Guerra in Iran, mercati calmi: c’è lo zampino dell’intelligenza artificiale
Gli algoritmi valutano i dati, non i titoli dei notiziari o gli annunci dei politici: il loro utilizzo nelle attività di trading è una delle ragioni per cui i listini non stanno reagendo alle tensioni in Medio OrientePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Nessuno shock energetico, le Borse addirittura sembrano in ottima salute. La crisi mediorientale scatenata dal doppio attacco di Israele e Stati Uniti all’Iran produce impatti stranamente morbidi, rispetto alla tradizionale reattività dei mercati. Di solito, tensioni così elevate in un’area cruciale per la produzione di petrolio provocano conseguenze rapide e pesanti sui listini. Invece, a differenza di quanto accaduto con l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, le quotazioni del petrolio e delle materie prime sono rimaste sorprendentemente stabili, con variazioni modeste e nessun segnale di panico generalizzato.
Ragioni geopolitiche e altre cause
In queste settimane, vari analisti hanno spiegato perché questa volta è andata in un altro modo: facendo riferimento, anzitutto, alla realtà ben differente dell’Ucraina e dell’Iran (la prima una grande fornitrice di grano e varie materie prime, oltre che snodo fondamentale del flusso del gas; il secondo un produttore di petrolio costretto però dalle sanzioni a destinare la gran parte del suo greggio alla Cina). Un’altra diversità riguarda la caratteristica del conflitto tra Tel Aviv e Teheran, che nonostante tutto è apparso fin dall’inizio meno suscettibile di allargamento incontrollato, e questo aspetto potrebbe restare immutato persino dopo l’inserimento degli Usa.
Altri esperti però hanno sottolineato che la spiegazione della minore instabilità economica determinata da quest’ultimo fronte di guerra non è solo geopolitica, ma anche tecnologica: oggi i mercati reagiscono meno alla paura e più ai dati, e questo si deve all’intelligenza artificiale.
Una differenza chiave rispetto al 2022, infatti, è rappresentata da come oggi vengono prese le decisioni sui mercati delle materie prime. Un numero sempre crescente di transazioni viene gestito da sistemi automatizzati, basati su algoritmi di trading ad alta frequenza e intelligenze artificiali capaci di analizzare in tempo reale flussi di dati, segnali di rischio e probabilità statistiche.
Questi sistemi, com’è facilmente intuibile, non si agitano per la lettura dei titoli dei giornali e dei siti di informazioni, o per le dichiarazioni dei politici. Il loro lavoro è ben diverso e si basa su grandi quantità di dati: analizzano le variazioni nei flussi fisici delle materie prime; accedono al monitoraggio di satelliti, porti, pipeline e rotte marittime; possono valutare i prezzi dei derivati e i livelli di stoccaggio; e per quanto riguarda le previsioni dei possibili sviluppi di una situazione di tensione locale, stimano le probabilità di un’escalation reale sulla base della loro conoscenza delle serie storiche.
Il risultato di tutto ciò è che, se la guerra non cambia i numeri, i mercati non cambiano direzione. Abbiamo tutti conosciuto dei tempi in cui bastava una tensione verbale tra due potenze regionali di quella zona per far impennare il prezzo del greggio. Oggi, invece, le intelligenze artificiali valutano se ogni nuova minaccia ha dei precedenti, se è credibile, se è supportata da spostamenti concreti di navi, truppe e così via.
Produzione petrolifera immutata
Nel caso israelo-iraniano, gli algoritmi hanno potuto riscontrare l’assenza di danni alle infrastrutture petrolifere, e il fatto che le rotte marittime restano operative; né si registrano variazioni significative nella produzione dei Paesi Opec. Tutto questo è stato letto come una situazione di rischio contenuto, e ha perciò neutralizzato le spinte speculative che un tempo avrebbero dominato la scena. Il punto, in fondo, è che l’uso dell’intelligenza artificiale nel trading ha l’importante effetto di ridurre l’impatto delle emozioni umane nei momenti di crisi. I trader umani tendono a reagire con prontezza, ma spesso in maniera eccessiva, alle notizie geopolitiche. Mentre i sistemi automatizzati reagiscono solo quando i dati cambiano.
Questo spiega perché oggi le curve dei prezzi si modificano più lentamente, ma magari in un modo più solido: non scattano su un annuncio, ma su un’interruzione effettiva dei flussi. Non su un missile, semmai su una nave ferma. Alcuni commentatori hanno detto che gli algoritmi funzionano oggi come un filtro tra la realtà politica e la realtà finanziaria. La guerra in Ucraina ha passato quel filtro perché ha avuto impatti tangibili immediati sull’energia. Il conflitto tra Israele e Iran, per ora, no. E finché i dati restano stabili, anche i prezzi restano stabili.