I tatuaggi vanno di moda negli ultimi anni. Li ostentano i vip, calciatori e show girl in primis, ma oramai furoreggiano tra i giovani. Da una recente indagine è emerso, infatti, che nel nostro Paese - come nel resto d'Europa - una persona su dieci ha il corpo tatuato. Cifre ancora lontane dall'uno su quattro del Canada e della Nuova Zelanda – dove l'antica cultura maori basava molte delle sue tradizioni sulla scrittura del corpo – però numeri che segnalano come qualcosa sia da tempo in evoluzione nella nostra società.

Insomma, non siamo più di fronte a una moda passeggera o figlia della volontà di imitare chi fa tendenza. Piuttosto, è mutato radicalmente il modo di intendere il tatuaggio nella nostra cultura.

Disegni e scritte sul corpo non sono più esclusiva della malavita come voleva dare a intendere nell'Ottocento l'antropologo Cesare Lombroso nel suo saggio "L'uomo delinquente (1876)" in cui campeggiano immagini criminali con in bella mostra i loro corpi tatuati. E scrivere il corpo non è più segnale di rozzezza un po' macho o di retaggi a culture selvagge lontane dalla nostra civiltà. Ma allora qual è oggi il senso e il valore, soprattutto per chi si tatua, di avere un'iscrizione indelebile in lettere e figure sul corpo? Cosa comunica per il moderno uomo occidentale il tatuaggio?

Un'immagine dal volume del 1876 "L'uomo delinquente"
Un'immagine dal volume del 1876 "L'uomo delinquente"
Un'immagine dal volume del 1876 "L'uomo delinquente"

A queste domande – per niente banali si scoprirà leggendo il libro - risponde il volume "Iconologie del tatuaggio" (Meltemi, 2018, pp. 322) curato da Gianfranco Marrone e Tiziana Migliore.

Un saggio che parte da una semplice constatazione: il tatuaggio è una forma di espressione che accompagna l’uomo da tempi antichissimi. Presenta, per esempio, segni di figure sul corpo l'uomo del Similaun, ritrovato sui ghiacciai dell'Alto Adige nel 1991 e vissuto più di 5000 anni fa, e sono state trovate mummie egizie con segni di tatuaggi. Questo ci aiuta a capire come si sia di fronte a tradizioni antiche, sedimentate, spesso riprese senza alcuna attenzione per i significati originari nel momento in cui noi neofiti decidiamo di tatuarci il corpo.

Così, ci sono molte ragazzine occidentali che si fanno tatuare il lobo dell'orecchio alla maniera delle antiche donne indiane senza sapere però che nel contesto d’origine quel segno indicava una totale sottomissione al marito. Nulla di sexy o sensuale, quindi, almeno per le malcapitate che lo portavano a vita. Meglio saperlo prima di farsi tatuare a vita, no?

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Ed è proprio questo il punto di forza del libro: proporre una chiave, anzi tante chiavi per interpretare un linguaggio visivo – il termine "iconologia" presente nel titolo richiamo non a caso l’interpretazione approfondita di un'opera d'arte - e anche testuale che ci può spiazzare, che è multiforme nel tratto, nelle dimensioni, nei colori e nei soggetti. Possiamo allora trovarci a tu per tu con tatuaggi quasi anonimi, quasi impalpabili fino a scritture realizzare con la tecnica della scarificazione (dall'inglese scar, cicatrice) in cui le forme sono realizzate da cicatrici vere e proprie, in modo da risultare ancora più perpetue dell'inchiostro.

Una cosa però sembra accomunare un po' tutto l'universo del tatuaggio occidentale contemporaneo: la voglia di ostentare, di mostrare qualcosa di sé all'esterno. Insomma le scritture del corpo sono espressioni della cultura dell'immagine che ci circonda e per questo non possiamo liquidarli come qualcosa di estemporaneo o di casuale. Anche perché magari la prossima volta sarà nostra figlia o nostro figlio ad annunciarci di volersi tatuare…
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