È un viaggio affascinante, un’esplorazione alla ricerca della vite e del vino dalle sue origini. La sacralità della viticoltura dei nostri giorni è tutta racchiusa nella storia delle antiche pratiche. Un’attività, quella vitivinicola, che più di altre trasforma una dimensione di natura in una condizione di cultura. Ecco perché Assoenologi Sardegna, Epulae Accademia Enogastronomica internazionale, in collaborazione con Agris e l’associazione La Sardegna verso l'Unesco, hanno organizzato un evento straordinario: “Alla scoperta delle radici del vino sardo: viticoltura e vinificazione nell'età nuragica. Dalla vite selvatica ai palmenti: 4500 anni di storia della vite in Sardegna”, a Capoterra il 30 giugno, presso la sede di Epulae a Poggio dei Pini. Si tratta di un irripetibile viaggio nel tempo sotto la guida di esperti e studiosi alla scoperta delle origini millenarie della viticoltura e dell'enologia nell'Isola.

L’INCONTRO «Seguendo il percorso del vino dalle sue origini nuragiche sino ai nostri giorni, abbiamo la possibilità di entrare nella vita quotidiana della antica civiltà sarda, alla scoperta di usi, tradizioni e sapori che ancora promettono mille sorprese di conoscenza – fa sapere Pier Paolo Vargiu, presidente dell’associazione Sardegna verso l’Unesco. «Ma soprattutto, acquisiamo la consapevolezza che l’unicità che viene dalle nostre radici è in grado di generare una nuova e straordinaria narrazione che può diventare la carta di identità che rende immediatamente riconoscibile la Sardegna nell’immaginario collettivo universale, diventando un potentissimo valore aggiunto per lo sviluppo sostenibile della nostra Isola». L’archeologa Cinzia Loi mette in evidenza il grande valore storico dei palmenti ritrovati in diversi siti dell’Isola, «testimoni di una tradizione millenaria legata alle antiche pratiche viticole ed enologiche giunte sino ai nostri giorni. I palmenti rupestri – spiega – costituiscono una parte fondamentale della filiera produttiva del vino e un documento di estremo interesse da un punto di vista storico e archeologico». Considerati reperti meno nobili di altri, questi manufatti spesso hanno goduto fino ad oggi nell’isola di scarso interesse presso gli studiosi. «Inoltre gli esemplari giunti fino a noi, il più delle volte lacunosi e scollegati dal contesto di provenienza, pongono notevoli difficoltà di interpretazione tipologica e di datazione. Per tentare di fare chiarezza su questo argomento, è nata l’idea di allestire un progetto di ricerca volto principalmente alla definizione di un repertorio tipologico funzionale». Ad arricchire i temi del convegno c’è il grande lavoro svolto dal team di ricerca del Centro conservazione biodiversità (Ccb) e della Banca del germoplasma della Sardegna (Bg-SAR) dell’Università di Cagliari che lavora da oltre 15 anni allo studio di Vitis vinifera, «portando avanti un’attività pionieristica nel campo dell’archeobotanica e della conservazione della biodiversità viticola. Le ricerche si sono svolte in sinergia con gli archeologi dell’Università di Sassari e Cagliari, con il CNR-ISPA di Sassari e con le Soprintendenze Archeologiche della Sardegna, dando vita a un’azione multidisciplinare che ha permesso di ricostruire le origini e l’evoluzione della viticoltura in Sardegna», fanno sapere gli organizzatori. «Attraverso studi approfonditi su semi ritrovati in siti chiave come la Grotta di Monte Meana (Santadi), Sa Osa (Cabras), la Laguna di Santa Giusta (Oristano) e nei contesti medievali urbani di Sassari, i ricercatori hanno documentato un’evoluzione continua, dal consumo di uva selvatica fino all’affermarsi di varietà domestiche complesse già dal Tardo Bronzo (XIII–XI sec. a.C.)».

L’EVENTO La prima sessione dei lavori sarà dedicata a "Cultura, Civiltà e Territorio", e vedrà Pier Paolo Vargiu illustrare il legame tra “Civiltà e UNESCO: Cultura e sviluppo economico”, evidenziando il potenziale del patrimonio culturale sardo come motore di sviluppo sostenibile. Nel corso della sessione II, “L'Evoluzione della Viticoltura Antica”, Gianni Lovicu interverrà con la relazione “Dalla vite selvatica a pratiche enologiche e viticole in età arcaica”, tracciando lo sviluppo delle tecniche di coltivazione e vinificazione. Quindi seguirà la sessione III, “Le testimonianze archeobotaniche”, con l’intervento degli studiosi Gianluigi Bacchetta, Marco Sarigu e Mariano Ucchesu che presenteranno le loro scoperte nell’intervento “I vinaccioli raccontano: 4500 anni di storia della vite e dell’uva in Sardegna e non solo”: un'analisi delle evidenze archeobotaniche e comparazioni internazionali. Al termine dei lavori è prevista una degustazione di vini da vitigni di epoca nuragica, curata da Agris, Assoenologi ed Epulae, «un'occasione unica per assaporare la storia e per approfondire le origini della viticoltura in Sardegna tra archeologia, scienze e degustazione», ha concluso Mariano Murru, presidente regionale di Assoenologi Sardegna.

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