“Siamo tre amici al bar, a parlare di arte”. Gianni Atzeni, Dionigi Losengo e Beppe Vargiu si ritrovano spesso nella loro Cagliari per discutere, confrontarsi e filosofare di vita e arte. Un’unione che, nei mesi scorsi, è stata sigillata anche dalla giovane gallerista nuorese Chiara Manca, che ha ospitato i tre artisti nella sua galleria “Mancaspazio” nel cuore di Santu Predu, nel capoluogo barbaricino, e che ora prende la strada di nuovi spazi di esposizione. Per ora si parla della galleria Bartoli a Cagliari oppure del Mac Lula, ma le due opzioni sono ancora da definire, così come potrebbero esserci spazi anche nella Penisola.

Prima volta

La mostra, dal titolo “Ingranaggio continuo”, mette insieme in un dialogo aperto i tre artisti cagliaritani che, nonostante l’amicizia di vecchia data e la loro assidua frequentazione, non avevano mai esposto insieme. Un modo diverso e curioso di raccontare il loro rapporto ormai ultra decennale e le rispettive evoluzioni in maniera corale. “Esposizione e opere raccontano la ricerca di un equilibrio spaziale, formale e concettuale”, racconta Chiara Manca, nell’illustrare la mostra. Al visitatore che, nei mesi scorsi, ha potuto visitare la mostra, il percorso, sulle pareti della galleria nuorese, dava l’idea di una ricerca di un percorso visivo che, attraverso varie sperimentazioni, portasse a un approfondimento della forma nello spazio attraverso materiali molto diversi tra loro. Questa conclusione, tuttavia, arriva al termine di un percorso visivo che è fatto di libertà interpretative all’interno di ogni singola opera.

Le differenze

La ricerca di Gianni Atzeni, ad esempio, in cinquant’anni di incisioni, mostra la sperimentazione portata all’estremo su materiali diversi dove l’utilizzo di acidi, bulini e altre tecniche producono lastre in cui le esperienze continue si mostrano una sull’altra, in un lungo percorso che ne delinea l’evoluzione artistica. “Ciò che manca nella matrice originale è comunque presente in altra forma”, osserva Chiara Manca. Le sue tante esposizioni e la sua attività di incisore e di grafico, che dagli anni Settanta porta avanti nell’atelier di Castello a Cagliari, trovano sintesi nell’assemblaggio di materiali differenti applicati a lastre metalliche che ne sopportano i segni.

Le forme geometriche di Dionigi Losengo, insegnante d’arte, designer e autore di varie esposizioni nei musei del territorio sardo, attraverso il colore che copre la tela in maniera netta, mostrano invece una ricerca costante sul tema dello spazio. Le opere sono un movimento continuo costruito all’interno di un pannello ovale dove ogni sua forma è un progredire verso una nuova forma occupata dal colore. Un movimento continuo che fa da contraltare alla “staticità della forma” e alla “piattezza della campitura di colore”, è il pensiero di Chiara Manca riferito alle opere di Dionigi Losengo. L’equilibrio che ne esce fuori rappresenta la capacità di chi osserva di trovare una sua interpretazione al microcosmo dell’artista. Lo stesso equilibrio che dà la sua pittura tra le ricerche più indirizzate sui materiali e sulle forme in rilievo che emergono dai quadri degli altri due artisti.

Beppe Vargiu, tra i fondatori del “Gruppo 91” e approdato alla dialettica tra astrazione e figurazione dopo un principio di attività influenzata maggiormente dall’astrattismo lirico, ultimo artista dei tre amici che hanno accettato l’invito di Chiara Manca di esporre insieme, mette insieme arte figurativa con filosofia. In ossequio al principio antico “nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”, tanto caro a filosofi greci come Empedocle, Anassagora e Democrito, Vargiu parte da oggetti di recupero su cui innesta altre aggiunte di materie, segni, oggetti “che creano la forma e da essa il movimento continuo dello sguardo di chi osserva”. Difficile per chi ammira le opere soffermarsi su un solo elemento: la curiosità fa vagare l’occhio da un punto all’altro alla ricerca di qualcosa che va scovato, compreso e non catalogato ma solo messo insieme al resto. Tutto questo nella tensione che porta a pensare che “non c’è niente di inutile, tutto deve semplicemente trovare una sua collocazione”.

Le opere di Beppe Vargiu nella galleria di Chiara Manca
Le opere di Beppe Vargiu nella galleria di Chiara Manca
Le opere di Beppe Vargiu nella galleria di Chiara Manca

Il percorso

Il percorso creato da Chiara Manca, dunque, delinea un insieme dove i tre amici trovano il modo di rendere le loro creazioni artistiche un’opera corale, “seppure non finita”, osserva la gallerista. Tanto più che la mostra non si ferma. Concluso il percorso nuorese, ora viaggia verso altri spazi, con nuove tappe espositive dove troveranno collocazione nuove opere e anche le scelte iniziali potrebbero modificarsi a favore di un messaggio che diventa più forte, evidente e chiaro. La materia diventa forma e spazio, mettendo insieme materiali diversi, concetti differenti e colori molto diversi tra loro. Con un unico obiettivo: sperimentare il linguaggio dell’arte con ciò che sembra più adatto e vicino alle nostre aspirazioni e alla capacità di trasformare qualcosa, che sia una tela, un pezzo di legno riciclato oppure una lastra di ferro. Il nostro segno mette in evidenza un pezzo della filosofia di vita a cui apparteniamo e il microcosmo si unisce al pensiero di chi guarda, osserva e studia l’opera, suscitando emozioni.

© Riproduzione riservata