Ci sono domande che magari ci siamo posti quando eravamo bambini e che poi abbiamo tralasciato, senza aver trovato una risposta. Domande del tipo: “Perché il vetro è trasparente e il muro no? E come mai le bolle di sapone sono sferiche e non, che so, piramidali? Oppure, ancora, come funziona una semplice cannuccia? O come è fatto lo slime e quante volte si può piegare un foglio di carta?”. Certo non sono questioni legate al senso della vita, però ci dimostrano come il mondo che ci circonda, a cominciare dagli oggetti e dai materiali (anche i più banali!) con cui abbiamo a che fare ogni giorno nascondono storie e segreti che aspettano solo di essere svelati.

Devis Bellucci, oggi ricercatore in Scienza e tecnologia dei materiali all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, ci svela molti di questi segreti e storie nel suo “Perché la forchetta non sa di niente” (Rizzoli, 2022, pp. 160). Bellucci ci guida, infatti, come un esploratore in un viaggio all’interno della casa, stanza per stanza, rispondendo ai dubbi più assurdi senza usare formule o paroloni, ma con spiegazioni semplici ed esempi facili che aiutano a capire, “in pratica”, perché le cose stanno come stanno.

A Bellucci chiediamo allora come è nato questo suo libro, pieno di curiosità e piccole scoperte quotidiane:

«Tutto è cominciato durante il lockdown. All’epoca insegnavo in una scuola e tenevo lezione a distanza ai ragazzi, come capitava un po’ a tutti in quel periodo. Ragazzi e ragazze erano riuniti attorno allo schermo e il nostro mondo in quel momento era la casa dove ognuno di noi abitava. Per coinvolgerli nella lezione provavo a incuriosirli con storie, aneddoti e curiosità riguardanti gli oggetti e le tecnologie che si trovavano nelle loro stanze. A questo si è aggiunta una predisposizione personale a spiegare la fisica partendo dalle domande».

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Ci spieghi meglio…

«Vede, mi sono trovato spesso davanti a giovani ben preparati, che avevano studiato scienze per anni, però non mi sapevano rispondere a domande del tipo: ‘Perché il cielo è azzurro?’. In realtà avevano le nozioni per rispondere. Non ci riuscivano perché non erano stati abituati a calare le loro conoscenze nella quotidianità».

Quindi via libera alle domande?

«Esatto. Mi sono abituato a partire dalle domande per arrivare alla spiegazione scientifica e i miei studenti si sono abituati a pormi ogni tipo di questione. Questioni anche curiose, del tipo: ‘Si può costruire una spada laser? Si può realizzare la macchina del moto perpetuo”. Molte di queste domande sono poi confluite nel libro, assieme alle mie spiegazioni e alla storia che sta dietro ogni scoperta e innovazione. Credo, infatti, sia importante far capire che dietro ogni tecnologia e ogni avanzamento c’è un lungo percorso fatto di studi, errori, ripensamenti».

Le scienze vengono insegnate adeguatamente a scuola?

«Vengono insegnate troppo spesso in maniera solo teorica. Ci vorrebbe più spazio per la pratica, per il lavoro in laboratorio, evitando però che gli studenti considerino le ore passate a fare esperimenti come un semplice momento di svago, un alleggerimento rispetto alla classica lezione. Il laboratorio è parte integrante dello studio di determinate materie».

Grazie alle domande dei suoi studenti ha imparato anche lei qualcosa di nuovo?

«Oh, sì…a volte non ricordavo la risposta oppure semplicemente non la sapevo e ho dovuto documentarmi. Per esempio, mi hanno chiesto perché la carta stagnola ha un lato opaco e un altro lucido, in cosa sono differenti e quale lato bisogna usare. Sul momento non ho saputo rispondere. Sono andato a cercare e ho scoperto che la risposta è dovuta al particolare procedimento con cui viene prodotta questa carta, come potete leggere nel mio libro».

Come è riuscito a spiegare in maniera semplice questioni a volte piuttosto complesse, del tipo come funziona un microonde o perché la piastra a induzione non scotta?

«Non è stato semplice, in effetti, soprattutto quando si è trattato di dare spiegazioni legate al mondo dell’elettronica. Spero di esserci riuscito anche se non è banale semplificare perché un computer ha bisogno di determinati componenti per funzionare oppure come opera un microprocessore».

A qualche domanda non ha saputo rispondere?

«Alla fine, sono riuscito a trovare una risposta a tutte le domande che mi hanno fatto, facendo anche qualche scoperta curiosa, come la ragione per cui la tenda della doccia si attacca facilmente al corpo. Chiarisco subito che non c’entra il calore dell’acqua e il vapore che si forma, perché il fenomeno avviene anche se si fa una doccia fredda, Rispondendo a questa domanda il professore americano David Schmidt ha vinto il premio IgNobel per la fisica nel 2001. Si tratta della versione ironica del premio Nobel che viene assegnato per le ricerche più strampalate e inutili, come studiare quanto deve essere veloce un tornado per spennare un pollo!».

La risposta alla domanda presente nel titolo del libro: perché le forchette non sanno di niente?

«Perché le posate perché sono fatte di acciaio inossidabile. L’acciaio inossidabile ha in superficie uno strato protettivo sottilissimo e praticamente invisibile di ossido di cromo. Quando mettiamo le posate in bocca entriamo in contatto con l’ossido di cromo che in pratica non ha sapore. Diverso sarebbe mettersi in bocca una forchetta di ferro o di rame…in quel caso il sapore lo sentiremmo eccome».

© Riproduzione riservata