Tom Ripley ritorna sugli schermi. Stavolta in una miniserie di otto episodi che sarà trasmessa da Netflix a partire da aprile. È solo l’ennesimo adattamento di un romanzo di Patricia Highsmith (1921-1995) con protagonista questo personaggio che la stessa scrittrice definisce «soave, gradevole e assolutamente amorale». A interpretarlo è Andrew Scott, attore irlandese già visto nelle serie “Sherlock” e “Fleabag” che gli sono valse premi importanti come Bafta e Critic Choice e nomination a Emmy e Golden Globe, ma soprattutto in “Estranei”, tratto dal romanzo di Taichi Yamada e che gli ha fatto guadagnare un’altra nomination ai Globes. Il creatore della serie è una garanzia: Steven Zaillian, lo stesso sceneggiatore premio Oscar per Shindler’s List, di Gangs of New York e The Irishman di Scorsese, e di The Night of. 

Il soggetto è “Il talento di Mr Ripley”, primo di cinque opere incentrate sulle avventure di Ripley, personaggio «amorale», appunto, ma per il quale si finisce per fare il tifo. Ed è da qui che comincia tutto. Le firme falsificate, gli omicidi. A partire da quello di Dickie Greenleaf del quale, nei romanzi successivi, Ripley parlerà come di un «giovane e terribile errore». In ogni caso ammetterà che mai è stato «turbato dal senso di colpa», ed è la ragione per cui Highsmith lo descrive come «totalmente privo di coscienza».

La storia è ambientata negli anni ’50 tra gli Stati Uniti e l’Italia. Tom vive a New York dove si arrabatta tra lavori umili e qualche truffa. Un giorno viene avvicinato da un ricchissimo armatore che gli chiede di andare in Italia per convincere il figlio Dickie a tornare a New York e occuparsi dell’industria di famiglia. Tom, che aveva esagerato sul livello della sua amicizia con Dickie proprio per entrare nelle grazie del milionario, accetta. E va a Mongibello, sulla costa campana dove vive Dickie. Da lì comincia un rapporto d’amicizia quasi simbiotico, comunque ossessivo da parte di Tom, tanto che alla fine, in occasione di un viaggio a Sanremo, Dickie sceglierà di chiudere ogni rapporto. Dickie lo farà presente durante una gita in barca dalla quale ritornerà vivo solo Ripley, che da quel momento assumerà l’identità di Dickie.

Questa è la trama del romanzo, liberamente rivista nella sceneggiatura del bellissimo film diretto da Anthony Minghella nel 1999. In questo caso Ripley ha il volto di Matt Damon e Dickie di Jude Law: da una parte l’arrampicatore sociale, dall’altra il milionario appassionato di jazz che ha studiato a Princeton. Minghella tratteggia a suo piacimento il personaggio di Marge Sherwood, l’amica di Greenleaf. Le dà il volto di Gwyneth Paltrow, nonostante nel libro Marge non sia proprio filiforme, né aggraziata come l’attrice americana.

Tom Ripley compare in altri quattro romanzi di Patricia Highsmith: “Il sepolto vivo”, “L’amico americano”, “Il ragazzo di Tom Ripley” e “Ripley sott’acqua”. E oltre a quelli di Damon e Scott ha avuto i volti di Alain Delon, Dennis Hopper, John Malkovich e Barry Pepper. Uno degli adattamenti più famosi è “L’amico americano” diretto da Wim Wenders nel 1977 con Hopper. Il primo a cimentarsi con il personaggio è stato invece Delon nel 1960 nel film “Delitto in pieno sole” (tratto da “Il talento di Mr Ripley”) diretto da Renè Clement. Chi è stato il miglior Ripley? Forse Matt Damon, più che altro per il suo viso che passa inosservato, come inosservato passa Ripley nei romanzi di Highsmith.

Sono una trentina le opere pubblicate dalla scrittrice americana. In gran parte si tratta di thriller psicologici. Alcuni molto famosi: “Gente che bussa alla porta”, “Diario di Edith”, “Il grido della civetta”, “La spiaggia del dubbio”, “Delitti bestiali” e “Catastrofi più o meno naturali”. Ma soprattutto il primo: “Sconosciuti in treno” del 1950 che Alfred Hitchcock decise di usare come soggetto per il suo film “L’altro uomo”. La prima di una lunghissima serie di adattamenti per il cinema.

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