Ribellarsi ai colpi di coda del destino, non cedere al desiderio di soccombere: è in questi inviti il cuore del romanzo di Sabrina Grementieri Prima del buio (Love Edizioni, 2025, pp. 336, anche e-book). Protagonista del libro è Alexandra, una fotografa freelance. Una donna indipendente e determinata, molto stimata nel suo lavoro, con un fidanzato storico, un’amica del cuore e una vita piena e appagante.

L’esito di alcuni accertamenti clinici spezza con violenza l’armonia della sua vita e vi getta un’ombra inappellabile. Lorenzo è, invece, proprietario di un’azienda vinicola nell’Alta Langa. È presidente di un’associazione pro-retinopatici e ipovedenti e cerca di aiutare concretamente i malati; il suo obiettivo è raccogliere denaro per le sperimentazioni scientifiche.

Alexandra e Lorenzo si “scontrano” in un’umida serata autunnale: lei ha appena appreso della sua condanna e lui ha rischiato di investirla con l’auto. Tutto accade in una manciata di minuti: sufficienti però a cambiare la vita di entrambi. Ma per riuscire a cambiare la propria esistenza, i personaggi di questa storia devono sfidare la paura, affrontare le cadute e le inevitabili ricadute, ritrovare la fiducia nel futuro con un duro lavoro su sé stessi, giorno dopo giorno. Ci riusciranno?

Romanzo sulla malattia, sulla difficoltà di “incontrala” e accettarla, ma anche racconto su come amore e speranza vadano spesso a braccetto, “Prima del buio” vuole ricordarci quanto sia importante sapersi abbandonare serenamente, ma con passione al flusso della vita.

A Sabrina Grementieri abbiamo chiesto: come è nata la scelta di scrivere un romanzo che ha come punto di partenza la scoperta di una malattia?

«L’idea di parlare della malattia, nello specifico una patologia legata alla vista, nasce da un’esperienza personale. Per quanto io non soffra dello stesso problema di cui scrivo nel libro, ho comunque sempre avuto dei problemi legati alla vista fin da quando ero piccola. Non nego che la cosa mi abbia sempre spaventata e decidere di scriverne è stato un tentativo per esorcizzare la paura».

Cos'è per lei la paura?

«La paura è un’emozione primaria legata all’istinto e, in quanto tale, varia di intensità a seconda dell’evento che la scatena. Per quanto mi riguarda, rimanendo nel tema di una malattia invalidante, la paura è legata intanto all’ignoto: quale sarà il mio stile di vita una volta che la mia quotidianità sarà stravolta? Imparerò a vivere con delle limitazioni importanti, e soprattutto privata della mia autonomia? Sarò in grado di sopportare il dolore? Quest’ultimo non è il caso di cui scrivo nel libro, ma ho conosciuto persone con malattie neurodegenerative che causano parecchia sofferenza, e il solo pensiero di vivere con dolori costanti mi spaventa».

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Si è immedesimata nel tipo di reazione alla malattia di Alexandra, la sua protagonista?

«Ho cercato di immedesimarmi il più possibile nelle reazioni della mia protagonista, non solo per renderle più comprensibili al lettore ma anche per viverle io stessa più profondamente. In certi momenti ho sofferto anche io e immagino si possa dire che avrei reagito allo stesso modo di Alexandra».

Il romanzo ha un messaggio di fondo?

«Non ho la presunzione di voler mandare un messaggio. Certe situazioni sono così devastanti che ogni reazione è lecita e non giudicabile. Nella storia ho cercato di parlare di speranza, coraggio e determinazione, che è quello che mi augurerei di avere se dovessi essere colpita da una patologia che mi cambia la vita. Uno dei motivi per cui ho scritto di una malattia degenerativa è che credo nell’importanza di parlarne anche nella letteratura di intrattenimento. Ho la sensazione – confermata anche da diverse persone affette da patologie invalidanti – che nella nostra società si sia creata una barriera sempre più alta tra persone normodotate e chi non lo è. Le malattie spaventano e allontanano, così che chi è costretto a doverle affrontare si trova sempre più solo».

Perché la scelta di ambientare il libro nella Langhe?

«Ogni mio romanzo è ambientato in una regione d’Italia che ho conosciuto e che, per qualche motivo, mi ha affascinato. Trovo che le Langhe siano un territorio pieno di bellezza e armonia, in cui vivono persone riservate e laboriose, determinate e amanti della propria terra. Una volta trovato il contesto ambientale, ho provato a immaginare una storia che si sposasse bene con queste caratteristiche, dove bellezza e senso di appartenenza potessero guidare le vite e le scelte dei protagonisti».

A quando un romanzo ambientato in Sardegna?

«Mi piacerebbe molto scrivere un libro ambientato in Sardegna. Ci sono stata solo un paio di volte, tantissimi anni fa, e ne ho un bellissimo ricordo. Dovrei tornare e camminare a lungo come faccio sempre, per imprimere negli occhi e nel cuore i colori, i profumi e la sua energia. Spero possa accadere quanto prima».

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