Per rispondere alla domanda "Dove ci troviamo?" gli antichi guardavano le stelle, mentre al tempo di Galileo si osservavano i satelliti di Giove. Oggi, semplicemente, ci colleghiamo a un sistema satellitare e leggiamo la risposta sullo schermo del ricevitore GPS.

L'informazione ci arriva pressoché immediata e nessuno di noi sta a chiedersi più di tanto come funziona lo straordinario strumento che utilizziamo e meno che meno ci chiediamo come si è arrivati alla tecnologia GPS, quale scienza, cultura, tradizione e storia ci siano dietro.

per chi desiderasse scoprire i segreti dei sistemi di localizzazione moderna un appuntamento da non perdere, organizzato nell'ambito di Cagliari FestivalScienza,è quello previsto per sabato 11 novembre all'EXMÀ con il fisico dell'Università di Pisa Sergio Giudici.

Nel suo più recente lavoro, Fare il punto (Mondadori Università, 2016), Giudici ripercorre andando a ritroso nel tempo proprio la storia dei metodi per localizzare la propria posizione, partendo dalle attuali tecnologie GPS per arrivare ai geografi del mondo antico. Una storia narrata con rigore scientifico, ma piena di curiosità e aneddoti. Ma come è nato un libro così particolare? Lo chiediamo all'autore.

"Il libro è nato prima di tutto perché mi piace andare in barca a vela e il GPS è un utensile rassicurante quando si è in mare aperto. Quindi la spinta è stata la "riconoscenza" verso questo strumento e per chi lo ha reso possibile. E poi perché fin da piccolo sono appassionato di geografia e cartografia. C'è poi una ragione filosofico-scientifica: quello della localizzazione non è un problema – per l'appunto – locale ma è una faccenda globale. Per rispondere alla domanda 'dove siamo?' bisogna predisporre un punto di vista lontano, uno sguardo dall'alto come quello del cartografo che immagina la terra vista dal cielo. Lo sguardo da lontano e 'dal di fuori' è un tema che mi ha sempre affascinato".

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Il suo libro comincia dalla fine del racconto. Perché?

"Ho deciso che era narrativamente meglio percorrere la strada al contrario ovvero smontare qualcosa di oggi – il GPS – e mostrare come sotto la sua superficie ultramoderna si ritrova l'antico. Un esempio: il GPS per funzionare ha bisogno di 'vedere' almeno quattro satelliti. Se quelli visibili sono però troppo vicini all'orizzonte le prestazioni ne risentono. Ecco affacciarsi un'eco di un problema antico: cosa capita ai raggi di luce radenti alla superficie terrestre? La questione se la ponevano i cartografi di fine XIX secolo che dalle isole dell'arcipelago toscano cercavano di avvistare il bagliore di una lampada posta su un'altura della Sardegna. La stessa domanda se la poneva, ancora più indietro nel tempo, il geografo greco Tolomeo quando immaginava che le stelle potessero essere non dove appaiono ma altrove per effetto dell'atmosfera terrestre. Anche oggi i capricci elettromagnetici della ionosfera danno fastidio al GPS e spostano la posizione apparente delle cose. Insomma, procedere a ritroso – lasciando che la tecnologia di oggi evochi suo malgrado l'antico – mi è parsa la giusta strategia per non rinunciare all'utilità della storia, soprattutto per il suo valore didattico".

Perché un non specialista dovrebbe interessarsi alla tecnologia di un GPS?

"Magari per il piacere intellettuale di sapere come un settore della Fisica tra i più astratti – la Relatività Generale di Einstein – sia riuscito ad incarnarsi in un dispositivo di uso comune. Chi avrebbe mai immaginato che occuparsi di Buchi Neri avrebbe portato a creare qualcosa che ora sta nelle tasche di un miliardo di utenti? Oppure per scoprire che la storia del GPS è uno degli aspetti della guerra fredda. Il sistema è stato inizialmente concepito negli ambienti militari USA per evidenti scopi bellici".

Cosa ci insegna la lunga storia della localizzazione?

"Una cosa fondamentale: l'imperfezione delle mappe. Tutte! Due cose sono difficili da imparare e da insegnare: la prima è che ognuno di noi – consapevolmente o inconsapevolmente – ha una propria "visione del mondo"; la seconda è che il mondo non coincide mai con la visione che abbiamo di esso. Non esiste la mappa esaustiva che descrive tutto, ma sempre sono date sfocature e zone d'ombra. Ogni mappa emerge dal patrimonio di conoscenze matematiche, fisiche e in generale concettuali che abbiamo a disposizione ed è sempre un prodotto storicamente e socialmente determinato con i propri limiti e con una solo approssimativa aderenza al reale. Una mappa e una localizzazione non sono mai perfette".

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