Non ha neanche vent’anni, per tutti è l’erede di Riva. E si fa notare proprio accanto al campionissimo di Leggiuno, che in quei giorni sta chiudendo ufficialmente la carriera dopo l’ennesimo infortunio. Centravanti moderno, ha già un robusto patrimonio di gol, in tanti mettono gli occhi su di lui: «Io alla Juventus non vado». È l’estate del 1977: Pietro Paolo Virdis, la promessa originaria di Sindia, scuote il mondo del calcio. Sembra un film già visto: da Cagliari arriva un nuovo no proprio dopo quello di Rombo di tuono di qualche anno prima. Un muro d’orgoglio sardo davanti al club più ricco e potente d’Italia, costruito sull’asse Agnelli, Boniperti, Trapattoni, fresco di campionato vinto con record di punti e ciliegina europea del trionfo in Coppa Uefa. Il rifiuto di Virdis arriva però in un tempo diverso, c’è una differenza abissale rispetto al Cagliari della stagione dello scudetto: i rossoblù sono in B, hanno appena perso gli spareggi per tornare nel massimo campionato. Quel no sembra un’eresia, dall’altra parte del mare c’è uno squadrone, peraltro con l’ossatura che porterà alle grandi vittorie della Nazionale (sino alla conquista dei Mondiali del 1982): «Voglio aiutare la mia squadra a tornare in Serie A», racconta con la spontaneità da ragazzo tutto d’un pezzo che fino a un paio d’anni prima (con la parentesi di una stagione alla Nuorese) giocava un calcio quasi amatoriale con i Vigili urbani di Cagliari, sullo sterrato accanto all’Amsicora (dove ora ci sono i campi da calcio a sette “Verderame”).  

Il no alla Juventus

È un terremoto, anche perché i bianconeri sono giù usciti allo scoperto, con tanto di titoloni sui giornali: Virdis è il futuro per la nuova avventura in Coppa dei Campioni, giocherà accanto ai totem bianconeri del calibro di Zoff, Bettega, Tardelli, Causio, avrà come chioccia in attacco l’ex rossoblù Boninsegna e poi può contare sull’altro sardo del gruppo, l’algherese Cuccureddu. Tuttosport parla di derby vinto dai bianconeri con grande delusione del Torino, a quei tempi una corazzata della Serie A: «Mi spiace ma io non parto», conferma ai cronisti che lo inseguono durante le vacanze di luglio, rigorosamente nella casa di campagna di famiglia, in Gallura. L’ombra della nostalgia, l’attaccamento alla Sardegna, il suo orgoglio da giovane uomo che ha appena perso il padre e vuole stare accanto alla madre e alle tre sorelle. E poi c’è un legame forte con i tifosi rossoblù, che vedono in Pietro Paolo l’attaccante del riscatto, quello che può riportare il Cagliari sul palcoscenico più importante. Anche il ribaltone finisce su tutti i giornali, la Gazzetta dello Sport titola in prima pagina “Il gran rifiuto di Virdis” con tanto di allusioni sul giovane attaccante sardo che “rischia di non giocare più”. D’altronde quelli sono tempi in cui i calciatori dipendono totalmente dalle società, dalle loro mosse: nessuna voce in capitolo, non hanno i margini di libertà che arriveranno molti anni dopo con la sentenza Bosman (nel 1995), rendendo i professionisti del calcio padroni del proprio futuro.

Un caso nazionale

Ma in quel momento a Virdis di tutto quello che può succedere attorno non interessa: «Io voglio il Cagliari. Punto». L’Unione Sarda in quei giorni bollenti di inizio estate ha sempre il caso in prima pagina: «È l’uomo più importante del mercato, vale due miliardi di lire». E nel giorno del rifiuto trai i titoli c’è un amaro: «Se non trova un accordo, rischia di finire la carriera». Dal mondo Juventus si viene a sapere che Gianni Agnelli è su tutte le furie per quel no, anche perché Virdis è un suo pallino già da tempo. Così il presidente della società bianconera Giampiero Boniperti s’imbarca su un aereo per avere un incontro col ventenne di Sindia, in quei giorni  a Calangianus. Appuntamento il 18 luglio a pranzo a Santa Teresa: due ore di colloquio, ma il patron bianconero non riesce a strappare il sì del ragazzo. Nuovo titolo dell’Unione Sarda: «Boniperti non è riuscito a far cambiare idea a Virdis». E l’attaccante rossoblù conferma: «Voglio continuare la mia carriera soltanto nel Cagliari». La telenovela dura un’altra settimana, Virdis finisce ogni giorno sotto l’assedio di cronisti e tifosi (rossoblù e juventini). Sino al colpo di scena di fine luglio: il giocatore si ritrova stretto in una morsa e, dopo un nuovo incontro con Boniperti fa cadere il suo rifiuto. Il numero nove sardo diventa un giocatore della Juventus ma resta quasi un senso di amarezza che non gli consentirà mai di esplodere davvero col club torinese, dove in tre anni segna appena otto gol, senza mai riuscire a entrare nel cuore dei tifosi bianconeri.

Un amore che non sboccia

Conquista però uno scudetto e una Coppa Italia prima di una nuova parentesi a Cagliari – nel 1980-81 – dove ritrova il suo antico vigore e accompagna i rossoblù di Tiddia (nel frattempo tornati in Serie A) fino a un prestigiosissimo sesto posto finale. La Juve decide così di ripuntare su Virdis, che si toglie subito lo sfizio di un altro scudetto. Ma resta un clima tiepido attorno all’ormai venticinquenne centravanti sardo. Da qui il trasferimento all’Udinese, dove però ha la possibilità di giocare accanto a un mostro sacro come Zico. Ma la vera svolta per Virdis arriva con la chiamata dal Milan che prova a risorgere dalle ceneri di due retrocessioni. La squadra rossonera cresce in fretta, nel frattempo comincia l’era Berlusconi.

Le soddisfazioni nel Milan

L’attaccante sardo è un punto di riferimento, nel 1987 (sotto la guida di Liedholm, con lui lavora anche Capello) vince la classifica dei cannonieri. Arriva Arrigo Sacchi, il profeta del calcio totale che costruisce uno squadrone stellare con i vari Van Basten, Gullit, Baresi, Donadoni, l’astro nascente Maldini. E in quel gruppo c’è anche Pietro Paolo da Sindia, che troverà la sua massima espressione nella leggendaria sfida scudetto di Napoli il primo maggio del 1988: con una partita strepitosa i rossoneri battono i campioni in carica (trascinati da Maradona) e Virdis è uno dei protagonisti in assoluto, con la doppietta che consegna lo scudetto al MIlan. Undici anni dopo il gran rifiuto l’ex punta del Cagliari è una stella che brilla tra i campioni della squadra di Sacchi. E un anno dopo arriva anche sul tetto d’Europa con la conquista della Coppa dei Campioni. Un’ultima parentesi a Lecce, dove non fa mancare i suoi gol, e poi le scarpette finiscono nel cassetto. Virdis, l’uomo capace di spaventare la Juventus, si allontana in fretta dal mondo del calcio. Torna a Milano e comincia la sua seconda vita, assecondando la passione da sommelier e quella per la cucina. Apre un ristorante con la moglie, al “Gusto di Virdis” pochi coperti e un clima quasi familiare. Tanti ricordi, il calcio sempre nei pensieri. Ma le ragioni del grande rifiuto e di quel “sì” concesso a denti stretti manterranno sempre un profumo misterioso che sembra quasi perdersi tra i vini della cantina nel locale milanese dell’ex ragazzo che voleva giocare solo nel Cagliari.

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