La popolarità di Donald Trump continua a colare a picco. Al punto che qualcuno azzarda l'ipotesi di un suo ritiro dalla corsa elettorale per la riconquista della Casa Bianca, per evitare una pesante e storica debacle.

Nessuno lo dichiara apertamente, tranne qualche eccezione. Ma tra gli addetti ai lavori, negli States, è noto che in molti ormai lo pensano, anche là dove non ci si aspetterebbe.

I sondaggi, del resto, parlano chiaro: secondo l'ultima rilevazione di Politico e Morning Consult l'appeal del presidente tra gli elettori Usa è crollato al 39% dal 41% di inizio giugno, col 59% degli intervistati che ha affermato di non approvare l'operato del leader di Washington, soprattutto sul fronte della gestione della pandemia.

Negli Stati Uniti il Covid ha contagiato oltre 2,6 milioni di persone e mietuto 41mila vittime e il presidente viene accusato da più parti di non essere in grado di gestire l'emergenza, tra ripetute accuse alla Cina, annunci di riaperture totali in barba agli allarmi lanciati dagli esperti e anche dichiarazioni estemporanee su vaccini "imminenti" e pericolosi rimedi alternativi (si vedano le frasi sul disinfettante endovena).

Inoltre, non piace - nemmeno nell'ambiente repubblicano - la linea dura nei confronti delle diffuse proteste innescate dalla morte di George Floyd, il 46enne afroamericano ucciso a Minneapolis durante un fermo di polizia. Proteste che Trump ha, oltre che condannato tout court, più volte minimizzato se non addirittura irriso.

Oltre ai sondaggi in caduta libera, però, ci sono anche altre avvisaglie che fanno preoccupare lo staff presidenziale. Come il recente comizio organizzato a Tulsa per aprire il rally elettorale, che avrebbe dovuto accogliere un milione di persone e che invece è stato quasi disertato dai militanti repubblicani.

Già, il partito repubblicano: non bastassero gli attacchi ripetuti e costanti da parte dei big democratici (lo sfidante per la Casa Bianca Joe Biden, ma anche l'ex presidente Barack Obama), molti personaggi di spicco del Grand Old Party hanno già dichiarato pubblicamente che non sosterranno la rielezione dell'attuale inquilino della White House.

Quando basta, insomma, per rendere più che concreta l'ipotesi, rilanciata dai beninformati (ad esempio Foxnews o il giornalista Charles Gasparino, ben introdotto negli ambienti conservatori) di un forfait anticipato, per lasciare campo libero al suo attuale vice Mike Pence o a un sostituto last minute, in tempo per la convention d'investitura del Gop prevista ad agosto e, soprattutto, prima della tempesta elettorale che potrebbe travolgere il magnate newyorchese al voto d'autunno.

(Unioneonline/l.f.)
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