Ammettiamolo: difficile amare gli insetti soprattutto d'estate quando ci si deve difendere da zanzare e affini. Eppure, non ci potrebbe essere vita sulla Terra senza la presenza di mosche e coleotteri che si occupano della decomposizione di molti organismi oppure senza le coccinelle che attaccano i pidocchi delle piante. Avremmo poi giorni contati senza le farfalle e soprattutto le api che si occupano dell'impollinazione.

Per questo negli ultimi anni si è parlato molto del problema della progressiva scomparsa di vari tipi di insetti utili all'ambiente tanto che già nel 2013 la prestigiosa rivista "Time" ha dedicato la copertina di un suo numero al rischio di ritrovarci in un mondo senza api. A causa, infatti, dell'uso indiscriminato di fertilizzanti chimici e pesticidi il numero di questi animaletti benefici si è molto ridotto tanto che in alcune zone agricole degli Stati Uniti dove viene praticata l'agricoltura intensiva si deve ricorrere all'importazione di enormi sciami di api per procedere alla normale impollinazione. In natura, infatti, non ne esistevano più.

Possiamo immaginare il costo economico di operazioni di questo tipo, operazioni che ci fanno capire come sia sempre più importante stabilire un circolo virtuoso tra attività umana e ambiente. È questo in poche parole il tema al centro di un libro sorprendente e molto godibile intitolato "Il ritorno della regina" (Hoepli, 2019, pp. 352) scritto da Dave Goulson, professore di scienze naturali e ambientali all'Università del Sussex. La regina del titolo, nonostante l'autore sia british fino al midollo, non è l'immarcescibile Elisabetta II ma un'ape regina che l'anello principale di un progetto lanciato da Goulson per ripopolare di insetti impollinatori le campagne britanniche.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Il nostro naturalista, infatti, è stato il classico bambino di campagna, spesso impegnato a dare la caccia alle farfalle e a tormentare le formiche. Nelle sue scorribande a contatto con la natura si è però accorto, anno dopo anno, della progressiva scomparsa di selve e rovi per far spazio a case e campi coltivati. Parallelamente ha assistito alla rarefazione e estinzione degli insetti, in particolari di alcune specie di api selvatiche tipiche dell'Inghilterra. Una volta diventato un naturalista ha avuto la prova che più diminuivano le api, meno piante fiorivano e davano frutti. Tutto l'ecosistema si stava impoverendo e degradando. Si è allora chiesto come riportare questi insetti impollinatori nelle campagne inglesi. Un sogno all'apparenza impossibile perché le api che aveva conosciuto da bambino appartenevano a una specie tipicamente britannica. Salvo che nell'Ottocento alcune di queste api aveva trovato rifugio addirittura in Nuova Zelanda, allora colonia inglese. Gli insetti erano arrivati tanto lontano nascosti all'interno di alcune piante che erano state trapiantate laggiù.

Insomma, un esempio di immigrazione clandestina ante litteram e dagli esiti benefici. Così è partita la caccia a una regina e alla sua corte di api per poi riportarle alla Madrepatria. Una caccia non semplice e in cui non mancano i colpi di scena perché la Natura non sempre risponde ai desideri dell'uomo.

La bellezza del libro di Goulson, al di là del fatto che ci si appassiona alle sue scorribande alle prese con le api, sta nella capacità dell'autore di trasmetterci sul campo, con esempi chiari e con la pratica, messaggi importanti. Per esempio, come ogni nostra scelta abbia delle ricadute su ciò che ci circonda, una consapevolezza che ci deve portare a mutare le nostre prospettive.

Ad avere un atteggiamento di maggiore rispetto per la natura e per le sue risorse, un atteggiamento ecologico ma in senso più ampio di quello che generalmente si è portati a considerare. Bisogna quindi tornare al significato originario di ecologia, parola che significa cura attenta e meticolosa del luogo in cui si vive, della propria casa, quella che gli antichi greci chiamavano appunto oikos.

Senza l'ambiente che ci circonda non possiamo semplicemente esistere e questo ci deve portare a una vera e propria conversione ecologica, a un rapporto più paritario con la biodiversità in cui viviamo. Flora e fauna non ci appartengono, ma ci sono stati in un certo senso affidati perché noi si riesca a preservarli per le generazioni future. Semplicemente non lo stiamo facendo e il conto rischia di essere salatissimo per tutti, non solo per le api selvatiche dell'Inghilterra.
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