"Ciao Lino, scendi? Sì, un attimo: mi metto la gamba e arrivo".

Lino Cianciotto è così. Da quando, nel pomeriggio del 3 febbraio del 2013, durante un trekking, un blocco di calcare di 800 chili "grande come un frigorifero" gli cadde sulla gamba destra determinandone l'amputazione dal ginocchio in giù, non si è perso d'animo nemmeno un secondo. Fu lui, immediatamente dopo l'incidente e tra sofferenze atroci, a gestire i soccorsi, fu lui a dire ai medici del centro traumatologico di Iglesias, dove venne trasportato, a suggerire che la situazione era grave e richiedeva il trasporto al Brotzu. E fu lui a chiedere ai medici del Brotzu che tentavano in ogni modo di salvargli l'arto che glielo amputassero.

Lino Cianciotto durante una gara in Valle D'Aosta
Lino Cianciotto durante una gara in Valle D'Aosta
Lino Cianciotto durante una gara in Valle D'Aosta

Perché questo quasi cinquantanovenne di Fluminimaggiore, runner, trekker, climber, nuotatore, ciclista, subacqueo, guida turistica, fotografo naturalista, è fatto così: un secondo dopo l'incidente stava pensando al dopo. Era lui, del resto, a consolare i suoi parenti e i suoi amici quando andavano a trovarlo in ospedale: loro piangevano, lui li rassicurava. Non era un atteggiamento imposto ma una forma mentis. Non a caso nella seconda di copertina del suo libro autobiografico "Un uomo in gamba, storia di un diversamente disabile" appena pubblicato da Enrico Spanu edizioni, c'è una frase di Alex Zanardi: "Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa". Esattamente ciò che ha fatto Cianciotto da allora in poi. Il giorno dopo l'amputazione già lavorava per rafforzare la sua muscolatura, appena è stato dimesso si è attivato per farsi abilitare alla guida con un'auto speciale e per farsi adattare una macchina col cambio automatico e l'acceleratore a sinistra. Appena gliel'hanno consegnata è andato al mare, da solo, ha raggiunto l'acqua con le stampelle, si è tuffato ed ha nuotato, libero e felice.

La copertina del libro
La copertina del libro
La copertina del libro

Per riguadagnarsi la sua libertà ha bruciato le tappe per la riabilitazione: ha viaggiato da solo per raggiungere il centro protesi di Vigorso di Budrio, nel bolognese, dove dovevano costruirgli le protesi (quelle provvisorie e quella definitiva), ha sorpreso gli specialisti costruendosi una forma fisica grazie alla quale ha potuto accelerare il recupero, ha iniziato precocemente a testare terreni accidentati perché voleva tornare prima possibile alle escursioni. A fine settembre, otto mesi dopo, e prima ancora di avere la protesi definitiva, aveva già guidato il Club alpino di Arenzano in un'escursione di otto giorni nella Sardegna occidentale.

Lino Cianciotto in Kayak
Lino Cianciotto in Kayak
Lino Cianciotto in Kayak

Da lì in poi, giorno dopo giorno, mese dopo mese, ha ricominciato a porsi ogni giorno nuovi obiettivi: percorrere tracciati difficili, aprire sentieri inesplorati, arrampicarsi come una capra su rocce a picco sul mare, nuotare, navigare in solitaria, scrivere guide turistiche. Ha percorso in Kayak la Rotta dei tonni lungo costa occidentale dell'Isola, da Alghero a Carloforte, ha partecipato al Tor in Gamba, una gara per amputati che prevede un percorso di 342 chilometri e 24mila metri complessivi di dislivello che attraversa tutte le alte vie della Val D'Aosta, è tornato ad accompagnare turisti nelle sue escursioni da sogno, nel Selvaggio Blu ogliastrino nelle splendide coste dell'iglesiente. Cento avventure, nuove sfide.

Cianciotto è un manuale di resilienza, uno spot sul coraggio, un corso accelerato di forza mentale. "Non mi faccio mai condizionare da pensieri negativi, se ho un problema penso subito alla soluzione", ripete.

Non si è mai sentito nemmeno disabile, semmai "diversamente disabile", non ha mai parlato dei dolori che ha sopportato, delle sofferenze.

La sua autobiografia, che tutti dovrebbero leggere per quanto incoraggia, è ricca di ispirazioni. Un passaggio, tra tanti, racconta quest'uomo e il suo pensiero laico e positivo.

"La sera dell'incidente ho pensato che in fondo mi stava andando bene se, per una serie di concomitanze favorevoli, sono arrivato vivo in ospedale…In quel momento capii ancora di più come la vita sia una roulette russa: un mix di probabilità che non lascia vie d'uscita. Pensavo che in fondo sono fortunato a vivere in questa parte del mondo. Attorno a me ho un sistema sanitario che sta facendo la sua parte per salvarmi, mi fornisce le cure e l'assistenza. E' per questo che un poco mi sento in debito verso questo mondo e gli sono riconoscente… In fondo ho solo una gamba in meno".
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