe il sapore sarcastico di una barzelletta da cabaret, di quelle che solo Grillo riusciva un tempo a raccontare. Invece, purtroppo, è una deludente e tragica realtà che sembra nascondere, e spero vivamente non sia così, l'annosa incapacità della classe politica locale, attuale e passata, di dare risposta ad una esigenza primaria e fondamentale dei Sardi garantita innanzitutto anche dalla nostra Carta Costituzionale all'art. 16: quella relativa alla libertà di movimento nel territorio nazionale, e ora financo europeo, a condizioni di parità, oltre che, naturalmente, quella relativa alla libertà di movimento nello stesso perimetro regionale, considerato pure il sempiterno problema dei difficili collegamenti interni "da e per" le zone centrali che troppo spesso si trovano ad essere sopraffatte dall'isolamento e dalla conseguente condizione di sottosviluppo economico.

Ma occorrerebbe aprire un altro capitolo a parte. Ad attirare l'attenzione, per il momento, è invece, e soprattutto, la dichiarazione, rilasciata da Bruxelles, per cui, a differenza di quanto lasciato intendere dalla politica locale, non sarebbe previsto alcun vertice sulla continuità aerea, siccome non sarebbe stata presentata una "richiesta di validazione del progetto".

Se così fosse, e sembra davvero essere così, sarebbe gravissimo, considerati i vari passaggi procedimentali e temporali necessari per addivenire all'entrata in vigore del nuovo sistema.

È evidente che qualcuno dorme, o non sa proprio che pesci pigliare, oppure ha altro a cui pensare. Che sia la Regione, che sia il Governo, che sia pure Bruxelles, a un certo punto, poco importa. Non serve lo scontro sterile ed inconcludente, ed il rimpallo di responsabilità, tra maggioranza e opposizione in giunta regionale ove, peraltro, siedono politici di indiscussa e comprovata esperienza. Importa solo la condizione di profondo disagio e di gravissima emarginazione che l'Isola da troppi, troppi anni, è ancora costretta a subire.

Non ha senso cercare colpevoli, i buoi sono già scappati dal recinto, servono solo le soluzioni che possono ben arrivare attraverso un combinato lavoro di squadra, perché quella sulla continuità territoriale non può che essere una battaglia bipartisan, da condividere e da portare avanti con decisione. E questa battaglia non può in alcun modo prescindere dalla strettissima relazione che intercorre tra il diritto alla continuità territoriale e la nostra condizione insulare, che, piaccia o non piaccia, deve essere rimarcata e fatta valere con decisione e orgoglio sia nei confronti del Governo Centrale, sia nei confronti dell’UE dove, primariamente, il principio di insularità si è affermato, seppure entro certi limiti, proprio nel settore dei trasporti.

Ma allora, come mai la Sardegna, Regione Autonoma di nome ma non di fatto, ancora nel 2020, continua a patire questa insistente e compromettente condizione di isolamento dal resto del territorio nazionale ed unionale? Non posso che tentare di azzardare alcune risposte. Intanto, perché, a mio umilissimo avviso, vi è stato, in tutti questi anni, un progressivo ottenebramento dell'imprescindibile principio di coesione tra i vari territori dell’UE da applicarsi, specificatamente, alle regioni insulari, in parte determinato dalla carente incisività delle stesse nel pretendere politiche idonee a declinare sul piano concreto le disposizioni dei Trattati in argomento.

Quindi, perché fin’ora si è ceduto, all'evidenza sbagliando, ad una politica europea che, in argomento, ed in totale dispregio del richiamato principio di coesione, quindi in contraddizione con se stessa, ha ingiustamente ricondotto e condizionato i collegamenti aerei alla altalenante riduzione della domanda dei servizi dovuta in parte al progressivo processo di spopolamento del territorio, che ha, a sua volta, inevitabilmente determinato la scarsa remuneratività di talune rotte.

Poi, perché, così facendo, la Regione, sia pure suo malgrado, lo Stato e l’Unione Europea, sono venuti meno al dovere di garantire collegamenti aerei costanti anche a favore delle zone, nel nostro caso appunto insulari, caratterizzate dall’emarginazione geografica e dall’abbandono per aver voluto favorire un innaturale ed ingiusto bilanciamento fra il rispetto del principio della libertà del mercato ed il necessario diritto alla mobilità dei residenti nell’isola che, per l’effetto, ossia per la dura ed inflessibile legge di quello stesso mercato, ne è uscito totalmente e paradossalmente compromesso seppure costituzionalmente garantito.

Infine, perché, a voler guardare alla sostanza, occorre abbandonare l'idea della tariffa unica per sardi residenti nell'Isola e non, anche per evitare di presentare bandi limite che non otterranno mai l'approvazione dell'UE.

Se davvero vogliamo uscire dalla situazione di stallo venutasi vergognosamente a creare, dobbiamo subitaneamente provocare, per il tramite del Governo, un serio e decisivo confronto con l'Unione Europea per ottenere l'inserimento della Sardegna tra le regioni ultra-periferiche insulari opportunamente disciplinate dall'articolo 349 del TFUE ed in favore delle quali la stessa Unione riconosce misure di favore anche sul piano dei trasporti dirette a compensare le carenze dello svantaggio geografico determinato dalla condizione insulare.

Fallire, significa perdere per sempre non solo l'opportunità di garantire lo sviluppo dell'Isola, ma anche l'opportunità di esercitare finalmente la nostra autonomia statutaria, allo stato ancora "desaparecida" , nonché perdere l'opportunità di essere davvero sardo-italiani e sardo-europei.

Fallire, detto altrimenti, significa che la Sardegna non può essere Sardegna, non può essere Italia e non può essere Europa. E allora cosa dovrebbe essere?

Avv. Giuseppina Di Salvatore
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