Noi italiani pensiamo, come altri popoli moderni, di appartenere a un territorio ben definito, a una cultura coesa, a una storia lineare fatta di antenati che hanno vissuto per millenni nella nostra penisola comportandosi più o meno come continuiamo a fare noi oggi. Ma è proprio così?

Giacomo Moro Mauretto, dottore in Biologia evoluzionistica e divulgatore scientifico via web con il nome d’arte Entropy for Life, ha un punto di vista piuttosto sfaccettato sulla questione come testimonia il saggio Italiani veri (Mondadori, 2025, Euro 18,00, pp. 24,00. Anche Ebook). Anche se ci pensiamo come i discendenti dei primi Sapiens che hanno messo piede in Italia oltre 40mila anni fa o riteniamo di possedere qualche traccia nel nostro DNA di quello dei Neanderthal che abitavano ancora prima le nostre terre, in realtà ogni elemento che consideriamo parte della nostra identità – il territorio in cui viviamo, le persone da cui discendiamo, le tradizioni che ci definiscono – ha una storia ben più complessa e intrecciata di quanto immaginiamo. Le innovazioni tecnologiche degli ultimi vent’anni e lo studio approfondito del Dna nostro e dei nostri antenati, per esempio, ci hanno permesso di scoprire che la maggioranza dei nostri predecessori neanche era in Italia fino a 5000 anni fa o che le piante e gli animali che ci circondano hanno viaggiato attraverso continenti prima di radicarsi qui.

Noi italiani siamo, infatti il risultato di più sovrapposizioni genetiche. Il nostro pool genetico è così composto da tre macrogruppi diversamente mescolati. Il primo ci proviene dai cacciatori-raccoglitori del Mesolitico (diffusi in Europa tra il 10000 e l’8000 a.C.), il secondo dagli agricoltori del Neolitico provenienti dalla Penisola anatolica (8000-3500 a.C.) il terzo da pastori giunti nel Vecchio continente dalle steppe dell’Asia durante l’età del Bronzo (IV-II millennio a.C.). Attenzione, però: da questa sovrapposizione sono in parte esclusi gli abitanti della Sardegna il cui pool genetico, come racconta Mauretto in pagine molto divertenti e istruttive, porta chiari segni degli agricoltori anatolici mentre mancano del tutto i pastori provenienti dalle steppe giunti nella Penisola italica durante l’età del Bronzo. Come questo sia potuto accadere - nonostante il grande scambio culturale ed economico di cui la Sardegna è sempre stata al centro - rimane un mistero. Almeno fino alla prossima scoperta genetica…

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Ma tornando alla totalità del Belpaese, sempre gli studi di genetica hanno mostrato come un altro cambiamento sia avvenuto con la conquista romana del Mediterraneo. Le analisi dei reperti datati a partire dall’epoca imperiale di Roma ha dimostrato che il profilo genetico degli abitanti della Penisola cambiò decisamente, anche del 50%, con un contributo di geni provenienti dalle zone mediorientali del Mediterraneo. Roma era diventata un impero e vi fu probabilmente un afflusso nella penisola italica di persone provenienti da altre zone dominate dai Romani, un particolare dal Mediterraneo orientale. Le analisi hanno anche mostrato come nel periodo imperiale il cambiamento genetico abbia riguardato soprattutto il cromosoma y, quello di provenienza paterna, segno che l’elemento medio-orientale proveniva soprattutto da maschi. Furono quindi soprattutto soldati, mercanti e schiavi a muoversi verso la Penisola italica in quello che è stato il penultimo grande rimescolamento genetico prima delle invasioni barbariche. Quello determinato dall’arrivo dei barbari fu l’ultimo grande cambiamento evidenziato dai reperti. Le cosiddette invasioni barbariche aggiunsero al pool di geni di chi viveva nell’Italia settentrionale e centrale elementi dei popoli germanici, in particolare i longobardi. Dopo di che il patrimonio genetico è rimasto stabile. In attesa di altri rimescolamenti, dato che la genetica si muove a ondate millenarie e anche di più.

Rimanendo al passato, Giacomo Moro Mauretto, con il suo stile chiaro, accurato e scorrevole, ricostruisce la storia evolutiva e genetica del nostro Paese e ci accompagna in un viaggio nel tempo lungo milioni di anni in cui, attraverso la genetica, l’archeologia, la paleoantropologia, la biologia e la botanica, ricostruisce chi sono davvero gli homo che hanno vissuto all’interno di quei confini che solo da qualche secolo chiamiamo Italia. Alla fine, non esiste e non è mai esistito il “sangue italiano” o una stirpe genetica italiana che possa essere distinta da altri gruppi. Molto di quello che ci permette di identificarci (genetica, territorio e cultura) come italiani ha spesso radici molto più recenti di quanto pensiamo. Nessuno può, insomma, considerarsi un italiano vero, ma capire da dove veniamo e chi, forse, diventeremo è l’unico modo per capire chi siamo davvero.

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