La ricerca di un miracolo, di un modo per sconfiggere la disperazione in una fase della vita diventata improvvisamente troppo dura da gestire, si è trasformata in una nuova “miracolosa” vita per centinaia di bambini.

È una storia meravigliosa quella che si scopre entrando nel mondo di Kenya School Desk: è una storia fatta di fede, amore per il prossimo, voglia di fare la propria parte in un mondo in cui sono troppe le diseguaglianze da abbattere.

Kenya School Desk è un’associazione benefica che in pochissimi anni di attività è riuscita ad avviare un’imponente campagna di scolarizzazione nei villaggi più sperduti del Kenya. Un’associazione fatta di poche ma incredibilmente motivate volontarie, una delle quali, Maura Mallus, vive in Sardegna, a Sarroch, ed è un concentrato di pura energia, quella capace di smuovere le coscienze e portare prima Pula, Sarroch e Villa San Pietro e poi tanti altri centri dell’Isola e della Penisola a prendere parte alla sua missione in aiuto degli ultimi: «E dire che tutto è cominciato, per quanto mi riguarda, quasi per caso – racconta – qualche anno fa mai avrei potuto credere che avrei fatto parte di questo immenso progetto che mi ha mostrato quanto grande possa essere il cuore delle persone e quanto poco possa bastare, unendosi, per raggiungere obiettivi giganteschi».

Maura ha scoperto la storia di Kenya School Desk nel 2019, visitando la pagina Facebook di Cinzia Pietropoli, colei che ora presiede l’associazione: «Nel 2017 Cinzia si trovava in Kenya quando è stata raggiunta dalla terribile notizia di un brutto male che aveva colpito sua madre, lo stesso male contro il quale anche lei stava combattendo – racconta Maura – anche una sua nipote aveva avuto dei gravi problemi e lei era devastata dal dolore e dal senso di impotenza. Decise di chiedere aiuto al capovillaggio, uomo di grande esperienza e fede». A lui chiese: «Come si fa a superare tutto questo? Come si ottiene un miracolo»? La risposta inizialmente le sembrò quasi bizzarra: «Le disse di pensare ai bambini del villaggio che studiavano sotto gli alberi senza avere nemmeno un banco – continua – le chiese di prendere il legno e costruire i banchi per quei bimbi». La donna lo prese in parola: si procurò del legno e costruì, con l’aiuto degli abitanti del villaggio, 31 banchi sui quali scrisse il nome della nipote. Era nata la scuola "Bandora Miracle” e il sorriso felice di quei bambini che imparavano a leggere e scrivere sui quei banchi è stato più forte di ogni farmaco. La disperazione aveva lasciato spazio alla speranza.

Bambini a\u00A0scuola\u00A0in Kenya (foto concessa)
Bambini a\u00A0scuola\u00A0in Kenya (foto concessa)
Bambini a scuola in Kenya (foto concessa)

«È stato allora che ha deciso, in totale autonomia e senza appoggiarsi ad alcuna associazione o ente benefico già esistente, di ideare il progetto Kenya School Desk per completare la scuola e farne nascere altre due e di raccontare questa sua esperienza su Facebook. In quel periodo – racconta ancora Maura – che l’ho incrociata virtualmente. Dava la possibilità, con una piccola quota, di far entrare nuove persone nel suo progetto. Io sono sempre stata diffidente davanti alle proposte di adozioni a distanza, ho sempre avuto la paura di dare i soldi a chi poi non mi garantisce che vadano realmente ai bambini. Ma questa volta mi sembrava diverso. E non mi sbagliavo. Dopo aver versato la quota di sei mesi, Cinzia mi ha contattato dicendomi che stava per partire in Kenya: se avessi voluto avrei potuto farle avere uno zainetto per la bimba alla quale era destinata la mia quota. Ho accettato e nel giro di poco tempo ho ricevuto il video con la “mia” bimba che mi ringraziava felice». Quegli occhi felici hanno avuto per Maura l’effetto di un colpo di fulmine: «Qualche tempo dopo ho partecipato a un raduno a Abbasanta in cui il progetto Kenya School Desk è stato presentato con maggiori dettagli: alla fine dell’incontro ho preso la decisione insieme all’amica che mi aveva accompagnato al raduno: saremmo partite in Kenya per vedere con i nostri occhi l’evolversi del progetto». Maura non voleva partire a mani vuote, voleva portare con sé il grande cuore della sua terra: «Allora ho inviato un invito a tante persone e attività commerciali di Sarroch, Pula, Capoterra e Villa San Pietro: proponevo di versare una quota per finanziare i banchi che sarebbero stati realizzati sul posto e ogni banco avrebbe avuto inciso il nome del suo “padrino”. La risposta è stata incredibile: in meno di un mese ho raccolto fondi per centoventi banchi».

