Ci sono voluti tre anni di lavoro, disegni, progetti e quintali di argilla. E poi il lavoro meticoloso e certosino di tre grandi ceramisti, una squadra di amici, che ha dato vita ad un'opera senza precedenti. Un pannello lungo 13 metri, che celebra e racconta uno dei momenti più importanti della storia del paese: il Concilio del 1226. In tutto 187 lastre in gres di 40 centimetri ciascuna, che costituiscono la base sulla quale ha preso forma l'intera rappresentazione.

L'opera - L'altorilievo si divide in tre settori, che riprendono i temi delle tre navate della basilica e i suoi elementi architettonici e decorativi. La navata centrale è dominata dalla santa dalla quale la cittadina prende il nome, Santa Giusta. La martire è raffigurata insieme alle sue due ancelle Enedina e Giustina morte di stenti insieme a lei che aveva rifiutato di sposare un pagano. La struttura è "sostenuta" alla base dalla fede dei cinque vescovi dell'antico Concilio, ognuno perfettamente inserito nella sua arcata e separato dagli altri da piccole colonne nere che lo incorniciano e sorreggono le fondamenta della chiesa.

Sopra, ai lati della santa, due leoni dall'aspetto innocuo. Non difendono ruggendo l'ingresso della chiesa, il loro sguardo è pacato, proteggono le loro prede. Sono una rappresentazione di Cristo.

Domina la struttura architettonica del tempio un classico "rombo gradonato", elemento tipico delle chiese romaniche. E poi un tripudio di cornici e capitelli che raccontano la ricchissima varietà di stili e di elementi decorativi presenti nella basilica di Santa Giusta, le cui colonne sono state realizzate con tanti reperti archeologici ritrovati sul territorio. Una specie di riciclo di grande valore, in un momento storico in cui tutto era riutilizzato e riassemblato per dare vita a nuova storia, sulle fondamenta di quella passata. Ai lati del santuario due scene di vita comune: a destra l'elemento maschile, uomini e pescatori che tramandano la loro tradizione ai figli: a sinistra le donne, avvolte dai loro scialli tradizionali e lunghe gonne tengono i neonati tra le braccia.

Gli artisti - Inconfondibile la cifra stilistica di Adriana Baschieri, che ha restituito attualità al racconto duecentesco attraverso una delle sue più classiche rivisitazioni Depperiane delle forme e del movimento. Ma i "tre moschettieri della ceramica" non amano tagliare le loro competenze con l'accetta. Tutto è stato fatto da tutti, eccellenze unite in un solo respiro. "È vero i disegni sono miei, ma sono tante le cose che abbiamo discusso insieme e insieme cambiato in corso d'opera - spiega Adriana Baschieri - un work in progress, i disegni nel tempo sono cambiati, sono stati modificati, eliminati, aggiunti. Siamo una bella squadra, ci completiamo a vicenda".

Ha lavorato insieme a due grandi della foggiatura: Stefano Merli e Paolo Argiolas. Un'eccellenza nell'ingegneria ceramica il primo, un indiscutibile e profondo conoscitore della materia il secondo. In una squadra così affiatata i ruoli non sono mai separati, aggiunge Paolo Argiolas: "Non penserete mica che Adriana abbia usato solo la matita? - sorride - Anche lei ha impastato e modellato con noi, abbiamo fatto tutti tutto. Sono davvero orgoglioso di far parte di questa squadra".

"Ma senza la grande competenza ingegneristica di Stefano Merli questo lavoro non avrebbe visto la luce, sottolinea Adriana Baschieri consapevole delle grandi qualità del giovane collega.

"La Baschieri" si è formata e ha lavorato per anni all'Istituto d'Arte di Oristano come il collega Paolo Argiolas. Da tempo sono entrambi in pensione. Lei insegnava progettazione, Argiolas Foggiatura e formatura. Stefano Merli è il più giovane del gruppo. Nato a Imola, Si è formato tra il "Ballardini" di Faenza e l'Accademia di Belle Arti di Bologna. È un ingegnere della forma e ha lavorato per diverse industrie ceramiche e oggi vive a Riola Sardo e insegna nell'Oristanese, ma la sua fama risuona ancora negli ambienti più alti della ceramica faentina.

