Mai più con la Lega. "Matteo Salvini è inaffidabile, ha pugnalato alle spalle il Movimento e gli italiani". I segnali di apertura del leader leghista - spaventato da un possibile accordo Pd-M5S che allontanerebbe il voto - sono tardivi. La riunione dei big pentastellati, ospiti di Beppe Grillo, ha certificato: i margini per ricucire non ci sono, la rottura è cosa fatta.

Non ci sarà dunque, almeno questa è la sensazione, un governo gialloverde bis, con Giorgetti all'Economia e altri ministri più graditi alla Lega per sostituire i pentastellati "del no".

Così oggi, alle 15, Giuseppe Conte terrà al Senato un discorso molto duro nei confronti del leader del Carroccio. Poi salirà al Colle e rimetterà il suo incarico nelle mani del Presidente Sergio Mattarella.

Aprendo, anche formalmente, la crisi di governo avviata da Salvini lo scorso 8 agosto. A meno di clamorosi colpi di scena.

Se quello che accadrà oggi appare - a prescindere da mozioni, documenti e risoluzioni che presenteranno i vari partiti - scontato, sul dopo si annidano problemi, incertezze e contraddizioni.

Mattarella darà il via alle consultazioni, e sono tre gli scenari possibili.

Il comizio a Massa di Matteo Salvini (Ansa)
Il comizio a Massa di Matteo Salvini (Ansa)
Il comizio a Massa di Matteo Salvini (Ansa)

VOTO A OTTOBRE - Elezioni subito: 20 o 27 ottobre o, al più tardi, tra le prime due domeniche di novembre. L'ipotesi che meno piace al Capo dello Stato: il nuovo esecutivo avrebbe tempi strettissimi per approvare la manovra e trovare 23 miliardi per scongiurare l'aumento dell'Iva. Non solo Mattarella. Il partito del non voto cresce di giorno in giorno. Da un lato il Pd che non vuole cedere il Paese a Salvini, con Renzi che vuole salvare le sue pattuglie di fedelissimi in Parlamento in vista della probabile fondazione di un nuovo partito. Dall'altro il Movimento 5 Stelle, che dimezzerebbe i suoi parlamentari, con Di Maio che perderebbe inevitabilmente la leadership. E anche Forza Italia non ha alcun interesse ad andare al voto: forte del 14% ottenuto un anno fa, rischierebbe di veder diminuire i suoi parlamentari e di farsi fagocitare dalla Lega. Gli unici che vogliono andare a elezioni sono Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che stando ai sondaggi potrebbero dare vita a un governo sovranista senza neanche aver bisogno della "stampella" Silvio Berlusconi.

Ma la Costituzione italiana è chiara, e assegna al Capo dello Stato il compito di verificare se in Parlamento ci siano convergenze che possano evitare il ritorno alle urne ad appena un anno dalle ultime elezioni politiche.

Di Maio abbraccia Grillo, accanto a loro Di Battista e Davide Casaleggio (Ansa)
Di Maio abbraccia Grillo, accanto a loro Di Battista e Davide Casaleggio (Ansa)
Di Maio abbraccia Grillo, accanto a loro Di Battista e Davide Casaleggio (Ansa)

GOVERNO M5S-PD - Per tagliare i parlamentari e fare la manovra portando il Paese al voto, come lo vuole Renzi. O un patto di legislatura, con un contratto alla tedesca, per un esecutivo che duri quattro anni, come preferirebbero Zingaretti e buona parte degli stessi pentastellati. La strada è irta e piena di ostacoli, eppure i due partiti hanno iniziato a percorrerla.

Le trattative sono avviate, e sono intervenuti persino i padri nobili. Da una parte Beppe Grillo, che ha chiuso a Salvini e aperto alla trattativa coi dem. Dall'altra Romano Prodi: "Serve un governo di coalizione di lunga durata", ha detto il prof, parlando poi di "coalizione Ursula" e riferendosi ai tre partiti - Pd, Forza Italia e M5S - che hanno votato Ursula Von Der Leyen alla guida della Commissione Ue.

