Tenacia, impegno, preparazione, passione, costanza e abnegazione. "Ero scarsa, ho puntato tutto su queste doti". Daniela Ducato il suo formidabile talento lo ha messo in evidenza da grande, quando è diventata una delle imprenditrici più premiate a libello internazionale nel settore della bio-edilizia e dell'utilizzo dei materiali naturali nelle costruzioni, lavorando in un'azienda di Guspini ormai famosa in tutto il mondo. Ma non tutti sanno che è stata anche campionessa di tennis. A livello nazionale, singolarista e doppista nella famosa squadra del tennis Club Cagliari che vince nel 1976 il titolo nazionale a squadre under 16. E regionale, quando sempre nello stesso anno vince i campionati sardi assoluti a Sassari. "Pochi conoscono questo mio aspetto della vita - sorride Daniela Ducato - eppure io devo tantissimo al tennis, per me lo sport è stata una fondamentale palestra di vita, mi ha insegnato tutto, mi ha dato moltissimo a livello personale".

Daniela Ducato, classe 1960, figlia di un maresciallo dell'Aeronautica e di una casalinga, abitava proprio a cento metri dal club di Monte Urpinu. "Ma a quei tempi - confida - non era facile essere ammessi in quel circolo un po' snob, quasi ad esclusivo appannaggio dei rampolli di una certa elite cagliaritana. Per iscrivermi fu necessario l'appoggio di un amico di famiglia, Piero Asquer. Non finirò mai di ringraziarlo perché mi ha regalato una gioventù bellissima legata allo sport, al tennis".

I primi periodi non furono facili. "I ragazzi più grandi prendevano in giro me e soprattutto mia sorella Paola, ipovedente. Oggi si chiama bullismo, all'epoca occorreva cavarsela da soli. Mi aiutò il carattere, ma anche il sostegno di alcuni maestri di tennis. Su tutti Angelo Murtas, che difendeva Paola (e di riflesso anche me) da tutti. Ma anche Lillo Palmieri e Remigio Pisanu furono importanti nella mia crescita".

Gambe lunghe, alta, capelli biondi sulle spalle: Daniela Ducato - con quell'aspetto per certi versi da figlia dei fiori - non passava inosservata tra i vialetti di Monte Urpinu. "Eppure nessuno voleva giocare con me, ero scarsa. Così il mio compagno di gioco era il muro: ore e ore a giocare da sola. Mi prese in simpatia l'insegnante di atletica del Tennis club Cagliari, Valeria. Mi disse: i bambini sono come le piante, ci sono quelle precoci e quelle tardive. Tu sei un albero, crescerai lentamente ma diventerai più alto di tutti. E mi suggerì una serie di esercizi per migliorare coordinazione e residenza: ricordo gli slalom tra i pini di Monte Urpinu, esercizi che ripetevo tante volte da sola. Mi iscrissi a un torneo quasi per sbaglio: lo vinsi tra la sorpresa generale, divenni titolare della squadra under 16 dove c'erano il vicecampione europeo Fabrizio Murgia, l'altro talento Angelo Binaghi, Enrico Salone e Italo Stagno".

Daniela Ducato ricorda con affetto compagni di squadra, maestri, avversari. "Non avevo talento, la mia forza era mentale e fisica, la determinazione, la tattica. Puntavo sulla capacità di concentrazione, sulle doti fisiche, sull'allenamento. Il mio modello era un po' Chris Evert, una combattente elegante come volevo essere io e forse nel mio piccolo sono riuscita a essere". Nel 1976 l'anno di grazia. Curiosamente fu una stagione indimenticabile anche per tutti li appassionati: i successi a Roma e Parigi di Adriano Panatta e la vittoria della nazionale in Coppa Davis fecero diventare il tennis sport di massa, in ogni paese spuntarono campi, da disciplina d'elite divenne uno sport democratico praticamente alla portata di tutti. E Daniela Ducato, la crisalide diventata farfalla, usci dal bozzolo e vinse partite importanti. Nella finale under 16 nazionale a squadra contro Udine vinse il suo singolare e il doppio misto firmando il 4-1 finale del Tc Cagliari campione d'Italia. A Sassari contro la Rolot si fregiò del titolo sardo assoluto: "Alla Torres ricordo che cominciai il torneo senza le sensazioni positive. Mi pesava forse l'ambiente ostile, il tifo, pacato, a favore della mia avversaria. Non ero in forma dal punto di vista psicologico, mi sentivo poco sicura. Poi man mano che la partita è entrata nel vivo, mi sono resa conto che la mia avversaria subiva il gioco di rimessa, il fatto che rallentassi lo scambio, che puntassi tutto sulla regolarità e la tenuta fisica e mentale. Il primo set fu lottatissimo, vinsi al tie break, la mia avversaria si demoralizzò e il secondo fu più facile".

A diciassette anni la prima svolta della sita di Daniela Ducato: la morte improvvisa del padre. "Mia madre ebbe un crollo, per consentire a mia sorella ipovedente di proseguire gli studi nella Penisola chiesi aiuto al Tennis club Cagliari: divenni istruttrice e cominciai a dare lezioni di tennis. Mi passavano gli allievi Lillo Palmieri e Angelo Murtas, io ero disponibile a lavorare a qualsiasi ora, anche alle due del pomeriggio di agosto. Con la scuola tennis mi presi belle soddisfazioni, ero portata per l'insegnamento. Ricordo soprattutto il bel rapporto con alcune giovani che non diventate bravissime ma con le quali è nato un grande feeling. Soprattutto con Michela Giangrasso, la bellissima ragazza che qualche anno dopo partecipò a Miss Italia. Mi piaceva il suo modo leggero di sorridere, di sdrammatizzare in un ambiente molto competitivo come quello del tennis agonistici".

L'altra svolta quando conobbe il suo attuale marito, all'epoca studente a Cagliari. "Mi nascose il fatto che fosse di Guspini, senza sapere che io il nome di qual paese lo avevo nel cuore per un motivo legato al tennis: proprio a ridosso del muro in cui mi allenavo, a Monte Urpinu c'era un impianto che sminuzzava i mattoni rosi per produrre la terra battuta. Quei mattoni arrivavano in grossi sacchi con la scritta Fornaci Scanu Guspini. Lo confidai dopo a mio marito: c'era Guspini nel mio destino". D'altronde non poteva che praticare uno sport come il tennis: il sole, la terra, il vento, il sudore, la fatica, le palle ad tennis con il velcro in lana di pecora, tutto riporta alla natura>. Elementi che Daniela Ducato oggi utilizza per i biomateriali: .

Il suo cruccio è quello di non aver potuto insegnare tennis " a titolo gratuito" ai ragazzini del Medio Campidano: "Mi sposai a 26 anni, mi proposi nel circolo sportivo di Guspini come insegnante di tennis. Mi dissero che non potevo farlo perché ero una donna. A quei tempi tra Guspini e Cagliari c'erano molta più distanza rispetto ai 50 minuti di macchina che le separavano. Così smisi con il tennis".

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