Il coronavirus mette in ginocchio anche il comparto della pesca professionale sarda e i mercati ittici all'ingrosso. Praticamente ferma in porto l'attività artigianale. Le uscite in mare - spiegano le organizzazioni di categoria - si limitano alla cattura del pesce necessario per il proprio fabbisogno o per vendite poco più che sporadiche. Poche le barche dello strascico in piena attività rispetto al totale delle iscritte ai compartimenti marittimi isolani. «Chi opera rischia di lavorare in perdita per via delle spese ingenti, a cominciare dal caro-carburante, ma anche per un mercato che non garantisce una domanda sufficiente di prodotto», ricordano Renato Murgia dell'Associazione armatori Sardegna, Roberto Savarino di Fedagripesca-Confcooperative, Giovanni Loi di Agci-Agrital e Mauro Steri di Legacoop. «Tale situazione giunge dopo un inverno decisamente poco fruttuoso per le condizioni meteomarine avverse e all'inizio di quella che dovrebbe essere la stagione migliore per la pesca e in cui le imprese cercano di recuperare il fatturato che non si è prodotto durante la stagione invernale».

A descrivere lo stato di crisi dovuto al coronavirus la situazione dei mercati, in testa l'ingrosso di viale La Playa. Secondo i dati del Comune, 17 concessionari su venti hanno aperto le postazioni, ma - come hanno rimarcato le associazioni in una lettera documento inviata al governatore Christian Solinas e agli assessorati all'Agricoltura e al Lavoro, «appena cinque grossisti hanno effettuato la vendita dei prodotti».

Non è andata meglio al mercato di San Benedetto. «Solo sette dei sessanta box sono rimasti aperti e altri sette su ventisette hanno lavorato in via Quirra», ha detto Gianbattista Marotto, dirigente responsabile dell'Ufficio Suape e del commercio. «Personalmente - ha precisato Maurizio Piombini, titolare di un box al mercato di via Cocco Ortu - sto garantendo ai miei clienti la consegna a domicilio. Diversi colleghi hanno scelto di chiudere».

Le organizzazioni della pesca hanno stilato un documento congiunto per chiedere interventi rapidi alla Regione.

«Oltre agli interventi che interessano tutte le categorie economiche, è un risultato molto importante essere riusciti a inserire il settore nella misura di cui all'articolo 22 sulla cassa integrazione in deroga. La situazione che sta vivendo la pesca sarda, è di emergenza straordinaria e plaudiamo alla volontà mostrata anche dal governo regionale e agli strumenti che sta mettendo in campo. Il mercato dei prodotti ittici è letteralmente crollato. La riduzione del fatturato, solo all'ingrosso, si attesta intorno al 70 per cento».

Per la crisi è stato chiesto alla Regione «che la integrazione in deroga venga messa in funzione nel più breve tempo possibile e che possa essere attivata nella maniera più semplice possibile, prevedendo che le 9 settimane previste dal decreto in questione possano essere considerato come un "plafond" da utilizzare con l'elasticità necessaria a dare la possibilità di effettuare anche le giornate di pesca utili a soddisfare le esigenze pur minime del mercato. Chiediamo, inoltre, che la quantificazione delle risorse per giornata e per persona possa essere di almeno 45 euro e non di 30 come normalmente conteggiata per il fermo pesca obbligatorio».

Per le associazioni «sarebbe auspicabile, inoltre, studiare ulteriori forme di aiuto alle imprese in regime de minimis, con innalzamento dello stesso almeno ad un valore doppio rispetto a quello attuale di 30.000 euro nei tre anni».
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