Maura Mallus, a sinistra (foto concessa)
Maura Mallus, a sinistra (foto concessa)
Maura Mallus, a sinistra (foto concessa)

Il miracolo continuava: «Al mio ritorno, in occasione della Festa dei Giovani a Sarroch, con l’aiuto dell’associazione Giustizia e Libertà, ho preparato un video in cui mostravo il risultato di quelle donazioni, con le immagini dei bambini che ringraziavano le famiglie sarde. Quando è stato proiettato l’entusiasmo è andato alle stelle. Quando ho chiesto in dono materiale didattico che mi sarei offerta di portare al viaggio successivo sono riuscita a riempire le valige di tutti i volontari di penne, matite, e tanti altri oggetti: eravamo in dodici, ognuno aveva 54 chili di materiale da portare ai bimbi. Sono arrivate donazioni da tutta l’Italia».

È stata come un’onda benefica: «Quando in Kenya ci hanno accompagnato nell’isola di Lamu abbiamo trovato così tanta povertà da decidere che il progetto Kenya School Desk non si sarebbe dovuto fermare e solo da Pula, Sarroch e Villa San Pietro sono arrivati fondi per altri 90 banchi. A oggi il progetto continua e solo dalla Sardegna sono stati finanziati oltre 500 banchi. E con i fondi del banco ogni bambino può frequentare, mangiare ogni giorno  e si può aiutare anche la sua famiglia con scorte di farina per i pasti quotidiani. L’associazione ha raccolto così tanti aiuti da tutta Italia da poter realizzare una decina di scuole in mattoni e in tutto, tra i villaggi più sperduti, dove ancora non è stato possibile costruire, sono comunque stati allestiti 37 spazi scuola tra Kaloleni, Kilifi, Malindi, Watamu, Lamu e altri piccoli villaggi. Ora ci sono banchi, lavagne e materiale didattico ma la richiesta è ancora alta. Abbiamo realizzato diverse strutture tra cui anche la mensa e i tank per l’acqua, abbiamo anche il macchinario per produrre i mattoni e ora vorremmo realizzare una strada che renda più facile a tutti spostarsi tra i vari villaggi».

Una foto scattata dalle volontarie (foto concessa)
Una foto scattata dalle volontarie (foto concessa)
Una foto scattata dalle volontarie (foto concessa)

Il Covid ha fermato in parte i viaggi dall’Italia ma non l’inventiva delle volontarie: «Con i tessuti portati dal Kenya abbiamo fatto realizzare migliaia di mascherine. Le abbiamo vendute insieme a borse, vestiti e altri oggetti artigianali nei mercatini solidali (che ancora oggi proseguono) e con il ricavato abbiamo fatto in modo che l’ondata di aiuti non si fermasse. Ogni singolo euro è tracciato, chi dona può scaricare le cifre donate dalla denuncia dei redditi e questo ha permesso a diverse grosse società di aiutarci nei progetti che ogni giorno si fanno più importanti: abbiamo comprato un terreno sui cui abbiamo realizzato cucina e dispensario. La terra si potrà coltivare e abbiamo comprato le caprette che saranno allevate dalle famiglie del posto». Il miracolo continua, per farne parte basta entrare nella pagina Facebook di Kenya School Desk: si troveranno tutte le informazioni e i contatti delle volontarie.

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