È un mito del folklore sardo tra i più conosciuti, inquietante e al tempo stesso affascinante. Stiamo parlando della leggenda della femmina accabadora, ovvero la “portatrice della dolce morte”.

Cosa vuol dire accabadora? Il significato 

Accabadora o s'agabbadóra è, letteralmente “colei che finisce”. Il termine deriva dal sardo s'acabbu ("la fine") o dallo spagnolo acabar ("terminare").

Chi era s’accabadora in Sardegna?

S’accabadora era una donna che nei secoli passati si incaricava di praticare l’eutanasia ai malati senza più possibilità di essere curati, su richiesta dei familiari o della vittima stessa. 

Cosa faceva l’accabadora sarda? La storia

L’accabadora non sarebbe una figura storicamente accertata, ma racconti e leggende sulla donna “specializzata” nel dare la “dolce morte” sono numerosi. Inoltre, sono sempre esistite, nei grandi centri dell’Isola così come nei piccoli paesi, donne che portavano conforto alle famiglie nelle case dove c'era un moribondo, restando accanto al malato e ai suoi cari sino alla fine dell’agonia. La figura dell’accabadora deriverebbe proprio da queste pietose donne, solite mettersi a disposizione delle famiglie alle prese con un lutto imminente. 

Come ammazzava la femmina accabadora?

Secondo i miti e leggende della Sardegna l’accabadora, quando era chiamata al capezzale del moribondo per prestare la sua “opera”, entrava nella stanza del morente vestita di nero, il volto coperto, e uccideva il malato soffocandolo con un cuscino oppure strangolandolo. Secondo altre versioni, al moribondo veniva inflitto un colpo, secco e fatale, con un martello o bastone di legno d’ulivo (su matzolu) alla fronte o alla nuca. 

Libri e film che parlano dell'accabadora sarda:

  • “Eutanasia ante litteram in Sardegna” di Alessandro Bucarelli, Carlo Lubrano
  • “Il folklore sardo” di Francesco Alziator
  • “Accabadora” di Michela Murgia
  • “L'accabadora”, film diretto da Enrico Pau

(Unioneonline/l.f.)

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