"Il lavoro non è stato tanto difficile quanto lungo - spiega Merli - il pannello ha richiesto un impegno meticoloso, andato avanti 3 anni. Abbiamo realizzato 187 lastre con oltre 300 elementi applicati" e spiega meglio i criteri utilizzati nell'esecuzione: "Prima abbiamo fatto le lastre poi gli elementi modellati sono stati applicati alle basi. Tutti pezzi unici, naturalmente vuoti all'interno". E continua: "Il problema più grande è stato creare gli agganci per il montaggio. Ogni elemento sul retro è dotato di incastri che permettano il fissaggio del pannello". L'uso del gres è stato fondamentale, è un materiale molto resistente e poco poroso, evita che le intemperie possano rovinare il lavoro. "Abbiamo usato un'argilla tedesca che greifica a 1100 gradi - continua Merli - il biscotto è stato fatto a 960, per mantenere la porosità necessaria per la smaltatura, poi abbiamo portato tutto a 1100 gradi".

"Ognuna di queste mattonelle è un lavoro a sé stante - aggiunge Paolo Argiolas - una scultura. Alcune lastre sono state cotte in un forno a gas, altre in un forno elettrico. Abbiamo usato il colore dell'arenaria, caratteristico del nostro territorio, esaltato dai profili neri del disegno. Gli smalti sono satinati, abbiamo evitato l'effetto lucido usando ingobbi colorati, al posto degli smalti". Paolo Argiolas si sofferma poi su tutti gli elementi staccati dal pannello, come le colombe "applicate sulla base ma completamente separate dal fondo" e i due bambini. "Il nostro modo di illustrare la tradizione che si tramanda, sia da parte maschile che femminile" aggiunge Adriana Baschieri.

"Le roselline sulla bimba non hanno legami con la tradizione, sono un vezzo che abbiamo voluto aggiungere - spiega Argiolas - e guardate quel neonato che si succhia il dito, non è tenerissimo?".

La cerimonia - Nel corso della cerimonia inaugurale, Adriana Baschieri ha voluto dedicare il lavoro a tutti gli ex studenti dell'Istituto d'Arte: "Agli allievi e i colleghi di una scuola che purtroppo oggi non esiste più: l'Istituto d'Arte che ho conosciuto io, una scuola d'eccellenza al tempo del preside Casagrande" Ma il pannello non è ancora finito: "Saranno aggiunti altri due settori, uno sulla destra e uno sulla sinistra, per dare più stabilità al lavoro" spiega Adriana Baschieri.

Il sindaco - Il più soddisfatto di tutti è il sindaco di Santa Giusta, Antonello Figus, che nel corso dell'inaugurazione non ha mai smesso di farsi fotografare insieme ai suoi tre paladini. Con questo lavoro conferma la sua volontà di proseguire con l'opera di promozione e valorizzazione della storia millenaria del suo paese, che a breve diventerà "città", un ruolo che ha sempre avuto fin dal 1500 quando era anche sede vescovile, e già da allora definita una "civitas".

Da anni Figus porta avanti scelte coraggiose nell'arredo urbano, appoggiandosi a diversi artisti: "Lo faccio perché sono un grande appassionato di arte e della storia della mia città. Ho cercato di arricchire Santa Giusta con opere di grande valore, anche se a volte mi sono quasi costate la carica" scherza, pensando alla grande coda d'anguilla realizzata da Salvatore Garau, un'altra eccellenza locale. "Quell'opera è stata molto contestata in paese, ma io credo in quello che faccio e a breve spunterà fuori anche la testa di quell'anguilla, un lavoro di grande impatto. Arte e Cultura sono sempre stati punti fermi nei miei programmi elettorali, amo la mia città e continuerò a lavorare per renderla sempre più bella".
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