Al netto degli insulti reciproci che si lanciano da anni le due formazioni politiche, sono tanti i nodi da sciogliere. A partire dai veti incrociati. Il Pd vuole chiudere con Di Maio, che tuttavia resta il capo politico M5S, ed è difficile immaginare una riorganizzazione dei pentastellati in tempi così brevi. Ragion per cui l'attuale vicepremier resterà vice, o comunque avrà un suo dicastero (proprio il Viminale, dicono i bene informati). Il Movimento dal canto suo vuole trattare solo con il segretario Zingaretti senza passare da Matteo Renzi, che controlla buona parte dei parlamentari dem. E che dunque ha il potere di far nascere, così come di far cadere, quello che è già stato ribattezzato come l'esecutivo giallorosso.

Matteo Renzi e Nicola Zingaretti (Ansa)
Matteo Renzi e Nicola Zingaretti (Ansa)
Matteo Renzi e Nicola Zingaretti (Ansa)

Poi i nomi. Possibile un Conte bis con un dem - magari Franceschini, in subordine Delrio - vice. Ma per Palazzo Chigi si parla anche di Roberto Fico, leader dell'opposizione interna a Di Maio, che si è contraddistinto in questi mesi per i suoi attacchi felpati e continui a Matteo Salvini, e di Raffaele Cantone, ex presidente dell'Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac). Dal premier scenderanno a cascata i nomi dei ministri, con il Movimento che non ne vuole di riconducibili direttamente a Renzi. Anche Romano Prodi, secondo indiscrezioni, avrebbe dato la sua disponibilità a un incarico a Palazzo Chigi. Ma il prof, di qui forse il suo appoggio alla nascita di un esecutivo giallorosso, sarebbe anche il favorito numero uno al Quirinale, se la coalizione reggesse fino al 2022, anno in cui le Camere saranno chiamate ad eleggere il successore di Mattarella.

Infine il programma. E anche qui non sono pochi i nodi da sciogliere. Il Pd può far parte di un governo che non abroga i decreti sicurezza di Salvini? Il Movimento può dissociarsi da ciò che ha votato pochi giorni fa in Parlamento? E ancora: Quota 100, che il Pd vorrebbe abolire, la riforma della giustizia (i due partiti la vedono molto diversamente sul tema), ancora la Tav. Punti di contatto si possono ravvisare sul salario minimo, sull'accantonamento della flat tax. E anche più in generale sulla manovra, vista la svolta europeista che ha preso il Movimento 5 Stelle di governo.

Difficile la partecipazione di Forza Italia e la "coalizione Ursula" invocata da Prodi. Di Maio ha aspettato mesi prima di dare vita al governo gialloverde proprio perché Salvini si scrollasse di dosso Berlusconi. E lo stesso Cav non avrebbe alcun interesse ad appoggiare un governo M5S-Pd.

Una cosa è certa: quando Mattarella avvierà le consultazioni, i due partiti si dovranno presentare al Colle con uno schema ben chiaro in testa. Ce l'avranno?

Renzi Grillo, il confronto in streaming
Renzi Grillo, il confronto in streaming
Renzi Grillo, il confronto in streaming

GOVERNO ISTITUZIONALE - È quello ipotizzato da Renzi - "esecutivo no tax" - ma anche da Grillo quando ha parlato di "salvare l'Italia dai barbari". Un governo che avrebbe come obiettivo quello di approvare la manovra, scongiurando l'aumento dell'Iva, e portare il Paese al voto in maniera ordinata, nella primavera 2020, senza Matteo Salvini al Viminale.

Nella rosa di nomi del Presidente Mattarella figurano due ex presidenti della Corte Costituzionale (Valerio Onida e Giovanni Maria Flick), la vicepresidente della stessa Corte Marta Cartabia, mister spending review Carlo Cottarelli (buono per tutte le stagioni, già l'anno scorso si presentò al Colle col trolley ma poi rinunciò dopo l'accordo raggiunto tra Lega e Movimento 5 Stelle) e, più improbabile, Mario Draghi. Papabili anche un Conte bis o un governo guidato dall'attuale titolare del Mef Giovanni Tria.

