La salita. Un inferno che conduce in paradiso se la affronti a pedali. Un esame, un rito di passaggio per chi vuole sentirsi ciclista per davvero, il terreno ideale per misurarsi con se stessi, la dimensione che avvicina chi va in bici ai campioni e ai momenti in cui questi esaltano le folle. Ce ne sono di belle, di lunghe, di ripide, di celebri, di leggendarie. Ma c'è una salita che in questo periodo è frequentatissima, anche se - di fatto - non esiste. È l'immaginaria salita che conduce dal livello del mare al tetto del mondo. Scalarla si chiama Everesting.

Di che cosa parliamo - Everesting è un neologismo inglese che con buona approssimazione si può tradurre con "fare l'Everest". L'operazione consiste nel pedalare in salita per una serie di tratti (evidentemente alternati a discese) sino a sommare il dislivello di 8848 metri, cioè l'altezza della montagna più alta della terra. Come è evidente, le variabili di sviluppo del percorso sono infinite. La lunghezza è inversamente proporzionale alla pendenza della salita e il numero di salite dipende dai metri di dislivello positivo che ciascuna riesce a coprire. Per fare un esempio, una salita che compie un salto di 885 metri dovrà essere percorsa dieci volte. E, se questa salita ha una pendenza media - per esempio del 10 per cento, significa che è lunga 8848 metri, perciò la distanza lineare da percorrere sarà di 88,480 km di salita, più quelli in discesa (che magari sono gli stessi, se si sale e scende dalla stessa strada). In funzione della velocità si calcola poi il tempo, ma di sicuro non è un'impresa che possa essere compiuta in poche ore. Ultimo dato utile al calcolo sarebbe la Vam (Velocità ascensionale media) che indica il dislivello per ora. Ma è un discorso troppo tecnico e freddo per poter esaurire l'argomento. Perché i veri ingredienti sono bel altri e ben più nobili. È una sfida di forza fisica e mentale, di determinazione, di motivazione, di preparazione e di resistenza. Alla fatica, alla noia, al sonno. Un'impresa estrema - questo è sicuro - che lascia un segno dentro.

Le regole e la registrazione - Le regole sono semplici e la prima è: no sleep. Non ci si può fermare per dormire. Le uniche soste ammesse sono quelle per mangiare, per cambiarsi, per riparare un eventuale guasto. Chi affronta l'Everesting si deve mettere in contatto con il profilo Strava (la piattaforma che raccoglie i dati dei gps di ciclisti di tutto il mondo) di Hells 500. Corrisponde al "creatore e custode" di questa sfida, l'australiano Andy Van Bergen. Lui raccoglie il file della prestazione (o meglio, i file, perché è difficile completarla prima che la batteria di un orologio con gps si scarichi) e se sono conformi alle regole li inserisce nella Hall of Fame dell'Everesting, nelle due versioni Run (4424 metri, a piedi) o Ride (8848 metri). Non è vietato farsi seguire da altri ciclisti che magari si alternano. Ciò che serve è trovare una salita o un percorso, misurare il dislivello e stabilire il numero di ripetizioni e partire. In Italia quest'anno sono stati circa quattrocento i tentativi, tra quelli fatti su strada e quelli in casa, sui rulli di ultima generazione che simulano paesaggi e dislivelli. Anche professionisti come Giulio Ciccone della Trek-Segafredo lo hanno fatto, magari con uno scopo benefico.

Massenti - Dato che in ogni parte del mondo c'è una salita utile a fare un Everesting - e di sicuro in ogni angolo della Terra c'è qualcuno abbastanza pazzo per cimentarvisi - la Sardegna non poteva mancare. L'everester più accanito viene da Sanluri, ha 39 anni, da dieci vive a Guasila (dove si è sposato), è un sottufficiale al 3° Reggimento Bersaglieri nei ranghi della Brigata Sassari, a Teulada, e le lunghe uscite in bicicletta ce le ha nel sangue. Anche senza l'Everesting, Paolo Massenti sarebbe comunque un randonneur, come ha dimostrato correndo la Parigi-Brest-Parigi. Partì per la Francia con una bandiera sarda con la firma di tutti coloro che lo avevano aiutato a realizzare quel sogno e lungo la strada vi aggiunse quelle di chi aveva condiviso con lui la fatica e le emozioni di quell'avventura di 1200 chilometri. "È per ringraziare loro che ho deciso di fare il mio più recente Everesting a Sanluri". Una vera follia che gli è valsa il record italiano del numero di salite: ben 406 sulla via che porta al convento dei Cappuccini, 300 metri con un dislivello di 22.

