Sa Cordula, o treccia, è uno dei piatti di terra più apprezzati, nonché uno dei più identitari, della nostra isola: è un’ottima scelta, soprattutto quando si cerca un piatto da condividere con altri commensali.

Per parlarcene abbiamo contattato Walter Vivarelli, della tratto-macelleria Vivarelli. «Si tratta dell’intestino dell’agnello, qualcuno mette anche la pancina dell’agnello, non si mette altro».

A questo punto, Walter passa alla fase della preparazione vera e propria del piatto: «Il principio cardine è la lessatura, per mezz’ora circa. A questo punto si procede a raffinarla e rosolarla nel tegame con l’olio extravergine, si aggiunge la cipolla e del vino bianco, che va lasciato sfumare. Successivamente si aggiungono i piselli».

Lo chef consiglia quindi di aggiungere «una leggera grattugiata di buccia di limone per renderla ulteriormente delicata» Il fuoco? «Si cuoce a fuoco lento». Vivarelli precisa anche che «non c’è alcuna differenza tra treccia e cordula. Semplicemente “treccia” è il nome italiano de “sa cordula”».

La semplicità di tale ricetta, come quella della maggior parte dei piatti della cucina sarda, esalta il sapore genuino della carne che si trova nei pascoli della Sardegna.

Questo piatto, così amato nell’isola e che si presta appunto ad essere condiviso, è da sempre uno dei piatti maggiormente scelti dai sardi per celebrare le feste più importanti dell’anno, Natale e Pasqua. Basterà quindi aspettare un paio di settimane per vederlo apparire sulle nostre tavole.

© Riproduzione riservata