Per la morte di Manuel Careddu, il diciottenne di Macomer ucciso un anno fa in riva al lago Omodeo, si prepara la seconda battaglia giudiziaria. I tre maggiorenni del branco hanno presentato ricorso alla Corte d’Assise d’Appello nella speranza di ammorbidire le condanne del luglio scorso.

Sentenze che pesano come macigni per Christian Fodde, Riccardo Carta e Matteo Satta, ventunenni di Ghilarza accusati di omicidio volontario premeditato e pluriaggravato da futili motivi, occultamento e soppressione di cadavere (quest’ultimo reato non è contestato a Satta).

Gli avvocati difensori Aurelio Schintu, Angelo Merlini e Antonello Spada hanno presentato oggi il ricorso e adesso dovrà essere fissata l’udienza.

Fodde è colui che secondo il Tribunale di Oristano avrebbe architettato il delitto e che poi ha ucciso Manuel colpendolo prima con una piccozza e poi con una pala. Un delitto che gli è costato l’ergastolo. La difesa ha sempre insistito sul fatto che le capacità di Fodde fossero alterate dall’uso di sostanze stupefacenti. Inoltre si è insistito anche sul movente dell’omicidio: non sarebbe stato il debito da 500 euro da saldare ma il forte legame con la fidanzata, la minorenne coinvolta nel delitto.

Impugnata anche la condanna a trent’anni per Riccardo Carta, che viene coinvolto nella vicenda perché conosce bene la zona e ha terreni nelle campagne di Soddì. Il difensore Angelo Merlini insiste sul fatto che non ci fosse alcun accordo tra Carta e Fodde sull’omicidio.

L’altra sentenza impugnata è la condanna a 16 anni per Matteo Satta che la sera dell’omicidio era rimasto in paese per custodire i telefonini degli amici in un luogo lontano da quello del delitto. Al ragazzo viene contestato il concorso morale e materiale nell’omicidio: Satta partecipa alla riunione, dietro la camera mortuaria dell’ospedale di Ghilarza, in cui Fodde parla dell’intenzione di uccidere Manuel. Ma, come sostiene nell’articolato ricorso il difensore Antonello Spada, “Satta sente parlare di quell’intenzione, ma non ci crede. E poi se ne sta in disparte, chiacchiera con la ragazzina e gioca con il telefonino”.

La difesa insiste anche sul fatto che il progetto criminoso è un “work in progress”, cambia continuamente e viene definito senza che Satta ne conosca i dettagli. L’avvocato Spada punta sul ruolo marginale avuto da Satta, non gli si può contestare l’occultamento in concorso né la premeditazione perché non sapeva né le modalità né il luogo in cui si sarebbe compiuto l’omicidio.
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