Il suo primo Everesting risale invece al 6 luglio dello scorso anno, sulla salita di Gesturi dedicata a Michele Scarponi. "È un modo diverso di fare ciclismo, una sfida contro le tue capacità. Va a scavarti dentro per trovare sensazioni profonde e ti fa conoscere. Io ho capito molto di me stesso grazie a questo. È veramente dura come prova", spiega Massenti, sempre alla ricerca di nuove imprese: "Qualcuno lo fa assieme ad altri, io facendolo da solo ho trovato una dimensione nella quale c'è tempo per pensare molto. E lì hai la possibilità di trovare nuove cose. Non dico che facendolo pensi a quello successivo ma ogni Everesting è diverso dall'altro. Anche se lo fai nella stessa salita sai già che avrai emozione diversa". Nel suo palmares ce ne sono già cinque fatte su strada, alle quali si aggiungono tre sui rulli. Una di queste da 13.511 metri di dislivello fatta in 18 ore fatta nel salotto di casa, sempre con la stessa bici con cui fa tutto.

Minetto - Se ogni Everesting è diverso per un ciclista, è probabile che tra ciclisti di versi cambino anche le motivazioni e le finalità di una simile faticaccia. A spingere Mattia Minetto, per esempio, è stata la voglia di fare qualcosa per i bambini meno fortunati dell'Ogliastra. Sardo (mamma cagliaritana)-piemontese, 44 anni, diplomato Isef e osteopata, Minetto è un ex ciclista agonista che dal 2008 vive nel paese della moglie, Tortolì. Il suo riuscito tentativo dello scorso 3 agosto ha già portato quasi cinquemila euro (ma si può ancora contribuire visitando la pagina Facebook "Everesting 8848 3 agosto Baunei").

Terminata la raccolta lì affiderà alle società sportive di Tortolì perché siano utilizzati per avviare alla pratica sportiva i ragazzi disagiati (sociali o fisici). Da tempo collabora con l'associazione "Il sogno spettacoloso" di Villaputzu, che ha in progetto di trovare un resort in cui accogliere in vacanza i bimbi con gravi problemi neurologici, che hanno costante bisogno dell'assistenza dei genitori, proprio per alleviare il compito di questi ultimi. Per questo si è sobbarcato, sulla salita da Lotzorai a Baunei, un Everesting concluso in 21 ore e 38 minuti, 19 ore e 36 dei quali in movimento. Per farlo, oltre quello fisico e alimentare, ha curato l'allenamento mentale: "Il pensiero di Marco Pantani, che come idea-guida è associato al coraggio, mi ha ispirato e mi ha dato forza", racconta.

"Nella pedalata ho imparato che bisogna sempre guardare il lato positivo delle cose. La bici ti insegna ad andare oltre i tuoi limiti mentali e fisici, ad andare oltre quello che la gente pensa che sia possibile". Il suo tentativo è nato durante il lockdown: "Io ho visto Giulio Ciccone farlo e mi è venuto in mente di utilizzare questo per l'iniziativa benefica che avevo in mente. Credo fosse necessario creare un po' di positività dopo un periodo così particolare". La sia fatica non ha lasciato indifferenti altri cicloamatori: "Tanti sono venuti da tutta la Sardegna a farmi compagnia durante la pedalata, almeno nelle ore diurne: mi sentivo un po' come Forrest Gump ma quel supporto è stato fondamentale. E mi ha fatto piacere ricevere anche un messaggio di sostegno di Fabio Aru".
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