E qui il problema è: chi lo voterebbe un governo del genere? Che dovrebbe durare pochi mesi e varare una manovra non proprio espansiva, vista la spada di Damocle dell'aumento dell'Iva e le incertezze dei mercati? O tutti o nessuno, difficile che Pd e M5S concedano a Salvini un'altra carta da giocarsi nella prossima campagna elettorale.

Matteo Salvini e Giuseppe Conte (Ansa)
Matteo Salvini e Giuseppe Conte (Ansa)
Matteo Salvini e Giuseppe Conte (Ansa)

LA MOSSA AZZARDATA DI SALVINI E LA RISALITA DI CONTE - Tanti ipotetici governi, un'unica certezza. Non ci sarà Matteo Salvini, a meno di un clamoroso - e improbabile - dietrofront dei pentastellati e dello stesso Giuseppe Conte, che in questi giorni è stato protagonista di uno scambio di lettere al vetriolo con il ministro dell'Interno.

Salvini voleva capitalizzare al massimo il consenso e prendersi l'Italia, a cui ha chiesto "pieni poteri", ora rischia di restare fuori dai giochi. Anche per anni, se l'esperimento giallorosso dovesse funzionare. Per questo è tornato parzialmente sui suoi passi. Non ha fatto dimettere i ministri del Carroccio, ha lasciato intendere di essere aperto a trattative per un rimpasto e anche alla prosecuzione dell'esecutivo guidato da Giuseppe Conte, "se trasformiamo in sì i tanti no".

Uscito dalla porta, ha provato a rientrare dalla finesta, ma quelli gliel'hanno chiusa. E il discorso di Conte a Palazzo Madama certificherà la rottura gialloverde, anche in maniera drammatica. Sarà un j'accuse durissimo al ministro dell'Interno, dicono i bene informati.

Il professore foggiano, da "burattino" nelle mani di Di Maio e Salvini, da "vicepresidente dei suoi due vicepresidenti" (memorabile definizione di Vittorio Sgarbi), col tempo si è cucito addosso un ruolo importante. Quello di interlocutore privilegiato nelle trattative con la Ue, di possibile futuro candidato premier M5S (mettendosi in saccoccia, in un sol colpo, Di Maio e Di Battista), diventando credibile anche agli occhi dei dem che lo hanno attaccato per un anno. La sensazione è che la sua carriera politica non finirà presto.

Tra i dem si è ringalluzzito improvvisamente Matteo Renzi, mentre Zingaretti mantiene un low profile. Non si sbilancia, non è neanche lui a gestire in prima persona le trattative con i pentastellati.

La Lega, dal canto suo, assiste sgomenta alla parabola dell'uomo che era sul punto di prendersi l'Italia e che ora rischia di passare anni all'opposizione. Salvini urla, strepita e si dimena. Grida al "patto della poltrona" tra Pd e Movimento 5 Stelle. E prepara un "colpo di scena" per domani al Senato, dicono i leghisti. Ma in tutto questo dimenarsi, siamo sicuri che il leader del Carroccio voglia davvero andare al voto a ottobre? E se avesse scatenato la crisi proprio per lasciare ad altri il cerino di una manovra difficile (e senza flat tax, perché non ci sono i soldi)?

L'ipotesi non è da escludere. E forse l'obiettivo di Salvini è proprio quello. Andare al voto nel 2020, accusando Bruxelles, Pd e 5 Stelle di una manovra poco espansiva e senza flat tax. Contando magari su un nuovo intensificarsi degli sbarchi. Per una campagna elettorale che si preannuncia infuocata.

Un disegno con un'incognita grande quanto una casa. Quattro anni in politica sono un'era, soprattutto oggi che il consenso degli elettori è molto labile (lo sa bene Matteo Renzi). Se il matrimonio Pd-M5S dovesse durare fino al 2023, non è detto che Salvini godrebbe ancora del consenso su cui può contare oggi. E in quattro anni gli italiani potrebbero accorgersi che ci sono emergenze ben più importanti di quella dell'immigrazione.

Tante ipotesi, una sola certezza: la confusione.

Davide Lombardi

(Unioneonline)

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